Attualmente non lo sappiamo se Hegel fosse regolare di stomaco oppure no, però fu proprio lui a scrivere che “la filosofia è il proprio tempo appreso nel pensiero”. Questa è una di quelle frasi che ti aprono lo stomaco, che ti fanno venire fame, che ti fanno venire voglia di studiare e di andare oltre. Chi pensa, o vuole pensare - questo è il significato - non può fare a meno di riflettere sulla propria epoca e sugli anni in cui si trova a vivere. A sua volta ogni epoca è la sintesi di quelle che la hanno preceduta e in quanto tale offre metodi mode e correnti di pensiero a chi vuole pensare. Ora applichiamo quello che abbiamo appena detto al contesto attuale in cui si trova il mondo. Dalla geopolitica al livello del dibattito nella sfera pubblica, dal sentire comune alle polemiche, dall’economia al clima: cosa ci offre la nostra epoca e a partire da cosa dobbiamo iniziare a pensarla? Esatto, gli escrementi. È per questo motivo che un podcast sulla cacca è quello di cui abbiamo bisogno oggi. Si chiama “Evacuazioni”, lo trovate su Spotify, è condotto da Jacopo Cirillo ed è ideato da Santagostino, la rete di poliambulatori specialistici, diffusi tra Milano e Roma. La cosa mi ha ovviamente colpito, ma perché? Personalmente, la merda è un tema che mi è caro da sempre. I freudiani saltino pure la frase seguente ma ricordo che da molto piccolo ne volli raccogliere un pezzo in mano, chissà forse per capirne la consistenza. Ai tempi delle scuole superiori invece mi venne l’idea di scrivere un’apologia della cacca: un piccolo pamphlet in tre pagine di quaderno a righe in cui esaltavo le virtù dell’esistenza fecale e denunciavo lo stigma subito da questa necessaria e fisiologica funzione vitale. C'è da dire che non esistevano ancora i social e i telefoni telefonavano e basta, ma nel piccolo dell'istituto quelle tre pagine divennero in qualche modo virali; poi, siano dannate l’ideologia romantica e l’ironia della sorte, per fare il figo regalai il quaderno a una ragazza che alla fine dei conti non mi cagò di striscio. Gli altri compagni si ricordano ancora adesso di quel trattatello, ma non perché fosse stilisticamente indimenticabile. No: il bello era l’argomento.
Gli escrementi funzionano sempre. È il principio di Archimede: più spingi un oggetto verso il fondo, maggiore è la forza con cui ritorna a galla. Più un argomento viene considerato intimo, più diventa interessante. Parlare della merda, quella vera, è un’operazione estremamente utile in un periodo in cui la merda viene erroneamente associata a tutto ciò che è negativo. Dire che la guerra è una merda è in realtà un’offesa alla merda, che ne rappresenta il contrario: cacare è un atto di pace, ed è vitale. Senza andare in bagno non si sopravvive a lungo. Se volessimo coniare un neologismo potremmo parlare di coprofania: la rivelazione dell’escremento. Nel corso delle 10 puntate del podcast Evacuazioni, che il sito ufficiale di Santagostino defiinisce “un viaggio scientifico e culturale nella cacca”, le feci vengono trattate in relazione a diversi argomenti, con la partecipazione di esperti. C’è la parte fisiologica e medica, si parla del trapianto di feci, che sembra una cosa terribile ma esiste, ed è anche salvifico. Si parla della cacca nei libri per bambini con Federico Taddia, della merda nei film e nelle canzoni, delle feci nell’umorismo. Nel mio campo, quello della letteratura, posso dire che le coprofania sono un tema ricorrente, anche se per la maggior parte come termine di riferimento negativo. I latini, da Catullo a Orazio, utilizzavano le evacuazioni in senso offensivo, mentre Dante utilizza una marea di sterco, nel canto XVIII dell’inferno, come punizione e habitat naturale per gli adulatori, e su questo non possiamo certo biasimare il Sommo Poeta, visto che ancora oggi, in molti ambiti professionali, il merito è direttamente proporzionale al narcisismo patologico. Non so se sia di fatto il primo, ma bisogna arrivare al Rinascimento per un discorso sulla defecazione non connotato negativamente. Precisamente, siamo in Francia, dove Rabelais, nel Gargantua e Pantagruele, utilizza la parola “merda” 50 volte, a cui bisogna aggiungere tutti gli eufemismi che sono incalcolabili. “A cul che scacazza sempre abbonda merda”, recita Gargantua. Nello stesso libro, al capitolo XIII, troviamo una geniale dissertazione del protagonista sui migliori consigli per l'igiene post-fecale e a quanto pare i semidei e gli eroi non utilizzano la comunissima carta ma delle graziose ochette, il cui piumaggio assicura la migliore morbidezza possibile allo sfregamento, nonché una più accurata pulizia. Anzi, ci ricorda Gargantua: “chi con carta il cul deterge, sui coglion la merda asperge”. l’effetto è comico, ma l’approccio è scientifico, ma se non altro l’atto privato e intimo di restituire gli scarti alla natura questa volta non è utilizzato semplicemente come insulto o come punizione divina per la merda morale commessa in vita. In effetti, Evacuazioni ci ricorda in qualche modo, anche se indirettamente, proprio questo: che ciò che chiamiamo merda metaforicamente, o l’atto stesso di definire i propri avversari come merde, è quello che andrebbe davvero proibito, che andrebbe stigmatizzato e buttato nello sciacquone della storia delle civiltà umane. Lasciamo che la merda emerga alla luce del sole: è tutto il resto a fare davvero schifo.