“Forse sono ignorante, ma non mi pare che la destra abbia mai espresso scrittori, musicisti, artisti capaci di mettere la fragilità umana al centro del proprio creare, e di incidere sull’opinione pubblica. Magari è un mio problema, ma mi sembra che sia stata sempre e solo la sinistra a porre attenzione agli ultimi, perché una politica che non si pone il problema della fragilità non può andare da nessuna parte, ma alimenta solo fratture”. Almeno il dubbio: “Forse sono ignorante…”. Quello c’è. A parlare è Diodato, che in un’intervista a Repubblica Firenze risponde alla domanda: “Cosa ne pensa della destra che vuole affermarsi in tutti i modi nella cultura?” Sarebbe stato bello che a questa domanda ne seguisse un’altra: cosa pensa della sinistra che si è affermata in tutti i modi nella cultura? Perché il potere politico nel mondo culturale è tutto lì. E non a destra. Anche perché dire che la destra non ha avuto intellettuali di peso è come dire che le donne non hanno prodotto niente di buono culturalmente. Se storicamente si afferma una forza che schiaccia le altre, difficile convincersi che la colpa sia della vittima, no? Le donne hanno prodotto opere altissime quando hanno potuto. La destra? Pure. Ma questo è un discorso da cronaca locale se confrontato all’altro tema, più grande, più importante, di portata universale. E cioè quello degli artisti di destra o di sinistra. La fake news secondo cui a destra non ci sarebbero artisti, scrittori, musicisti capaci di incidere sull’opinione pubblica o di mettere al centro la fragilità umana, è vecchia quanto l’egemonia culturale della sinistra. Cioè ha almeno cinquant’anni.

Una volta per tutte rispose Giovanni Raboni, non esattamente un pericoloso fascista, con una serie di pamphlet raccolti un paio di anni fa dall’editrice De Piante sotto il titolo (preso proprio da uno di questi pezzi) I grandi scrittori? Tutti di destra. L’obiettivo era quello di smentire la vulgata che voleva la cultura tutta a sinistra. È chiaramente falso, lo è al punto che sostenerlo è davvero palese ignoranza o volontario negazionismo. In entrambi i casi un crimine intollerabile per una persona che si esprime su questi temi. Allora possiamo fornire una breve lista di qualche artista, intellettuale e scrittore che Diodato potrebbe voler recuperare. Si dica tuttavia a Diodato, che fa il bell’artista di sinistra e si convince che a destra vi sia il deserto, che la fragilità umana, tanto per cominciare, non è scrivere canzoni dolenti e cantarle con una chitarra acustica. La fragilità umana è anche la scoperta che l’io è un’illusione, o qualcosa di più complesso, di autodistruttivo, come ricorda uno scrittore di destra, Luigi Pirandello. Si è fragili quando si esce allo scoperto e non sai più tenere insieme la realtà, la fragilità è un fischio nell’orecchio e tutta la violenza dell’esperienza bellica di Louis-Ferdinand Céline, altro scrittore “di destra” (mettiamo le virgolette non perché non lo fosse; ma perché, come sa chiunque non tenti di dissezionare la cultura, non esistono davvero artisti di destra e di sinistra). O l’impermanenza, la vulnerabilità, di Giuseppe Ungaretti.


A sconcertare, però, non è che Diodato non sappia cosa sia la fragilità umana, dopotutto ha vinto Sanremo nel 2020… Ma che non conosca scrittori o artisti di destra che abbiano avuto un impatto sull’opinione pubblica. Certo, se si considera la destra uno strano ircocervo coerente con una certa linea dell’Movimento sociale italiano che si voleva dichiaratamente anti-intellettuale, allora il gioco a Diodato e simili viene facile. Ma le cose sono un po’ più complesse e non bisogna neanche tornare troppo indietro nel tempo. Nel Novecento la cultura di destra è stata incredibilmente forte, una coordinata culturale imprescindibile. In Italia lo sappiamo bene: dal futurismo dei primi vent’anni del Novecento al superomismo dannunziano, fino alla cosiddetta “cultura fascista”, dal pittore e poeta Ardengo Soffici all’intransigentista Curzio Malaparte. E i filosofi, da Giovanni Gentile – ovviamente – a Ugo Spirito. Confluì nel fascismo anche il conservatorismo alto di Ezra Pound, uno dei maggiori poeti del XX secolo, che alla radio italiana difendeva il regime mussoliniano e che una volta definì quando stava accadendo in Italia un processo di “rinascimento o ringiovanimento della nazione”. Pound, a cui solitamente si accompagna, con tutte le differenze del caso, il nome di un altro grande poeta modernista americano, Thomas Stearn Eliot, un “monarchico in politica”. Tra i poeti ce n'è anche uno che non è davvero di destra, ma che oggi potrebbe essere considerato tale dalla fiumana di assatanati woke: Pier Paolo Pasolini. Contro l'aborto e dalla parte dei poliziotti, i veri figli del proletariato, le vere vittime, anticapitalista ma anche contro ogni forma di omologazione, attento a non confondere l'antifascismo storico con l'antifascismo fascista. PPP, che più di tutti dimostra che non avrebbe senso distinguere tra destra e sinistra superato un certo standard culturale, quello che ti fa dire che un'opera conta e vive per se stessa, a prescindere dalle idee dell'autore. Ma se vogliamo giocare sporco, allora il poeta, regista e scrittore morto ammazzato, è quasi più un uomo di destra che non di sinistra.


Un altro monarchico e conservatore, anticomunista e di destra, fu Giovannino Guareschi, l’autore di Don Camillo e Peppone, una delle serie di racconti più popolari nell’Italia del tempo. E poi Giovanni Papini, uno degli intellettuali più letti dell’epoca, prima fascista e poi ultracattolico. La filosofia cattolica, in effetti, è stata l’unica reale alternativa alla corrente marxista italiana, da Romano Guardini ad Augusto Del Noce. Come si vede stiamo girando intorno soprattutto all’Italia, senza voler peccare di nazionalismo, ma per consigliare a Diodato di partire da casa sua. Se volesse allargarsi, comunque, oltre a T.S. Eliot, Céline e Pound, potrebbe tentare di leggere il premio Nobel Knut Hamsun, accusato di collaborazionismo con il nazismo e premio Nobel nel 1920. O Lucien Rebat, l’autore del megalitico I due stendardi, un capolavoro tra Stendhal e Proust, un trattato di teologia erotica.

Tra i viventi (o quasi) potrebbe puntare a Michel Houellebecq, non esattamente uno scrittore che non ha avuto “un impatto sull’opinione pubblica”. E rispetto agli standard attuali dovrebbe provare anche un americano patriottico, quasi neo-con, come James Ellroy. Visto che ama la musica, soprattutto quella che mette al centro la fragilità, darei un’occhiata agli ultimi lavori di Nick Cave, che sul Guardian si definisce un conservatore. Per non peccare di eurocentrismo, tuttavia, potrebbe spostarsi in Australia, dove troverà Les Murray, il poeta nazionale, conservatore, cattolico morto nel 2019. Certo, a un musicista pop come lui non chiederemmo mai di ascoltare Richard Strauss, non vorremmo gli venisse voglia di lasciar perdere con i concerti. Potremmo continuare, ma ci fermiamo qui. I compagni di Diodato non tollerano che si diano troppi compiti per le vacanze.
