Cocainorso, film della Universal Pictures, esce in Italia il 20 aprile emette in scena la vicenda avvenuta nel 1985 in Georgia, dove un orso trovò quasi 400 chili di cocaina gettati da Andrew C. Thornton, il criminale che viaggiava a bordo di un aereo in fuga dalla polizia. Nonostante si possa pensare che l’orso abbia compiuto delle stragi in seguito, l’animale non commise nessun crimine, venendo poi imbalsamato e lasciato in un museo con tanto di cappellino. Un orso killer, ma solo per finta. Il problema è che Andrea Papi è morto per davvero. Il momento per l'uscita del film, dunque, non è proprio dei migliori: sono passati solo pochi giorni dalla morte del runner ventiseienne, ucciso da un orso nei boschi del monte Peller. La spettacolarizzazione di una vicenda a suo modo simile non può far altro che, per quanto involontariamente (negli Usa è uscito già a febbraio col titolo Cocaine Bear) punzecchiare la carne viva di una ferita non ancora rimarginata.
Le polemiche infiammano e vedono contrapposti due schieramenti tra le cui fila sono alleati soggetti piuttosto eterogenei. C’è chi, come Alessandro Urzì di FDI, predica “il tempo della responsabilità” e auspica una soluzione “giustizialista” nei confronti dell’animale. Punire l’orsa JJ4, dunque, a cui però difficilmente il concetto di colpa umano può essere applicato. Mario Tozzi sui social parla di una specie che vuole prendersi la briga e il diritto di decidere per l’intero ecosistema di cui però è essa stessa un fragile tassello. Cocainorso alimenterà un problema che non riguarda un singolo caso ma che interessa una questione di tale portata da diventare persino retorica. Dove arriva la giustizia? Dove arriva la responsabilità di un essere che non vive secondo le logiche di questa o quella provincia autonoma? Ma il film non prende seriamente la questione, anzi. L’unico a essere rigoroso, nel film, è l’orso. Peccato lo sia nel suo istinto omicida, del tutto inventato. I vari personaggi, grotteschi e ridicoli, si trovano per varie ragioni a incrociare la strada dell’animale strafatto. Cosa ci si poteva aspettare? Un trafficante di droga getta svariate centinaia di chili di cocaina e un orso li sniffa. La trama è questa. Poteva davvero evitare la regista Elizabeth Banks di renderla così divertente? Probabilmente no. Ma non è questo il punto. Tralasciando la performance di Ray Liotta, scomparso quasi un anno fa, il film evidenzia come il rapporto uomo-natura sia ormai del tutto compromesso. L’uomo è causa del suo male. Il 4 aprile però una persona è morta e Andrea Papi stava solo facendo quello che amava di più, qualcosa che di per sé non dovrebbe essere pericoloso: correre nella natura.
È una storia di incapacità quella di Cocainorso: dei ranger, dei camminatori dei boschi, dei genitori e di un’intera comunità incapace di gestire i suoi rapporti con ciò che li circonda. Il film sembra dunque la parodia di un evento drammatico su cui ancora si discuterà a lungo. La gente andrà a vederlo Cocainorso: “A proposito di orsi, hai sentito di quel film in cui un orso fatto di coca sbrana un po’ di gente?”. Il risultato: una deriva ancora più irrazionale, vulcanica e priva della visione a lungo termine che dovrebbe prevedere una questione così delicata. La coesistenza di uomo e animale è un tema complesso che necessità di una certa distanza dagli eventi per poter essere affrontato in modo ragionevole. I processi devono ancora iniziare ma i sorrisi sui volti di chi guarderà questo film faranno male a chi ancora soffre per il lutto.