Ci son cascato di nuovo. No, Dio me ne scampi, non è una citazione. È proprio un dato di fatto. Ero pulito da oltre un anno, diciamo circa tredici mesi, e ci sono cascato di nuovo. E dire che in questi tredici mesi di cose ne sono successe parecchie, e non solo a me, intendo. Il fatto è che ho letto, come tutti, lo spoiler riguardo gli ospiti della serata dei duetti dei Coma_Cose, dico “ho letto” perché non sono stato io a darla, la notizia, altrimenti avrei detto “ho scritto”, ospiti che poi sarebbero i Baustelle, e non sono potuto che ricascarci di nuovo. Appena ho sentito il nome della band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, nome dal quale mi ero tenuto appositamente alla larga nel momento in cui era uscito il loro nuovo singolo, Contro singolo, anticipatore dell’album Elvis, in uscita a aprile, come me ne ero tenuto alla larga nel momento in cui sono uscite le date e poi i biglietti del loro prossimo tour, tutto sold out in uno zot, appena ho sentito il nome della band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, il non citare il terzo, lo so, è sgradevole, ma ben rende l’idea del mood che da sempre accompagna la band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi, ci sono cascato all’istante, di nuovo.
Non ho neanche provato a fermarmi, che so?, correndo in bagno e scrivendo col rossetto di mia moglie sullo specchio un alert, un grido di allarme “ti prego, fermami”, come si vede fare a certi serial killer nei film sui serial killer o nelle serie sui serial killer, per altro ho appena ripreso a seguire Criminal Minds, nella nuova stagione dal titolo Criminal Minds Evolution, anche se la mancanza di Reed, temo, mi farà desistere dal proseguire oltre, e questa cosa dello scrivere col rossetto sullo specchio un alert, un grido di allarme “ti prego, fermami”, mi fa venire in mente che proprio recentemente ho letto, sì, sono uno che scrive e scrive pure parecchio, ma tendenzialmente sono anche un che legge molto, anzi, che legge molto più di quanto non scriva, e, si sarà notato, che non rilegge quasi mai quello che scrive, troppa fatica, comunque, questa cosa dello scrivere col rossetto sullo specchio un alert, un grido di allarme “ti prego, fermami”, mi fa venire in mente che proprio recentemente ho letto che un attuale boom di vendite di rossetti di qualità elevata, immagino roba di marchi tipo Chanel, per dire, è sintomatico dell’essere in mezzo a un periodo cupo che prelude a una imminente e devastante crisi economica. Attenzione, non è un articoletto da colonnino destro, eh, si tratta di un serissimo studio sociologico che risponde al nome di “Lipstick effect”, effetto rossetto, appunto. Sarebbe un modo per uscire, almeno simbolicamente, proprio dal momento di crisi economica concedendosi piccoli lussi quali un rossetto di qualità, costoso ma ovviamente non costosissimo, dal momento che lussi maggiori non sono avvicinabili, proprio a causa delle ristrettezze che ci si trova a vivere. Un boom, quello dei rossetti, che è stato constatato spesso accompagna appunto o precede veri e propri tracolli, quali la Grande Depressione post ‘29, il crollo delle Torri Gemelli e, appunto, l’oggi.
In realtà la faccenda del lipstick effect col mio esserci cascato di nuovo non c’entra nulla, e il mio averla citata, così, ex abrupto, è un tentativo, credo e temo goffo, di sviare l’attenzione dopo aver ammesso candidamente sin dalla prima frase che ci son cascato di nuovo. E questo fatto di aver appena scritto ex abrupto, così a voler in qualche modo far pesare una mia cultura classica, cultura classica che altrimenti potrebbe rimanere decisamente invisibile nei miei scritti, e l’aver messo quel “ex abrupto” a fianco a quel “ci son cascato di nuovo”, citazione che ho presentato non come una citazione, ma che chiaramente una citazione era, alto e basso che convivono nella stessa frase, come in un revival neanche troppo nascosto di quelle istanze postmoderniste a me tanto care, questo mio star qui a spiegarvi il perché e il percome io scriva ciò che scriva e l’aver tirato in ballo in un contesto di metanarrazione proprio il postmodernismo, poi, vezzo quasi fastidioso, tutto questo è un ennesimo tentativo, forse un po’ meno goffo, il mio vantarmene a vanificarne in parte la potenza, di continuare a sviare l’attenzione, come chi decide di vuotare il sacco, confessare una qualche colpa commessa, magari anche un reato, ma, proprio all’ultimo, dopo aver alzato la mano, attirato l’attenzione, ecco un ulteriore pentimento cui segue un seppur stiloso mandarla in caciara.
Il fatto è che appena ho sentito il nome della band di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi non ho resistito un secondo, e sono andato a riascoltarmi Playa di Baby K nella perfetta versione che la stessa Baby K ha fatto, ospite gradita, con Francesco Bianconi, giustappunto tredici mesi fa. Un brano che è un capolavoro, qualcuno si prenda prima o poi la briga di riconoscere a Baby K un talento naturale nel saper scrivere hit, che poi le vesta di reggaeton invece che di sobria e malinconica tinta deandreiana (o theandreiana, fate voi), poco cambia, sempre canzoni solide come un paio di tette al silicone, di quelle che se una fa il morto al mare rimangono sempre a galla, e chissà perché anche se si parla di tette al silicone, quindi ipoteticamente di una donna o di una transgender MtF, cioè Male to Female, o comunque di qualcuno che in qualche modo si sente ascrivibile alla femminilità, non vorrei pestare adesso una qualche merda genderista, si dice comunque “fare il morto” e non “fare la morta”, forse ultimo strascico fuori tempo massimo del patriarcato, qui si parla di morte, niente di cui rivendicare con arroganza, il mio aver parlato circostanziando di transgender MtF, così, con nonchalance subito dopo aver evocato la scena vanziniana di un paio di tette che galleggiano in quanto ingigantite grazie al silicone, il tutto per indicare qualcosa di solido e al tempo stesso esteticamente godibile, perché per quanto un paio di tette naturali siano evidentemente più gradevoli alla vista di un paio di tette perfette ma siliconate, non nascondiamoci dietro un finto e ipocrita perbenismo, includo voi in questo generico noi tanto per non passare per un depravato sessista, sono pur sempre quello che qui su ha scritto una transgender MtF, azzeccando l’articolo femminile, un paio di gigantesche tette siliconate schifo alla vista comunque non fanno, anche se siete tra quanti non è alle tette che pensano dovendo indicare una propria ossessione erotica, il mio aver parlato circostanziando di transgender MtF, così, con nonchalance subito dopo aver evocato la scena vanziniana di un paio di tette che galleggiano in quanto ingigantite grazie al silicone, il tutto per indicare qualcosa di solido e al tempo stesso esteticamente godibile, l’ennesimo tentativo di alternare alto e basso, qui spostandomi anche sulla linea orizzontale, questa è una citazione di Inneres Auge di Franco Battiato, la svelo non perché non abbia poi tutta questa fiducia in voi che leggete, voi che fino a poco fa eravate con me parte di un noi e che ora, visto che vi ho appena svelato che non è che mi fidi troppo delle vostre conoscenze musicali, certo, dicendo in realtà che non è per questo che vi ho svelato la citazione di Inneres Auge di Franco Battiato, siete passati a essere parte di un voi, un generico voi che leggete, poco conta che siate o meno colti, che siate fan di Battiato o magari proprio dei Baustelle, visto mai, anche di Baby K, e tutto questo mio sviarvi ora, a base di tette al silicone, Battiati e affini, per tornare a dire che credo che Baby K sia una grande autrice di hit, una ottima autrice di hit, capace di sfornare brani che ti si inchiodano alla testa, anche se magari detesti il reggaeton e ti piace ascoltare Bianconi che insulta i discografici nella sua Certi uomini, dove per altro cita i “discografici morti della Warner, della Universal e della Sony”, discografici che proprio recentemente, visti i vari licenziamenti fatti da Universal, e i passaggi da Warner e Sony di diversi nomi di punta, tipo Pico Cibelli e Gianluca Guido, potrebbero anche portare a un cambio di addendi che però non cambia il risultato finale, Bianconi che però ha preso Playa, un reggaeton estivo, e l’ha trasformata, prima da solo poi coinvolgendo anche la stessa Baby K, che dimostra, ce ne fosse bisogno, di essere anche una grande interprete, provateci voi a tenere testa a Bianconi quando fail malinconico, Bianconi che ha appunto preso Playa, un reggaeton estivo, e l’ha trasformata in una malinconica canzone sul senso della vita, quella in fondo era con quel suo “nelle foto vengo mossa” e il senso della vita che si trova nell’innamoramento quasi petrarchesco, penso ai versi iniziali “prendo uno spicchio di luna e lo metto nella sangria/ se mi allontano sarà per sentirti dire “sei mia””, o ai seguenti “in capo al mondo che ci vado a fare se tu sei via/ tanto l’unica destinazione è ovunque tu sia”, passando per picchi quali “e allora dimmi come si fa a nuotare/ se ho bisogno di te in questo mare”. Una canzone che mi spinge a premere sul tasto repeat in loop, come quando infiliamo il cucchiaino dentro il barattolo della Nutella dicendo che è l’ultimo, consapevoli con una certezza quasi scientifica che l’ultimo ovviamente poi non sarà.
Ecco, vorrei che Francesco Bianconi, visto che si troverà a Sanremo come ospite dei Coma_Cose coi suoi Baustelle, suoi e di Rachele Bastreghi e Claudio Brasini, il gioco è bello finché è breve, prendesse le ventotto canzoni in gara e provasse a playizzarle o forse dovrei dire bianconizzarle, chissà, passando su tutto una mano di malinconia o, laddove la malinconia già fosse presente, seppur in grado sicuramente meno efficace che in questa versione di Playa, che ci fosse Baby K pronta a babykeizzarle, rendendole pura “joie de vivre”, anche per vedere cosa reggerebbe il trattamento e cosa, impietosamente, cadrebbe giù come un Cristo, il sangue a ettolitri (questa non ve la svelo, se non la conoscete non meritate la mia pietà). Come in Pimp my ride, solo che a vestire i panni dei meccanici ci dovrebbe essere l’emaciato e gucciano Bianconi, i baffi a manubrio su pantaloni a zampa d’elefante, e Baby K, stretta in una t-shirt e shorts che Daisy di Hazzard levate proprio, le canzoni al posto dei motori rombanti. Tutta una vita senza dormire, vediamo adesso come andrà a finire, per dirla con la poetessa.