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Ma davvero ci serve Almodóvar, con “The Room Next Door” al Festival del cinema di Venezia, per parlare di eutanasia? Sì, se i Paesi sono ancora ostaggio della Chiesa

  • di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

4 settembre 2024

Ma davvero ci serve Almodóvar, con “The Room Next Door” al Festival del cinema di Venezia, per parlare di eutanasia? Sì, se i Paesi sono ancora ostaggio della Chiesa
Abbiamo visto in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia il primo film in lingua inglese di Pedro Almodóvar, “The Room Next Door” con Julianne Moore e Tilda Swinton. Una riflessione sull’eutanasia, la dignità della morte e un bel vaf*anculo a chi ancora pensa che la malattia sia una battaglia dove c’è chi vince e chi perde. E perché molti Paesi, tra cui l'Italia, sul fine vita sono ancora vincolati dalla religione?

di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

The Room Nex Door, l'ultimo film di Pedro Almodóvar presentato a Venezia 81, è la storia di Ingrid (Julianne Moore) e Martha (Tilda Swinton), due vecchie amiche che un tempo lavoravano per la stessa rivista e con gli anni si sono perse di vista. Ingrid è diventata una scrittrice di romanzi semiautobiografici mentre Martha è una reporter di guerra. Le due donne si sentivano da anni, fino a che un giorno, una loro amica di nome Stella, in fila per il firmacopie del libro di Ingrid, le comunica che Martha ha un tumore avanzato. Pedro Almodóvar con The Room Next Door è riuscito a parlare di un tema pesantissimo e faticoso come l’eutanasia con la stessa tenerezza con cui nei suoi film del suo passato (e presente) glorioso ci ha parlato di stup*i, traviamenti morali e indicibili violenze (La Mala Educación, Volver, L'indiscreto fascino del peccato). E lo fa a modo suo. Leggero e angosciante insieme, come le musiche indimenticabili dei suoi film a cura di Alberto Iglesias. Ciò che di più atroce c'è al mondo viene sempre velato nei suoi titoli da misticismo, leggerezza e da qualcosa che forse noi non toccheremo mai, che smuove tutto, anche le trame più banali, anche le battute meno riuscite. In Almodóvar c'è sempre quest'anima che vola, riposa, si siede nel film, e basta solo cercarla.

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Tilda Swinton, Pedro Almodovar e Julianne Moore sul set di “The Room Next Door”
https://mowmag-store.myspreadshop.it

L'idea cristiana inculcataci sin dalla nascita secondo cui è Dio il solo e unico essere (o non essere) capace di toglierci la vita, forse per Almodovar è una teoria che mostra qualche criticità. E non è certo il solo. Martha, la protagonista di questa storia, sta male, ha un tumore al terzo stadio, sa per certo che morirà. Dunque che senso ha “provarle tutte” se tanto l'unica certezza che la donna possiede è che morirà in tempi più o meno brevi? Perché portare alla lunga questa infinita sofferenza? E così Martha, sola, senza nessuna amica che voglia accompagnarla a finire la sua vita in santa pace in una villa fuori dalla città, chiede aiuto a Ingrid che ha appena scritto un libro su quanto aborri la morte, non la comprenda, la terrorizzi. Martha vuole lei al suo fianco, nella “stanza accanto”. Ingrid dopo varie preoccupazioni, accetta, parte per questo viaggio verso il fine vita della sua amica che intanto ha organizzato tutto, e ha persino trovato una pastiglia per interrompere le sue fatiche e la sua esistenza sul dark web. Nello sfondo del film c'è l'America, ma questo discorso si espande, tocca l'Italia e il mondo. Tutti i Paesi che sanno dirsi avanguardisti ma che invece, come ci mostra Almodovar, sono ancora così preoccupantemente ingabbiati in una dottrina religiosa (che in pochi davvero rispettano), che governa talvolta al posto delle stesse leggi, anche in uno stato laico. Insomma morire per non soffrire non si può, soffrire invece per poi morire comunque sì. E siccome Martha se ne frega di quello che dicono gli altri e non ne vuole sapere di continuare la sua vita in un letto d’ospedale si lascia accompagnare verso la morte da Ingrid, l’amica che qualcuno chiamerebbe “criminale” per il suo complice silenzio ma che noi forse definiremmo in un altro modo.

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Julianne Moore e Tilda Swinton in “The Room Next Door”
https://mowmag.com/?nl=1

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