Chiara Sbarigia, a capo dell’Istituto Luce Cinecittà, ha offerto una riflessione lucida e appassionata sui limiti dell’Italia (quest’anno abbiamo tenuto le dita incrociate per Vermiglio di Maura Delpero fino all'ultimo) nella corsa agli Oscar, prendendo spunto dalla sua esperienza diretta con le dinamiche di promozione internazionale. In un’intervista rilasciata su Hollywood Reporter a Mario Sesti, Sbarigia ha dichiarato: “Partiamo sempre in ritardo, dopo Venezia, e non abbiamo gli investimenti necessari per sostenere una distribuzione sensibile negli Stati Uniti. Soprattutto, manca una pianificazione strategica e organica per raggiungere tutti quei votanti che potrebbero innamorarsi dei nostri film”, mettendo in evidenza un problema strutturale del sistema italiano. Tra Ermanno Olmi, il maestro ispiratore di Vermiglio che non ha mai raggiunto il palco degli Oscar e un certo cinema europeo d’autore da Almodóvar a Moretti la cui lingua forse, secondo Sesti, risulta estranea persino ai cinefili tra i votanti dell’Academy, l'intervistata ha fatto sapere che: “Tra le nomination dei film internazionali, penso al film iraniano o a quello danese, c’è anche un “altro” cinema completamente diverso dal loro. Nella mia esperienza come presidente dell’Istituto Luce Cinecittà, ormai da diversi anni, mi sono fatta l’idea che non abbiamo le competenze necessarie per portare a buon fine quella campagna capillare, porta a porta, grazie alla quale, soprattutto i film candidati all’oscar come miglior film internazionale, raggiungono il consenso necessario almeno a partecipare alla serata con la nomination”.
In seguito, durante l'intervista, è stata offerta una riflessione approfondita sulle criticità del supporto italiano al cinema nelle competizioni internazionali, evidenziando le mancanze di figure professionali chiave. Cosa serve al nostro Paese? Sbarigia ha le idee chiare: “Servono professionisti della comunicazione e dei social che conoscano bene i mercati internazionali,” ha spiegato. “Non figure americane, ma competenze capaci di muoversi con disinvoltura tra i due territori e che possano dialogare alla pari con i mitici publicist americani.” Parlando da Parigi, dove si trovava per presentare Diamanti di Ferzan Ozpetek, Sbarigia ha sottolineato come il successo di certi film (tra cui questo) al box office italiano rappresenti un’occasione unica da sfruttare. “Da quanto non capitava che i film italiani andassero così bene al box office occupando le prime posizioni? Diamanti ha richiamato da noi un numero sorprendente di spettatori e qui in Francia promette di ottenere una buona attenzione. Ecco, bisognerebbe approfittare di questo momento per portare il nostro cinema altrove.” Quando Sesti le chiede cosa sarebbe meglio evitare in futuro, l'intervistata riporta un aneddoto: “Quattro anni fa partecipai a una grande cena a Los Angeles per promuovere la candidatura di un film italiano. C’erano 400 persone, ma quando chiesi quanti di loro fossero votanti, la risposta fu: due”. Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, interviene per rafforzare le sue considerazioni, aggiungendo: “Chiara ha ragione. La promozione dei film italiani per gli Oscar dovrebbe iniziare molto prima, con risorse certe, magari attingendo al Fondo dello Spettacolo, e con una pianificazione ben coordinata che coinvolga distribuzione, sale e publicist.” E poi, durante l'intervista, emerge una domanda che si pone la stessa manager: “Ma se avessimo qualcuno che da noi facesse il 'regista' della promozione all’Oscar, pianificando e coordinando tutte le azioni necessarie sarebbe tutto molto diverso: questo significherebbe davvero 'fare sistema'. Peraltro, il problema italiano vero è che i votanti del nostro Paese sono circa un centinaio. Come si fa a competere con un film inglese che può contare invece su circa 900 votanti del loro Paese?”. Infine, tornando al triste epilogo di Vermiglio agli Oscar, Sbarigia riconosce il grande lavoro di promozione svolto, nonostante le risorse limitate, sostenendo che sia stato fatto un gran lavoro dappertutto. Quindi, perché il film della Delpero è stato escluso? Colpa della lingua? Della promozione? La spiegazione potrebbe essere anche un'altra (o un mix di cose). La presidente dell'Istituto Luce Cinecittà conclude: “In realtà credo che Vermiglio non abbia avuto accesso alla cinquina per la presenza di Flow, un film d’animazione di tale natura e qualità non era pronosticabile nella cinquina del film internazionale”.