Una fiction su “Manzoni patriota”, magari preceduta da un’introduzione “riparatrice” del ministro Lollobrigida, così come nel tempo televisivo in bianco e nero l’Odissea era anticipata dai terrifici occhi sgranati di Giuseppe Ungaretti, per il terrore dei boomer allora piccini? Il ministro, nonché cognato, della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida appunto, in un’intervista a “Repubblica” esclude che nelle considerazioni di Mattarella vi fosse un riferimento alle sue dichiarazioni di poche settimane fa in tema di possibile, non auspicabile, “sostituzione etnica”. Così infatti ha precisato il presidente della Repubblica: “La persona, non l’etnia, ha diritto di protezione”. Segue la replica, con intento da filologo, del Lollobrigida: “C’è stato un autore italiano, come colui che ha scritto i Promessi sposi, che più ha trasmesso il concetto di matrimonio e dunque di famiglia?”. Il ministro si concede poi a ulteriori considerazioni non meno filosofico-letterarie: “Il capo dello Stato ha detto pure che ‘la triade Dio, Patria e famiglia’, in contrapposizione ai principi della Rivoluzione francese, ovvero Libertà, eguaglianza, fraternità, è una ‘cesura eccessivamente schematica’. Mi limito a dire che ‘Dio, Patria e famiglia’ è un motto mazziniano. C’è un passo di una sua poesia, Marzo 1821, che ricordo a memoria. L’Italia, per Manzoni, è ‘una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor’. C’era un forte contenuto patriottico nelle sue opere”. Traducendo il senso con parole da antico sussidiario delle classi elementari, il dado dell’immaginario caro alla destra post-fascista adesso al governo è infine tratto. E impone un interrogativo pressante, fiammeggiante, ancor prima che politico, sulle icone che l’attuale esecutivo cercherà, strada facendo, di mostrare in termini di narrazione propria, per imporre una nuova “egemonia”, possibilmente post-gramsciana, populista e identitaria, anzi, rionale; s’intende spettacolare, visti i tempi di semplificazione pop.
Escludendo una nuova fiction contestualmente dedicata proprio al succitato Manzoni o a piuttosto a Dante “fondatore del pensiero di destra”, non resta che ipotizzare ciò che offrirà il possibile palinsesto rigenerato dalle ragioni meloniane. Magari avendo memoria dell’album di figurine familiari caro, nei decenni trascorsi, a chi, sempre patriotticamente, giunge a una posizione apicale governativa dal partito della Fiamma e dal suo vivaio adolescenziale, il Fronte della gioventù, già animato dal motto “Europa Nazione Rivoluzione” e "Boia chi molla!". Escludendo al momento per semplice opportunità una miniserie sui travagli politici e sentimentali di Benito Mussolini, escludendo ancora la trasposizione del best-seller citato sempre un tempo dall’elettore medio della cosiddetta “maggioranza silenziosa”, “Navi e poltrone”, opera di denuncia del disfattismo infido durante la seconda guerra mondiale, siglato dall’ufficiale d’aeronautica regia Antonio Trizzino, potrebbe invece farsi strada l’ipotesi di una fiction dedicata, perché no, a Nicola Bombacci, il comunista che in seguito avrebbe indossato la camicia nera d’orbace, lo stesso che troverà morte, fucilato dai partigiani, sul lungolago di Dongo insieme ad altri alti gerarchi del regime ormai rovesciato.
Storia bifronte e di ravvedimento, nutrita da un bisogno di “pacificazione” e insieme destinata a un intento di parificare gli opposti; materia viva che potrebbe essere ben affiancata alla proposta, giunta da un giovane consulente del governo Meloni, Francesco Giubilei, di adottare l’alzabandiera al mattino in attesa dell’inizio delle lezioni in tutte le scuole dell’obbligo. Così come i “radical chic” possono vantare “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, allo stesso modo, i “non conformi”, coloro che si riconoscono nel cosiddetto “cattiverio”, ritengono di avere diritto a una programmazione che ne restituisca il codice genetico politico e culturale. E qui, a cascata, in attesa di ciò che sarà, non rimane che affidarsi a un elenco che in modo catastale restituisca i feticci che hanno nutrito nel tempo l’immaginario della nostra destra già esclusa dall’arco costituzionale. Non si può non rammentare la passione di Gianfranco Fini per il film “Berretti verdi” con allo stesso modo, con un occhio agli “Stati generali della cultura della nazione”, kermesse della destra conservatrice che ha avuto luogo non molte settimane fa, sotto le parole d’ordine "No all'egemonia della sinistra" e "Pensare l'immaginario italiano", con Fabio Rampelli, deputato di FdI e autore di una proposta di legge contro i “forestierismi”, si potrebbe prospettare perfino un musical su Wanda Osiris al tempo in cui, in nome delle sanzioni, e del “Dio stramaledica gli inglesi”, quest’ultima dovette uniformare il proprio nome in cartellone alle ragioni dell’italianità doverosa, trasfigurandosi così in Vanda Osiri, così come Renato Rascel in Renato Rascele. Di sfondo, come monito visivo, sarà altrettanto opportuno figurarsi “la gabbia da gorilla” in cui venne tenuto prigioniero Ezra Pound a Coltano, momento espiatorio per coloro che non si sono ancora ravveduti dalle ragioni dell’antifascismo. Tuttavia al momento sembra di intuire che l'ombra di Nicola Bombacci detto Nicolino, lo stesso che rivolto alle sue camicie nere così si espresse negli ultimi giorni di Salò, poco prima di penzolare giù dal distributore "Esso" di piazzale Loreto: "Compagni! Guardatemi in faccia, compagni! Voi ora vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista, il fondatore del Partito comunista, l'amico di Lenin che sono stato un tempo. Sissignori, sono sempre lo stesso! Io non ho mai rinnegato gli ideali per i quali ho lottato e per i quali lotterò sempre. Ero accanto a Lenin nei giorni radiosi della rivoluzione, credevo che il bolscevismo fosse all'avanguardia del trionfo operaio, ma poi mi sono accorto dell'inganno", possa oscurare ogni altro proposta iniziale per il servizio pubblico infine emendato da Fazio se non da se stesso.