“Che ne pensi di Angelina? È brava, vero…?”. Questa domanda, con tutti i sottintesi del caso, me la sono sentita fare praticamente da chiunque abbia cantato di fronte a un microfono, specie chi lo abbia fatto con un certo successo, specie un certo successo passato, negli ultimi mesi. Una domanda che dice assai più di quanto non pretenda in termini di risposte. Perché manca il famoso “ma”, che sarebbe come dire, certo, è brava, ma e via a aggiungere qualcosa, assenza giustificata dal non voler passare per chi in qualche modo mal sopporta un successo repentino, bruciante, in tutti i sensi, e perché sottintende che quel successo bruciante, evidente, ci sia ma sia immeritato. Non fosse perché penso che Angelina Mango abbia un incredibile talento, cosa che ho dichiarato in tempi non sospetti, e perché mi piace mettere in difficoltà chi prova a tirarmi per la giacchetta in propri ragionamenti dietrologici, rispondo sempre che sì, è brava, parecchio. Un altro sottinteso in quella domanda così ambigua, direi anche vagamente vile, è una paura, la paura di trovarsi di fronte a un talento giovane che già sta facendo tanto e bene, la vittoria al Festival di Sanremo, Eurovision comunque con buoni risultati, singoli che si muovono molto bene ormai dall’anno scorso, un giovane talento che sta crescendo visibilmente sotto gli occhi di tutti, andando, e qui la paura si fa irrazionale, come spesso le paure, a occupare un posto di prima grandezza, come se ciò implicasse uno spazio in meno da poter occupare. Paura spesso palesata da artisti che, per anagrafe e carriera, non dovrebbero certo mettersi a competere con chi è evidentemente un talento in ascesa, semmai da guardare con simpatia, come sempre si dovrebbe fare verso chi è giovane e si sta mangiando la vita.
Il fatto è che Angelina Mango, da poco uscita con una doppietta di singoli che quel “brava” ulteriormente dimostrano, spostando ulteriormente in là l’asticella di quel talento, è una artista che, sotto gli occhi di tutti, sta facendo passi da gigante. E siccome è Angelina Mango, quei passi da gigante li sta facendo danzando come se quello fosse il solo modo che sa per spostarsi in avanti o di lato, nel mentre cantando con uno stile molto suo, alla faccia di chi ipotizza si ispiri a altri. Certo, usa quella cadenza tutta Gen Z che vuole che le parole siano a volte incomprensibili a orecchio di boomer, sillabe che partono, non dette o assorbite dal respiro, ma a quelle ci sono altre parole cantate con enfasi quasi sacrale, religiosa, la melodia che si fa più centrale, spodestando, almeno momentaneamente il ritmo, ma che poi sappia cantare, eccome se sa cantare, è evidente proprio nei respiri, oltre che nell’intonazione, provateci voi a cadenzare così tante parole giocando sulla dinamica della voce, e anche sui toni flautati usati con generosità laddove servano. Dicevo dei due brani, ecco, uno è suo, nel senso che ne è lei la titolare, Melodrama, che per altro anticipa di pochi giorni l’uscita del suo album Poke melodrama, atteso con una certa curiosià, l’altro è Angelo Custode, contenuto nel Paradiso Deluxe di Tedua.
Due brani assai distanti tra loro, parlo di mondi sonori, di attitudine espressa, quindi di sentimenti tirati in campo, l’uno, Melodrama, decisamente votato a diventare un’altra hit, nello specifico una hit estiva, uscire il 24 maggio questo indica, l’altro decisamente più volto all’introspezione, qui il respiro usato come peculiarità interpretativa si fa addirittura centrale, anche perché quando poi arriva Tedua, con le sue barre tutte fuori metrica, il tutto crolla malamente, diciamolo apertamente, Dio santo, quel caz*o di autotune, filtro che ho sempre difeso strenuamente, a cozzare con la voce angelica di Angelina, invece che cercare un contrasto o un flirt, l’abc, Dio santo, l’abc. Due canzoni, Melodrama è un gioiello di architettura pop contemporanea, evoluzione de La noia, che già era assai centrata, Angelo custode una ballad che si regge tutta sul cantato di Angelina. Due brani che ci dicono che Angelina, credo non sia una faccenda da guardare con un sorriso sul viso, se quello fosse un sorriso di sufficienza, sta guardando a un modello preciso per andare dritta come una lama nella sua carriera: Rosalia.
Non perché la voglia imitare, intendiamoci, ma proprio come modello, tanto Rosalia sta facendo con la musica tradizionale spagnola, il flamenco in testa, commistionandolo con generi attuali, sempre latini, penso al reggaeton, mettendoci non solo tutto il suo talento e la sua fantasia, ma anche il suo corpo, la sua voce incredibile, e una capacità di destrutturare il classico per riproporlo in una maniera che è sua e sua soltanto, altrettanto Angelina, certo con meno esperienza ma credo con non meno talento, sta facendo con la musica italiana, la tradizione napoletana in testa, sempre mettendoci dentro la musica latina, un altrettanto incredibile uso della voce, e una corporeità che, come nel caso di Rosalia, è assolutamente perfetta, nel modo di danzare, anche nel modo di ammiccare, una sensualità assolutamente non disturbante, lo scrive uno che ha una figlia esattamente della sua età, per intendersi, e che non ha pulsioni giovanili.
Angelina Mango, per dirla tutta, è uno dei progetti che, al pari di Mahmood, che però risulta a tratti troppo cerebrale (so che suonerà strano parlare di cerebralità per un repertorio che spesso guarda al ritmo e alla danza, ma una costante richiesta di attenzione per poter decifrare già solo le strutture dei brani, almeno al primo ascolto, è appunto cerebrale al 100%), potrebbe non solo diventare qualcosa su cui costruire una Nouvelle vague del nostro pop da importazione, perché ok la ripresa del suono anni Ottanta, Novanta, tanto in voga altrove, ma magari puntare anche a qualcosa di nuovo non è male, ma addirittura andrebbe studiato come sistema evolutivo (parlo ovviamente di musica). L’accelerazione che stiamo infatti vedendo, certo agevolata dalla giovane età, ci mancherebbe, è quantomai singolare, e riuscire a sopravvivere al contiguo passo falso di Tedua, uscendone non solo illesa, ma addirittura rafforzata, dimostra un chiarissimo talento anche nel muoversi in situazioni di pericolo.
Quindi sì, Angelina Mango è brava, cari artisti che me lo chiedete con una certa costanza, come a sperare che io dica di no. È brava, punta giustamente in alto, guardando a quanto ha fatto Rosalia in Europa e nel mondo, e mi auguro di tutto cuore che riesca esattamente a ripercorrere i passi di quella carriera così alta e ambiziosa. Il pop, che è poi il terreno di gioco su cui ho deliberatamente deciso di muovermi come critico musicale (l’ho fatto certo per avere campo libero, visto il livello non esattamente edificante di chi lo praticava ai tempi, parlo dei miei coetanei, ma anche perché ritengo che il pop sia genere assai difficile da praticare, quindi interessante da analizzare e studiare, prima di raccontarlo), è qualcosa di complesso, e Angelina Mango ci si sta muovendo con tutta l’agilità di chi ha dalla sua il talento e l’età, oltre che la forza di volontà ferrea e la capacità di metterla a frutto, mica penserete che Angelina canta e balla in quel modo solo per Dna?
Meodrama, il singolo, è una signora canzone. Angelo custode no, ma lei la eleva almeno fin dove è possibile elevarla. Angelina Mango è invece una certezza alla quale guardare con grande simpatia e ammirazione, se mai dovesse fare un duetto con Rosalia, lo dico ora, in tempi non sospetti, credo potrebbe davvero crollare l’internet come ai tempi della bottiglia di champagne appoggiata sul culo di Kim Kardashian.