“Non ho più bisogno di vivere in un mondo di fantasia come un tempo. Il cinema ha saputo soddisfare questa mia necessità”, a dirlo era Olivia de Havilland interprete che ha vinto ben due premi Oscar alla miglior attrice nella sua carriera. In effetti noi, cinefili, queste parole le sentiamo un po’ nostre, perché il cinema è l’espressione di una lettura sul mondo, di un pensiero che si tramuta in immagine e noi veniamo risucchiati, inghiottiti dentro quel vortice luminoso ogni qual volta che entriamo nel buio della sala. Ma la cosa più bella di questo linguaggio non ha niente a che fare con la rappresentazione, con la visione di qualcosa, l’aspetto più travolgente e democratico di quest’arte si manifesta quando un film in sala finisce e si arriva ai titoli di coda. Ecco in quei minuti, andiamo indietro nel tempo, pescando le immagini rimaste di quello che si è appena visto tra i nostri occhi, anche se il film non c’è piaciuto, e poi le raggruppiamo, associamo loro dei pensieri, parole, sensazioni e chiudiamo tutto in un raccoglitore personale che per alcuni dopo ore, per altri dopo giorni, sarà aggiornato in base al confronto con un altro. Un film si sa, lo si può vedere da soli, in due, in gruppo, ma è come se assumesse un nuovo significato quando si fa voce, si immette in una conversazione. Che sia soltanto in quell'attimo che il cinema si compie? Per questo e altri motivi, come i recenti successi di Food for Profit e La chimera nei cinema d'essai italiani, abbiamo deciso di dare spazio e voce a chi di cinema nutre se stesso e gli altri come Andrea Cardarelli, presidente del Circolo del Cinema Metropolis di Fermo nato nel 2006 e affiliato all’Associazione Nazionale Ficc (Federazione Italiana dei Circoli del Cinema) che gestisce insieme ai suoi soci i cinema d’essai: Teatro Nuovo di Capodarco, la Sala degli Artisti di Fermo e il Salone Snaporaz di Cattolica. Gli abbiamo chiesto di spiegarci i finanziamenti statali destinati a queste piccole realtà, che tipo di rapporto c'è tra gli esercenti e proprietari con il pubblico e quali sono stati i film che hanno avuto più successo lo scorso anno. E sulla morale di Sinistra al cinema che sembra aver perso con gli anni "la retta via" e su un giovane Nanni Moretti... Ecco l'intervista completa in esclusiva per MOW.
Cosa ti ha appassionato del cinema?
Mia nonna abitava di fronte al cinema Italia a Porto San Giorgio, per cui sin da piccolo ho frequentato il cinema, ero sempre lì, per me il cinema è casa. Il primo film lo vidi a sei anni, mio nonno mi portò a vedere nel 1975 Frankstein Junior in bianco nero. Ho ancora questo ricordo molto nitido.
Con il Circolo del Cinema oltre al Teatro Nuovo di Capodarco, Salone Snaporaz di Cattolica, gestisci la Sala degli artisti di Fermo, un punto di riferimento per i cinefili della zona.
Si è stato un sogno per me. Pensa che la Sala degli Artisti è l’unica sala cinematografica in Italia ad avere una volta affrescata. Questo cinema era una delle cappelle della Chiesa di San Martino, infatti dietro lo schermo, all’interno della sala, c’è una porta che ti conduce al Liceo Classico di Fermo e se esci fuori vai direttamente a San Martino. Prima di diventare cinema nel 1996, secoli fa, è stato anche il palazzo nobiliare di Oliverotto Euffreducci, di cui parla il Machiavelli nel Principe. Oliverotto era un sodale dei Borgia. Poi nel 1628/30 questo spazio è stato preso dalla compagnia dei gesuiti e ci hanno fatto la chiesa di San Martino (riprendendo la chiesa del Gesù a Roma). All’ingresso, si vede che si trattava di una cappella, c’è l’altare, ci sono i simboli mariani, dentro invece, nella sala non ci sono molte notizie perché la volta affrescata, a parte la Madonna coi santi, non ha nemmeno dei chiari segnali. Ci sono tutti balconi fioriti, forse era un'ala ricreativa o di rappresentanza dei gesuiti. Chissà.
Secondo te, se avessi aperto questi stessi cinema d’essai in una grande città come Roma o Milano, avresti avuto la stessa accoglienza da parte del pubblico?
Credo che il cinema d’essai che facciamo noi anche a Bologna, Roma o Milano avrebbe avuto una buona accoglienza di pubblico perché comunque c’è un target preciso e fidato che viene a vedere questo tipo di cinema. Anzi forse se fossimo stati in una città più grande avremmo avuto ancora più spettatori, considera sempre che siamo in una provincia sì, ma che fa 33 mila abitanti.
Non ci sarebbe stata più competitività?
No, non credo. A Bologna dove ci sono tre o quattro cinema che fanno d’essai, il pubblico c’è, c’è chi va sia di là che di qua.
Avete un target preciso? Chi e come è il vostro “pubblico affezionato”?
Il pubblico a volte viene a prescindere dal film che proponiamo, viene perché si fida della programmazione. Invece per i multisala è diverso.
Multisala sono più in crisi perché i titoli che propongono dopo poco vengono riportati con più probabilità sulle piattaforme?
La piattaforma è cresciuta durante il Covid e lo sappiamo, però anche lì è sceso il suo utilizzo, anche Netflix non ha più quella fetta di mercato che aveva prima perché il cinema è condivisione. Se stai a casa da solo che fai? Il cinema invece fa sì che esci dalla sala e parli di ciò che hai visto con altre persone. Per questo la piattaforma sta retrocedendo per certi versi. Poi forse sì, film come Godzilla e King Kong li vedi anche in piattaforma, il ragazzo anziché spendere dieci euro (anche se con grandi schermi ed effetti speciali di livello) probabilmente preferisce recuperare questi film direttamente a casa.
E come funzionano i finanziamenti per i cinema d’essai? Come sopravvivono?
Innanzitutto, puoi aprirti un cinema e scegliere autonomamente che taglio dargli. Ci sono dei premi d'essai che ti dà il ministero per tot film che fai d'essai considerati tali (italiani, europei ed extra europei) da una commissione ad hoc, in base a quella classificazione, a seconda della programmazione che fai all'anno, hai una percentuale. Io non mi occupo di questo aspetto però in generale posso dirti che ci sono dei coefficienti che ti consentono di accedere al Premio d’Essai. Con gli incassi è dura, perché i film li paghi a percentuale, il 45% + iva va al distributore, il 2% alla Siae e poi restano da pagare il personale, luci, gas e acqua. In più il 10% va allo Stato. Perciò per il cinema d’essai il guadagno reale è il premio d’essai. È quello che comunque ti fa continuare a stare aperto, è un contributo economico che viene dato in base al numero di film che fai. Lo danno a tutti i cinema d’essai poi qualcuno prende di più, qualcun altro di meno, a seconda del numero di film e dell’incasso che registri, per questo motivo lo Stato riesce a tutelarci. Va detto, alla direzione cinema del Mic sono bravi.
Veniamo a Food for Profit di Giulia Innocenzi, voi l’avete proiettato. Successo o flop?
Successone. Food for profit ha fatto sold out con gente in piedi, abbiamo dovuto mettere anche delle sedie in più. Lo abbiamo proiettato al Teatro Nuovo di Capodarco che sì, fa poco più di mille abitanti, però a vederlo come per molti altri film vengono persone dall’interno, da varie provincie perché lì mandiamo film che danno in pochi. Inizialmente Giulia Innocenzi portava Food for profit dove la chiamavano, poi avendo riempito le sale, perché smuoveva pubblico, il suo pubblico, come le varie associazioni ambientaliste, animaliste, ha fatto successo e visto che la volevano in tanti si è affidata alla distribuzione di Mescalito e il documentario ha cominciato ad andare anche in più cinema. Noi lo abbiamo proiettato l’8 marzo a Capodarco e il 15 aprile a Cattolica. Anche a Cattolica, su 150 posti che c’erano, sono venute più di 200 persone raccattando sedie qua e là.
Si è parlato a lungo di La Chimera di Alice Rohrwacher e la polemica sulla mancata o sbagliata distribuzione nelle sale e poi per fortuna però anche del suo successo. Io l’ho visto qui a Fermo da voi e c’era una fila incredibile per entrare in sala. Come ti spieghi questo fenomeno?
A me Alice Rohrwacher piace, ho apprezzato molto il suo primo film, era di rottura, Corpo celeste. Lazzaro Felice mi ha ricordato Miracolo Milano. Anche questo, La chimera mi è piaciuto, ha dei bei colori e attori bravi. Pensa che noi lo avevamo programmato all’uscita, non vennero molte persone, poi lei ha fatto quel famoso appello sui social, è stata sveglia eh, e così mi sono detto "diamogli un altra possibilità". Non tutti i soci erano d’accordo ma io ho insistito "diamogli un giorno e vediamo". Così, era il 26 dicembre, ho chiamato la ragazza che era al botteghino e le ho chiesto come stessero andando le proiezioni. "C'è gente per vedere La chimera?". E lei mi ha mandato la foto della piantina con tutti posti verdi. Così le ho detto "aspetta ma è pieno o vuoto?". Beh, era tutto pieno, non solo, c'era anche una lunga fila fuori dalla porta e so che c’è stato anche chi non trovando le sedie per entrare si è messo in piedi perché voleva vederlo a tutti i costi.
Quindi è vero che l'appello ha funzionato.
L’appello che ha fatto ha funzionato. Forse quando è uscito il pubblico non ha seguito, l’ha snobbata, io non riesco a spiegarmelo il successo “postumo”. Il film di Saverio Costanzo per dire è andato male ma perché è anche cresciuto male, l'ha presentato a Venezia poi dopo due mesi l'ha cambiato, l’ha tagliato. Ecco, se tagli una cosa dopo due mesi vuol dire che era già sbagliato prima. La storia era pure bella su questa diva, su un ricordo penso dei Taviani, Goodmorning Babilonia, eppure...
Quali sono i film che hanno ottenuto maggiore successo di pubblico nel 2023?
Beh, Rapito di Marco Bellocchio, Io capitano di Matteo Garrone, con cui abbiamo lavorato anche tanto con le scuole e Il Sol dell'Avvenire. Avevamo anche invitato Nanni Moretti a presentarlo...
E poi?
Poi non è venuto, probabilmente non ci siamo capiti. Peccato, sarebbero stati i cinquant'anni di Moretti da quando è venuto a presentare i suoi cortometraggi in città nel 1973, lo invitò Vito Lauri, Moretti andò addirittura a dormire a casa sua, era giovanissimo. Venne perché c’era la rassegna Fare cinema e perciò gli abbiamo detto di tornare nel 2023 con Il sol dell'avvenire, se vuoi un testamento finale del suo cinema, forse ne farà altri però questo è uno di quei film in cui ci sono tutti quanti i suoi precedenti dentro... Io poi sono un morettiano figurati, ad ogni modo credo ci sia stata una incomprensione, altrimenti sarebbe venuto.
Cambiando argomento, si dice che al cinema i registi over 50/60 raccontano sempre la solita nostalgica sinistra dei tempi che furono, sei d'accordo?
Guarda io sono di sinistra e sono stato anche iscritto al Pci. Il tornare sempre indietro al passato un po’ ha rotto le scatole, è vero, non puoi andare sempre a vedere il passato devi anche andare avanti. Questa cosa dei registi di sinistra, questa morale sul passato... Beh, io capisco che oggi gli ideali non ci siano più e che si vada a cercare indietro dove c'era un minimo di idee e di valori però lo sbaglio è stato quello di non averli portati con sè nel cammino e alcuni valori giusti (non tutti lo erano) non averli portati alle nuove generazioni, e fatti diventare immutabili, perciò andiamo sempre indietro. La colpa è la nostra perché pensavamo a volte di essere superiori, credo. Penso alla battuta di Nanni Moretti che in Palombella rossa diceva, riferendosi al Pci, “siamo uguali agli altri ma siamo diversi”, questa cosa non siamo riusciti a darla ai giovani e siamo, per questo motivo, rimasti diversi, isolati e invece noi dovevamo essere diversi sì, ma uguali.