Viste le tempistiche relativamente recenti, è lecito trovarsi ancora a ricollegare Federico Clapis ai suoi sketh comici su Youtube, che dal 2012 furono in grado di dargli una discreta notorietà sul web. Ma ora la sua quotidianità è radicalmente cambiata. Risale al 2015 la sua “confessione” pubblica: non amo quello che sto facendo, spero mi seguirete in altre cose, molto diverse, che mi accingo a cominciare a breve.
Questa la sostanza delle sue parole allora, che in molti – forse non completamente a torto – lessero come il concretizzarsi di una prestabilita strategia: attirare follower nel modo più veloce per poi reindirizzarli in corsa verso il cambio di scenario artistico. Sia vera o meno una simile probabilità, resta il fatto che Clapis stesso identifica quanto fatto in precedenza come “poca roba”, sebbene non neghi si individuassero già allora alcuni dei principali elementi odierni.
Elementi che toccano davvero infiniti punti, tematiche e corde emotive: dall’installazione di un neonato di colore che naufraga appigliato a un tappeto con scritto “Welcome” a una cinepresa ingabbiata, passando per un presepe “personale”, che si articola nei tratti solipsistici racchiusi in occhiali VR.
Abbiamo intervistato Federico Clapis qualche giorno fa, per farci raccontare la sua evoluzione artistica, per capire i principi che muovono il recente progetto deep scrolling e il suo rapporto con un pubblico che non smette di stimolare perché – spiega – coinvolgerlo è “parte dell’opera stessa”.
Federico, mi sembra di capire che nelle tue opere entra davvero una buona parte dello scenario moderno, attuale, seppure tutto concentrato in pochi frame?
Tutte le mie opere rappresentano stati emotivi intimi e personali che cercano di trovare spazio e voce attraverso metafore sociali contemporanee.
Mi (e ci) ha molto colpito "Searching for god", questa sorta di presepe moderno e in un certo senso del tutto personale, privato, o almeno in questo senso io l'ho letto... Può essere un'interpretazione e a cos'hai pensato di dare corpo nel processo di realizzazione?
Sinteticamente all’invisibilità di Dio e lasciare ampio e aperto il campo di interpretazione, come sempre. Che sia questo di un Dio inesistente, di un Dio invisibile che sia questo di un Dio virtuale.
Puoi riassumerci il progetto Deep Scrolling e cosa porta sullo scenario artistico, riportandolo anche alle tue opere?
Deep Scrolling è un movimento artistico e sociale che mira a cambiare positivamente il nostro rapporto con i social network, trasformandoli in un'abitudine stimolante e terapeutica. Un nuovo stile di vita digitale dove la call to action è quella di smettere di seguire le persone che pubblicano cose inutili e iniziare a seguire le persone che pubblicano opere d’arte. Sullo scenario artistico, porta sicuramente divulgazione di artisti non tanto conosciuti online, in alcuni casi.
Quanto influisce il concetto di "condizionamento" nelle tue opere, e cos'è per te il condizionamento oggi? È diventato persino più forte malgrado abbia perso quei tratti che in passato potevano essere un effettivo e concreto obbligo, mentre ora sono solo un vociare diffuso che indirizza?
È uno dei meccanismi principali dell’illusoria costruzione della nostra identità, talmente artefatto e complesso che diviene vero, e ai quali siamo obbligati, in qualche modo, a venire a patti.
Non è usuale per un'artista chiedere e invitare esplicitamente il suo pubblico a dire cosa gli suscita l'opera e perché. Lo fai per trarne indicazioni future, per portare avanti un modello di interazione continua o è semplicemente un formato che hai scelto per presentare le opere?
La condivisione è parte integrante del mio lavoro e dal 2015 lo è diventata sempre di più, progressivamente. Direi che ha trovato il culmine della sua espressione dal 2017 proprio quando con l’utilizzo di Instagram ho iniziato a invitare costantemente l’utente a condividere le sue sensazioni e riflessioni nei commenti, portando questo gesto a diventare estensione dell’opera stessa.
Come ripensi, se lo fai, al tuo passato da youtuber e come ha influito sul tuo lavoro attuale?
Il passato nella comunicazione ha inciso molto. È stata per me più di un’università. Mi ha insegnato a comunicare, a utilizzare i mezzi del digitale, ad avere visione di self management, economica, logistica. Sono molto grato alle mie esperienze passate, mi forniscono oggi importanti strumenti.