Sul caso Emma Marrone-Davide Maggio, noto come l’affaire “Gambe importanti”, esploso su Instagram e diffuso nella rete, le considerazioni da fare sono diverse, ma tutte collegate da uno spirito che sappia riconoscere le questioni etiche e quelle estetiche, e sappia guardare in modo sensato alle dinamiche devianti che ne sono seguite. È superfluo riepilogare nei dettagli la vicenda, che è partita dal giudizio del giovane giornalista – in una diretta social – sull’opportunità estetica delle calze a rete indossate da Emma sul palco del Festival di Sanremo, che non donerebbero alle forme delle sue gambe.
Su questo si è espresso bene il filosofo Stefano Zecchi nell’articolo di stamane su Il Giornale, in cui mette in chiaro alcuni principi basilari dai quali dovrebbe partire ogni ragionamento su episodi come questo. "Dunque, l’abito è il nostro stesso corpo e parla di noi: il nostro modo di vestire è il nostro linguaggio, e come ogni linguaggio può essere elegante o volgare, di buon gusto o di cattivo gusto, assolutamente normale o trasgressivo", si premette all’inizio; "a chi ci osserva, la nostra immagine arriva prima delle nostre parole, perché la nostra immagine è un linguaggio che il più delle volte è maggiormente comunicativo delle stesse parole". Dire che una persona ha il diritto di vestirsi come vuole significa che quella persona può usare il linguaggio con cui crede sia meglio esprimersi, e su questo non c’è discussione.
"Certo che posso giudicare il modo in cui si veste una persona" prosegue l’articolo di Zecchi, "giudico il suo linguaggio, la forma della comunicazione, il suo significato. È evidente che ci sia modo e modo nel formulare il giudizio: ovvio che non può essere impositivo e moralistico, ma un giudizio estetico non solo si può esprimere, ma si deve pronunciare, proprio sotto il profilo pedagogico, perché l’educazione estetica è il fondamento dell’educazione sentimentale. (…) La cantante desidera evidenziare le sue cosce? Padronissima di farlo e di suggerire a tutte le ragazze del mondo di seguire il suo esempio. Ma senza aggressività e inutile ironia posso dirle che con un abito diverso sul suo corpo poteva esprimere un linguaggio più bello. Non le interessa? Neppure a me interessa convincerla".
Da parte nostra, osserviamo alcune cose. Innanzitutto, l’esordio del contrattacco di Emma, nel video di risposta, è stato: "Buongiorno a tutti nel medioevo, con il body shaming". Un’affermazione bellicosa che parte da due figure ormai abusate: il medioevo, inteso come epoca crudelmente oscurantista, in special modo verso le donne, e il body shaming, quella pratica offensiva e vessatoria diretta sempre verso le donne, che tutti vorremmo debellare. Ebbene, nel contesto di cui si sta parlando queste due cose non c’entrano nulla, ma vengono ugualmente agitate come spauracchio propagandistico, per sollevare un caso che in realtà non esiste. In secondo luogo: l’affermazione di Emma "Evitate di ascoltare e leggere commenti del genere, il vostro corpo è perfetto così com’è, dovete amarlo e rispettarlo e vi dovete vestire come vi pare" ci trova naturalmente d’accordo; ma ci lascia perplessi l’abuso di quell’altra parola, perfezione, che viene sbandierata spesso a sproposito. Una ragazza che possiede “gambe importanti” ha piena facoltà di considerarle perfette, ma a nostro avviso, più che crearsi un’immagine soggettiva di perfezione (che rischia di diventare un circuito chiuso) sarebbe opportuno amare le proprie imperfezioni, e anche quelle degli altri, perché – vi assicuriamo – sono moltissimi i casi in cui le imperfezioni non sono negative ma impreziosiscono. Quindi, la scelta delle parole-chiave, agitate come slogan, appare decisamente sbagliata.
Per avere qualche delucidazione in più abbiamo contattato il professor Zecchi, che molto gentilmente si è espresso, restando sulla traccia di quanto scritto nel suo articolo di stamane. Questa è stata la nostra prima osservazione: quando da un giudizio espresso nei confronti di una donna si scatenano reazioni bellicose come questa, che in rete danno luogo ai consueti linciaggi da parte delle follower di turno – in questo caso per una valutazione di carattere puramente estetico riferita a un contesto preciso come quello del Festival di Sanremo –, succede che il fatto viene impropriamente “universalizzato”, perché dal caso particolare di uno show importantissimo, che assume le sue speciali scelte estetiche, il messaggio viene allargato e assegnato a tutte le ragazze, quando invece la maggioranza delle ragazze che camminano per strada non si fa condizionare nell’indossare calze a rete su gambe che non rispettano certi canoni, anzi: questo lo si vede quotidianamente. Quindi, dobbiamo pensare che non si può più parlare di stile, ovvero di estetica, se uno fa un’osservazione non gradita?
“Questo accade perché si era nel Festival di Sanremo, ma se si fosse trattato di un piccolo show di una piccola emittente non avrebbe sollevato nulla: perché è il mezzo che fa il messaggio, come diceva McLuhan. È ovvio che esiste un diritto di critica assoluto, fatto naturalmente nei giusti modi, in cui ci sia il rispetto delle persone, senza usare piccole ironie inutili, quindi c’è modo e modo di criticare. Certo è che se una persona si espone in un’immagine pubblica, certamente lo fa non soltanto nell’abbigliamento, ma tocca necessariamente l’abbigliamento, che è sempre un linguaggio. Nell’articolo ho fatto l’esempio sulla poesia: se vuoi farmi leggere delle poesie, che è un linguaggio più complesso, se io le trovo delle porcherie devo dirlo, non me ne frega niente, altrimenti non me le fate leggere, e il mio giudizio non è soltanto estetico ma anche pedagogico, perché se qualcuno leggesse quella roba, non penserebbe che è poesia. C’è un diritto di espressione e di giudizio, sempre, perché la comunità è fatta di linguaggi che s’intrecciano, è l’essenza stessa della nostra società ed è impensabile che non possa esserci un giudizio, sarebbe soltanto ipocrisia sostenere che non ci sia. Ovviamente io posso giudicare qualche cosa che so, che conosco; in questo caso è un aspetto estetico, e so come si tratta questa situazione”.
Ma notiamo che, con lo scatenarsi di questo linciaggio sui social a danno del giornalista, si è partiti da un puro fatto estetico per trasformare quel giudizio maschile – che viene respinto – in un attacco a tutte le donne, producendo così una reazione che, col suo portato di violenza, assume dei veri e propri risvolti etici. “Perché c’è sempre un rapporto fra il bello e il buono: viene dalla tradizione classica, è impensabile che non ci sia. L’educazione estetica è proprio il fondamento dell’educazione sentimentale”.
Ora, da parte nostra, concludiamo osservando un altro fenomeno di “shitstorming” partito ieri da Twitter ai danni di Belen Rodríguez, dopo il suo esordio nella conduzione del programma Le Iene su Italia Uno: “Arrestate il parrucchiere e il truccatore, oltre che il chirurgo” ha scritto più di un utente. Paradossalmente, molte delle stesse “attiviste” che si battono in difesa delle “gambe importanti” di Emma ora si sono lanciate nell’aggressione e nel dileggio dell’argentina, i cui lineamenti appaiono modificati dalla chirurgia estetica. Anche qui l’etica va a farsi friggere, in poche parole.