La chimera di Alice Rohrwacher, anima bella che vola alto nel cinema internazionale e italiano (con questo ordine), aveva ricevuto ben tredici candidature ai David di Donatello di quest’anno e quindi, siccome la speranza è tarda a morire, abbiamo cercato fino alla fine di non demordere e credere che, di tredici statuette, una la nostra Alice se la sarebbe riportata a casa. E invece così non è andata. Anzi, a dirla tutta, della straordinaria potenza dei suoi film e di La chimera se n’è ricordata solo Justine Triet sul finale della serata. La regista premiata agli Oscar e ai David con l’affascinante film rivelazione, Anatomia di una caduta, ha creduto necessario ricordare (o presentare?) sul palco Alice Rohrwacher ai suoi compatrioti. Com’è possibile che una regista come lei, il cui nome risuona fortissimo in Francia e negli States, abbia bisogno ancora di presentazioni? Alice nella sua breve ma formidabile carriera può dire di aver vinto al Festival di Cannes: il Grand Prix Speciale della Giuria per Le meraviglie nel 2014, il Prix du scénario per Lazzaro Felice ex aequo con Tre volti di Jafar Panahi nel 2018. E poi aggiungiamo anche la sorprendente nomination agli Oscar nel 2023 con il cortometraggio Le pupille prodotto da Alfonso Cuáron. Insomma, serve andare avanti?
Se da un lato la soirée più attesa dai cinefili italofili ha finalmente premiato lo straordinario approdo alla regia di Michele Riondino con Palazzina Laf e dato giustizia a Rapito di Marco Bellocchio, dall'altro sembra aver perso per strada opere come il mastodontico Comandante di Edoardo De Angelis, che lo scorso settembre ha aperto la Mostra del cinema di Venezia, Piefrancesco Favino, Lubo di Giorgio Diritti, di nuovo Favino, Il Sol dell'Avvenire di Nanni Moretti e molte altre opere candidate. Certo, risulta difficile dare ampio spazio ai non premiati, tuttavia la mancata menzione di Alice Rohrwacher, visto il numero di candidature ricevute, la qualità assordante della sua opera, la presenza di un cast d’eccezione (Isabella Rossellini e Josh O’Connor) risulta solo più curiosa rispetto ad altre mancate citazioni. Il fatto che nessuno si sia speso, a parte Justine Triet, peraltro francese, in suo favore, fa riflettere. Che sia l’ennesima prova che noi, Italia, il cinema di Alice Rohrwacher non ce lo meritiamo? Sì e che di sicuro la Francia le vuole più bene o perlomeno glielo dimostra meglio (basta pensare anche alla sua prima mostra personale Rêver entre les mondes al Centre Pompidou). Ma tanto lei, a breve, vincerà l’Oscar e molti connazionali, ignari della sua luminosa carriera costellata di successi, solo a quel punto, si toglieranno i prosciutti dagli occhi. Ma sarà troppo tardi.