Vedere Emilia Pérez al cinema è stata un’esperienza strana. Come assaporare il frutto più dolce della terra e, leccandosi le labbra, sentire tutto il suo sapore. Succoso, intenso. Questo è Emilia Pérez. Il film più discusso dentro e fuori Hollywood, già vincitore di svariati Golden Globe e vero trionfatore a Cannes, ora in un viaggio di sola andata verso gli Oscar. Il racconto su un boss temutissimo (Karla Sofía Gascón doppiata con sentito amore e naturalezza da Vladimir Luxuria) che decide di cambiare sesso e farsi aiutare da Rita, un’avvocata (Zoe Saldaña, un vero fenomeno in azione), nell'impresa di trovare un dottore perfetto (e di tornare a casa dalla sua famiglia) è la storia da vedere sul grande schermo che non sapevate di volere. Un'idea surreale forse, ma che di fantastico ha ben poco. Al suo interno poco spazio alle finzioni, solo crude verità. Partendo da un bisogno che molti ignorano e, nel dubbio, vilipendono, alcune persone desiderano cambiare sesso, ma trovano ostacoli imposti dall'esterno. “Se il corpo cambia, cambia l'anima. Se l'anima cambia, cambia la cultura. Se la cultura cambia, cambia la società”, ricorda Emilia. All'espressione, ormai divenuta un manifesto di libertà e accettazione, aggiungiamo una speranza: che anche attraverso un film di questo genere il cinema possa accendere un barlume di luce, risvegliando la ragione degli uomini intrappolati nell'incubo della propria ignoranza.
In Emilia Pérez la travagliata relazione di Jessie (Selena Gomez), moglie del boss, diventa una canzone bellissima, il tormento si fa concerto. Così come le battaglie sociali di cui, vedremo, a un certo punto la stessa Emilia si farà portavoce. Queste si traducono in una performance corale e commovente, con i volti dei desaparecidos, dei morti, delle loro madri, addossati a una parete, che immobili, ci guardano mentre cantano. Amore (ritrovato), morte, il lavoro che non dà soddisfazione, la gente che rompe i coglioni con le proprie aspettative sugli altri, i figli che non arrivano, la devastazione, la solitudine, la neve della Svizzera e i mercati del Messico, la gioia, tutto è musica (vi verrà da piangere ascoltando le canzoni originali Para,Todo y Nada, El Mal, Lady, Mi Camino). Persino il dialogo tra Rita e il dottore, tra le prime scene del film, si trasforma in un duetto. Ma attenzione, dimenticatevi quello che sapete sui musical. In questo film ogni brano (che merita di essere ascoltato su Spotify) è soltanto un discorso diretto che prende fiato, è naturale, è bellissimo.
Breton diceva che “l'amore è quando incontri qualcuno che ti dà delle notizie su di te”. Forse spinto dal desiderio di capire l’amore oltre la superficie, di tradurlo in parole che restano. Ecco che quello che ci resta come un mutilato aforisma è in realtà il modo migliore per racchiudere il senso del film che abbiamo appena visto. Rita e Emilia sono innamorate, l'una dell'altra, due donne che, tra silenzi e dialoghi, tra conflitti e alleanze, si scoprono e si riflettono l’una nell’altra. Rita ed Emilia non si incontrano solo per caso o per necessità. Si riconoscono. Rita è il punto di confronto con cui Emilia può guardare ciò che è stata e ciò che potrebbe diventare. Allo stesso tempo, Emilia è per Rita un’alterità che le fa chiedere che senso abbiano avuto le sue scelte. Che dolore e che piacere grande è la vita. Che dolore e che piacere grande è il film di Audiard. In questa tensione, tra la scoperta dell’altro e quella di sé, si nasconde l’essenza stessa del film, che trova nella frase di Breton la sua perfetta chiave di lettura e forse il suo completamento: incontrare qualcuno che ti dà notizie su di te è, dopotutto, il vero miracolo dell’amore (ed Emilia Pérez il vero miracolo del cinema).