Marcello, come here...Cent’anni e oltre cento volte Mastroianni è il titolo della mostra dedicata a Marcello Mastroianni in occasione del suo centenario (visitabile fino al 9 gennaio 2025) - il 28 Settembre, anniversario della nascita - un omaggio della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia presieduta da Sergio Castellitto, a cura di Laura Delli Colli. L’esposizione intima e dolce come è stata presumibilmente la stessa vita dell’antidivo dal fascino immortale, ci ha fatto vedere il suo lato più sensibile, umano, i set dei film che hanno segnato la sua carriera diretta da Petri, Fellini e Antonioni e molto altro ancora... Per questo motivo, non potevamo che intervistare, in occasione delle cento candeline di Marcello, due grandi esperti del settore come Laura Delli Colli e Steve Della Casa.
Laura Delli Colli. A Venezia ha presentanto la mostra “Marcello come here” che ha curato all'Isola di San Servolo. Sergio Castellitto durante l'inaugurazione, ha parlato di Marcello Mastroianni come di una personalità che risulta quasi "pacificatoria", in un contesto come oggi minacciato dalle guerre. Perché? E chi era Marcello Mastroianni per lei?
Marcello Mastroianni è una figura che evoca un mondo e un cinema che rimandano a un’epoca più serena. Vedere una personalità di questo tipo ci immerge in un grande sogno. Il carattere di Mastroianni e il suo modo di vivere il cinema e la vita spiegano il motivo di questa connessione. Se avessimo dovuto scegliere un altro sottotitolo per la mostra, sarebbe potuto essere "Il dolce cinema di Marcello Mastroianni", perché in fondo l'esposizione ci offre un ritratto di una persona che continua a vivere attraverso il cinema, con un ricordo di simpatia ed empatia, grazie ai tanti scatti insieme alle troupe e ai colleghi con cui ha lavorato. In fondo, era un antidivo, ed è giusto che si sentisse un po’ irritato quando lo definivano il sex symbol o latin lover italiano.
Il primo ricordo che ha di lui?
L'ho conosciuto in un momento più maturo della sua vita. Ho avuto la fortuna di vederlo ancora sul set, anche se in una fase in cui si poteva rimpiangere un po' il fascino della sua giovinezza e dei film che lo avevano reso celebre, persino prima di Fellini e de La dolce vita. Basta osservare questa mostra per comprendere quanto la sua bellezza fosse naturale, un fascino che superava i limiti del tempo, senza che lui ne fosse del tutto consapevole. Una volta, quando Oriana Fallaci gli chiese della sua bellezza, cercando di capire perché lo ritenessero un latin lover, rispose, un po' irritato: "Ho il nasino piccolo e la bocca... perché dovrei essere considerato così bello?".
Mastroianni ha recitato nei film dei più grandi maestri tra cui Petri, Antonioni, Fellini. Qual è il film in cui emerge di più?
Non c'è un ruolo in particolare, perché Mastroianni non è mai lo stesso nei suoi film. Le storie che interpreta sono sempre molto diverse: ci sono commedie che conosciamo tutti, ma anche film meno noti che lo mostrano sotto una luce diversa, al di fuori della comicità. Potremmo parlare di registi come Scola o Fellini, ma a me affascina molto quello che la mostra ha rivelato sul suo rapporto con Visconti. In qualche scatto in cui sono immortalati insieme, si percepisce un Visconti sereno. Devono avere avuto un rapporto speciale.
Ci sono delle curiosità, degli aneddoti "inediti" sul grande attore che sono emersi in fase di ricerca di materiale per la mostra?
No, perché in realtà non ci siamo concentrati molto sulla sua storia, ma ci siamo lasciati guidare dalle immagini che abbiamo scoperto e che ci hanno colpito. Abbiamo voluto mostrare un Mastroianni un po' fuori scena, giocando con categorie diverse da quelle tradizionali di una mostra cinematografica. Lo abbiamo immaginato in momenti più intimi e personali, con foto dietro le quinte, risate, e attimi in cui aspettava di entrare in scena. Dettagli che svelano aspetti del suo carattere, abitudini come l'ultima telefonata fatta prima di girare o l'ultima sigaretta fumata. E poi c'è il suo stile che esplode, con splendide foto a colori di 8½, dove si nota la sua scelta degli occhiali. Aveva anche una grande passione per le automobili, come la Lancia, in particolare il modello Argento.
Steve Della Casa, conservatore del Centro Sperimentale, ha presentato a Venezia 81 il restauro di La notte di Antonioni (con protagonista Marcello Mastroianni). Cosa è rimasto oggi della cinematografia del Maestro, contraddistinta da un tempo sospeso, da una lentezza che un po' stride con la società frenetica e veloce di oggi?
La notte è un film modernissimo dal punto di vista visivo, ma i dialoghi risultano un po’ datati. Di certo questo film rappresenta una testimonianza di un vuoto esistenziale che stava emergendo, una novità per l’epoca. Nei primi anni Sessanta, l’Italia iniziava a scoprire la ricchezza e il consumismo. Anche in La dolce vita, in parte, si esplora questo tema, del resto parliamo di un film che esamina la solitudine in mezzo alla folla, ma ne La notte questo aspetto è ancora più evidente. Il film di Antonioni è visivamente influenzato dalla Nouvelle Vague, soprattutto in alcune scelte estetiche. Anche se il tempo lo ha segnato, va visto come una testimonianza di un cambiamento nella società italiana, con un senso di solitudine che emergeva da diversi ceti sociali, non solo dalla borghesia, come ci mostra il film.
Tra l'altro la sala dove il film è stato proiettato era piena di giovani.
Il cinema classico, oggi, è diventato una sorta di tesoro anche per i festival, quasi un riconoscimento. Il patrimonio cinematografico non deve più essere considerato una mania riservata ai cinefili, ma riconosciuto per il suo crescente valore commerciale. La presenza dei giovani in sala ne è la prova. A Parigi, ci sono piccole sale che proiettano film d'epoca, e ricordo di aver visto un film di Ferrari alle 11:45 di un martedì mattina, con la sala piena di vecchi cinefili e tantissimi giovani. È un bellissimo segnale.
Un altro film restaurato che avete presentato è Ecce Bombo del 1978, quando uscì nelle sale c’è chi si sentiva rappresentato con quei giovani militanti di sinistra anche se di destra. Voi all’epoca l’avete visto e cosa avete pensato? Vi siete sentiti rappresentati da quei “bombi”? Cos'è cambiato tra quei giovani e quelli di adesso?
Steve Della Casa: Credo che le generazioni più anziane guardano quelle più giovani con una sorta di compassione. C'è una frase di Ennio Flaiano, riferita ai giovani sceneggiatori da Rosati, che trovo molto significativa: "Vedi quelli? Credono di essere noi!". Ecco credo che la nostra generazione, specialmente la mia, che ha occupato posizioni di rilievo e continua ancora oggi a farlo, dovrebbe lasciare più spazio ai giovani. Il film Ecce Bombo è l'espressione di una generazione, ma il modo di stare tra le persone che rappresentava il film oggi non esiste più. Era il frutto di un decennio profondamente collettivo. Anche quando avevi un problema, lo condividevi con venti persone. Ad ogni modo credo che ogni generazione abbia i propri tempi e modi.
Laura Delli Colli: I film generazionali non possono essere simili, ognuno ha il proprio ritratto unico. Non è un caso che esistano altri film che raccontano la gioventù; potrebbe essere interessante un giorno fare una rassegna su questo aspetto. Vedere Ecce Bombo oggi riflette certamente alcuni aspetti della nostra vita. Tuttavia, è vero che il film mantiene ancora i suoi luoghi comuni e le sue battute iconiche, come “vedo gente” o “faccio cose”, che hanno fatto la storia. I giovani cinefili e i fan di Moretti, in un certo senso, continuano a vedere in Ecce Bombo un riflesso dei loro momenti di confusione anche nel 2024. Ed è molto interessante.