Con oltre 4,2 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, il musicista Fabrizio Paterlini si conferma, a sorpresa ma non troppo, il pianista italiano più ascoltato all'estero dopo Ludovico Einaudi. “È chiaro che non è il pop o il rock, ma è un genere con numeri sorprendenti a livello globale,” ci ha spiegato, sottolineando come la sua musica strumentale, definita “crossover”, abbia trovato spazio in contesti multidisciplinari come musei, gallerie d'arte e festival. Eppure stacca, e non poco, artisti popolarissimi come Marco Mengoni (2 milioni di ascoltatori), Il Volo (1,7 milioni) o Al Bano (600 mila). “I numeri mi rendono felice e grato per quello che faccio, e mi danno anche la spinta per continuare a lavorare,” aggiunge. Con più di 15 anni di carriera, brani utilizzati in film e documentari, e tour internazionali che lo hanno portato anche in Cina nell'ottobre 2024, Paterlini è un esempio di come talento e dedizione possano aprire strade nuove e inaspettate. Tra i suoi brani celebri spiccano Waltz e Rue des Trois Frères e in questa intervista racconta il suo percorso, il rapporto con la musica e i progetti futuri. E, perché no, il sogno di Sanremo e di collaborare con una band rock. I Maneskin? lo provochiamo: "Ora sono fermi, ma un giorno perché no?"
Partiamo da un dato eclatante: oltre 4,2 milioni di ascoltatori mensili su Spotify. Considerando il genere, sono numeri che fanno notizia.
In effetti questo tipo di musica non è molto popolare, soprattutto dalle nostre parti in Italia. Siamo legati a un background di cantautorato molto più forte, quindi da noi senz'altro questo genere è di nicchia. Però, a livello mondiale, la mia musica, essendo strumentale e senza testo, ha la capacità di diffondersi ovunque. Ci sono paesi in cui questa musica è estremamente popolare, penso all'Inghilterra e al Nord Europa in generale, dove viene utilizzata anche come modo di viaggiare con la mente. È chiaro che non è il pop o il rock, ma è un genere con numeri sorprendenti a livello globale. Negli ultimi anni anche le major hanno iniziato a lavorare più attivamente con artisti di questo tipo, segno che questa musica è davvero florida in questo momento. I numeri fanno piacere, mi rendono felice e grato per quello che faccio, e mi danno anche la spinta per continuare a lavorare.
Nel 2024 ha totalizzato 259 milioni di stream complessivi sulle piattaforme digitali, di cui 189 milioni su Spotify. Sono numeri che possono dare fiducia anche tanti giovani che, invece, spesso si sentono costretti a virare su generi più commerciali?
Sicuramente! Il bello di questa musica è che è estremamente diretta: non avendo filtri, arriva a un vasto numero di persone. È una musica "commerciale" nel senso buono del termine, cioè popolare. Riesce a comunicare a tantissime sensibilità, dal fan del prog più complesso a chi ascolta il pop più leggero. È bellissimo vedere ragazzi di vent'anni avvicinarsi a queste sonorità. Penso al me stesso di trent'anni fa ed è emozionante vedere come questo genere continui a ispirare le nuove generazioni.
Dopo che hai totalizzato questi numeri, hai notato un aumento di giovani musicisti che ti contattano per chiederti consigli o supporto?
Sì, tantissimi. Ho sempre mantenuto un canale di comunicazione aperto con i giovani artisti, dando consigli e spiegando le dinamiche dell'industria musicale. Questo è anche il motivo per cui ho fondato un'etichetta: per aiutare i ragazzi a capire cosa significa firmare un contratto in modo trasparente. Spesso non sanno cosa vuol dire firmare per un master o una sincronizzazione, e io cerco di spiegarglielo nel modo più chiaro possibile. Questo bagaglio di conoscenze li aiuta a fare scelte consapevoli e ad affrontare meglio il passo successivo.
Con numeri come i tuoi stupisce che non ti abbiano ancora chiamato a Sanremo. Ci andresti?
Sì, sono aperto a tutto ciò che questo percorso musicale mi porta. Non programmo mai nulla a priori, ma una collaborazione che porti le mie sonorità su quel palco sarebbe sicuramente un'esperienza interessante.
E Giovanni Allevi, che è stato spesso criticato per aver portato la musica classica fuori da certi ambienti, come lo giudichi?
Allevi ha aperto molte porte per tutti noi. Negli anni '90 in Italia il pubblico era molto limitato per questo genere, ma quando Allevi ha avuto la sua esplosione a livello internazionale, è diventato un punto di riferimento. Personalmente penso che abbia contribuito moltissimo a rendere più accessibile la musica strumentale e il pianoforte a un pubblico più ampio. Poi le polemiche ci stanno, fanno parte del circo mediatico. È stato un pioniere, gli va dato merito. Anche se, non bisogna dimenticare, "in principio era Ludovico Einaudi".
Visto che l'hai evocato con questa citazione del Vangelo, secondo te cosa rende così speciale Ludovico Einaudi?
Purtroppo non ci siamo mai conosciuti e non ho mai avuto scambi con lui, ma lo considero sicuramente uno dei più grandi. Mi piace molto l'equilibrio delle sue composizioni: è un maestro nel mescolare pianoforte e altre voci, come violini e violoncelli. Questo equilibrio è qualcosa che gli ruberei volentieri.
Se dovessi pensare a una collaborazione musicale con un artista lontano dal tuo genere, con chi sogni di realizzarla?
Intanto mi piacerebbe molto, perché amo sperimentare. Ad esempio, penso a un artista elettronico come Nils Frahm, che è un maestro nell'uso delle macchine. Oppure potrei tornare alle mie radici rock: da ragazzo cantavo in una band heavy metal che faceva anche cover dei Pantera. Sarebbe interessante vedere cosa potrebbe nascere da una collaborazione con un gruppo rock.
Come pianista italiano più ascoltato all'estero potresti collaborare con la rock band che ha portato l'Italia nel mondo, come i Maneskin.
Ho visto che Damiano David sta portando avanti la carriera solista, per cui adesso è impegnato in quella. Ma se dovessero tornare insieme, perché no?