“Qui i francesi non possono entrare”; “Le persone più alte di 1,85 metri non sono ammesse”; “I calvi non devono oltrepassare la porta di questo ristorante”. Due di queste tre frasi mi riguardano direttamente. Non sono francese. Sono stato discriminato? Decisamente sì. Questo è immorale? Ovviamente no.
Per capirlo basta leggere Le ragioni della discriminazione: Una difesa radicale della libera scelta (Liberilibri 2023), di Walter Block, economista austriaco e uno dei più famosi libertari (anarcocapitalisti) al mondo. Non è troppo difficile comprendere l’argomento: chiunque di noi discrimina, è l’unico modo che abbiamo per scegliere e convivere. Se non discriminassimo non avremmo nessuna forma di equilibrio nelle relazioni sociali. Discriminiamo tra gli invitati a cena a casa, discriminiamo quando formiamo le squadre per il calcetto. Ma Paolo, l’ultima scelta, rimasto senza casacca, ha forse qualche diritto di denunciarvi e portarvi in tribunale?
Discriminare significa distinguere mele e pere quando si vogliono mangiare o solo mele o solo pere e non c’è niente di male nell’avere una dieta specifica.
Guardiamola dal punto di vista della vittima: esiste un qualsiasi motivo per cui andare a mangiare nel ristorante di punta in Centro Storico sia un diritto? Se lo credete allora vi faccio una domanda: ho diritto di entrare a casa vostra e svaligiarvi il frigorifero contro il vostro consenso?
Block lo spiega facendo appello ai principi fondamentali del libertarismo, una corrente filosofica basata non solo sulla libertà, ma sul consenso, due premesse difficili da rifiutare; principi alla base dell’unica società che chiunque (anche le femministe di oggi!) dovrebbe desiderare. Non esistono relazioni illecite e volontarie. Se sono volontarie (cioè libere e prese in modo consenziente) non sono illecite. Meglio: non sono immorali.
“Dal momento che la legge è l’uso legittimo dell’aggressione fisica (se non ci credete, provate a non rispettare le disposizioni legislative), i libertari richiedono e offrono una teoria della ‘legge giusta’. Questa è la domanda. Qual è la risposta? La risposta è che le persone dovrebbero poter legalmente fare tutto ciò che vogliono, con l’unica eccezione di non attraversare una sorta di linea di confine senza essere invitate a farlo, ‘aggredendo’ così individui innocenti. […] Tutti gli atti tra adulti consenzienti dovrebbero essere legalizzati. Questo è il Principio di Non Aggressione. Ma abbiamo bisogno di un’altra premessa per completare l’introduzione al libertarismo: i diritti di proprietà privata. […] Una delle implicazioni di questi due principi fondanti del libertarismo è la libera associazione. […] La discriminazione può non essere piacevole, soprattutto se riguarda la razza, il sesso, le preferenze sessuali, l’età o qualsiasi altro aspetto di un gruppo comunemente protetto, ma come libertari non ci interessa la ‘gentilezza’. Ci interessa la legge giusta, e la persona che si rifiuta di trattare con gli altri non ha violato né il Principio di Non Aggressione né i diritti di proprietà privata”. (pp. 11-13)
Quello che si sta dicendo è che non c’è nulla di immorale in una scelta che non si traduce in aggressione ad altri o alla loro proprietà. Impedirvi di venire a mangiare un gelato da me solo perché troppo alti o solo perché donne non è una aggressione.
Se vi sembra assurdo credere che sia giusto discriminare nel settore privato un francese, un africano, un ebreo, un fiorentino, un uomo troppo magro, una donna troppo bionda, dovreste chiedervi a che punto del lavaggio del cervello siete arrivati: forse a un passo dalla fine? Alla centrifuga?
Ditemi se così vi sembra assurdo: è giusto non fare entrare nazisti, omofobi, talebani e trumpiani. Probabilmente vi suonerà più ragionevole.
Questo perché, come spiega Block, da liberal (in Italia diremmo da progressisti) siete portati a credere che nessuna discriminazione sia giusta, ma in realtà siete ben disposti ad accettare alcune forme di discriminazione molto specifiche. Per esempio quella contro i forti a favore dei più deboli. Le cosiddette affermative action (come le quote rosa) sono pura e semplice discriminazione a favore dei gruppi che consideriamo vessati.
Tutto questo discorso smette di avere un valore nel settore pubblico. Chiunque di noi, infatti, paga le tasse (un furto, che Block associa senza troppi giri di parola alla violen*a ses*uale: “Il governo è la principale fonte di scambi simili allo stupro”). Quindi, nei settori gestiti dallo Stato, non è giusto essere discriminati. In ospedale, nell’esercito (mi dispiace per il generale Vannacci), nella polizia, nei tribunali. In questi campi dovrebbe contare il merito. Ma non nel mio ristorante, o a casa mia, o nella mia auto.
Il merito del libro di Block, che pure ha qualche limite (per esempio sostiene con alcuni dati che il quoziente intellettivo delle donne sia inferiore a quello degli uomini, mediamente; cosa platealmente smentita dalle evidenze) è nell’affrontare con coraggio – ma cosa aspettarsi dall’autore dell’ormai classico Difendere l’indifendibile – il mostro finale della follia del mondo moderno, sempre più invadente e violento nei confronti della libera scelta, anche quella di discriminare.