Vermiglio di Maura Delpero vincitore del Leone d’Argento a Venezia 81 rappresenterà l'Italia agli Oscar. Il film ripercorre l'ultimo anno della Seconda guerra mondiale attraverso la storia di una grande famiglia vermigliana che, con l'arrivo di un soldato rifugiato, Pietro (Giuseppe De Domenico), vede svanire la propria pace. Nello stesso momento in cui il mondo, in un paradosso del destino, riconquista la sua. Perché come recita la sinossi del film: “In quattro stagioni la natura compie il suo ciclo. Una ragazza può farsi donna. Un ventre gonfiarsi e divenire creatura. Si può smarrire il cammino che portava sicuri a casa, si possono solcare mari verso terre sconosciute. In quattro stagioni si può morire e rinascere”. Vermiglio nella sua corsa verso l'Oscar, è riuscito a battere Parthenope di Paolo Sorrentino, Campo di Battaglia di Gianni Amelio, Confidenza di Daniele Luchetti, raccontando con commovente naturalezza l’aspetto rurale e patriarcale di una società che forse abbiamo dimenticato. Esplorando le case delle famiglie contadine di un tempo che vivevano un'esistenza scandita dalla gestazione della natura e delle donne. Vermiglio è un film che parla di maternità, la si respira ovunque. Nella stanza dedicata al parto, nella stalla, vicino al Tonale. E il fatto che un film del genere, con una sguardo autoriale riposto saldamente nella cinematografia di Olmi, e ai piani sequenza di Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, è già una vittoria. Perché Vermiglio non è per niente il classico titolo da Oscar. Non ha una morale, non è magniloquente. Anzi, al contrario, Vermiglio si nasconde per lasciarsi scoprire lentamente da chi al botteghino lo sceglie. (A tal proposito, è il film più visto nelle sale).
In Vermiglio ci sono pochissime battute, praticamente tutte recitate in dialetto. Per la maggior parte del tempo c'è silenzio. In sala, poco dopo la proiezione alla Sala degli Artisti di Fermo, durante il talk con la regista, uno spettatore ha esordito dicendo: “Il tuo è un film lento, di solito mi addormento con film del genere, ma questa volta non è stato così. Perché questa lentezza aveva un senso, Vermiglio fa vedere la storia vera con un tempo che solo chi conosce bene la dinamica contadina e la vive può davvero comprendere”. Niente di più giusto fu mai detto. Vermiglio che è un film lungo, silenzioso, in cui fondamentalmente non succede quasi mai niente, non stanca. Merito di una fotografia sporca e rurale a cura di Michail Kricman e dell'ottima direzione di un cast a sua volta strabiliante (in cui spiccano i protagonisti, il capofamiglia Cesare, interpretato da Tommaso Ragno, e la figlia Lucia, Martina Scrinzi). Nello specifico, la regista ha saputo dirigere alla perfezione i più piccoli. I bambini (tantissimi) sono perfetti, regalano un sorriso a chi guardando il film, a causa della dimensione un po’ trasognata, teme che qualcosa di tremendo per la numerosa famiglia debba sempre arrivare, ma...