Colpevole di aver pubblicato su Instagram una foto del suo giovane viso al naturale, con una manciata di brufoli sulle guance e le lentiggini sul naso, con annesso messaggio motivazionale in cui esorta i sui fan ad accettarsi con i propri difetti.
Il post di Matilda De Angelis di per sé non ha niente che non va, un’immagine naturale, un messaggio genuino e intelligente, niente da ridire.
Se non fosse che in poche ore la notizia è stata riportata da tutti i quotidiani nazionali, blog gossipari e pagine social di sedicenti vip come immagine icona del grande coraggio di una donna.
Tutti a riportare la straordinarietà della notizia.
Che donna meravigliosa! Quanto coraggio in questa giovane!
Un’attrice che mostra i sui difetti! Incredibile!
Trasformata nel simbolo del coraggio femminile, elevata ad icona di massima bontà e rettitudine, in contrapposizione a tutte le altre, le bad girls, le influencer regine del ritocchino digitale e chirurgico.
Insomma, l’attrice viene raccontata come una specie di incrocio mitologico tra Giovanna D’Arco e la Beatrice di Dante.
Nulla di nuovo sotto il sole.
Prima di lei, anche Aurora Ramazzotti era stata eletta paladina del “coraggio da social” con una commuovente foto dei suoi brufoli.
Dopo di lei è stato un susseguirsi di influencer, attrici e surrogati vari che facevano a gara a postare un difetto fisico dopo l’altro: cellulite, smagliature, pancetta, e via dicendo.
Tutte coraggiosissime moderne suffragette dell’Instagram che tra una foto patinata e un tutorial di make up combattono i mali del mondo a colpi di post verità sui loro difettucci fisici che, con grande forza d’animo, mostrano al pubblico senza vergogna.
Difetti comunque sempre molto minimi eh, mai chessò che si mostri un alluce valgo o un seno asimmetrico, non sia mai, per carità!
Vogliamo suscitare empatia mica ribrezzo.
Acclamate come massima espressione dell’eroismo femminile, si mostrano per come sono, viva la naturalezza!
In un mondo superficiale fatto di selfie “acqua e sapone” così tanto artefatti da sembrare cartonati, il massimo del coraggio è mostrare di avere ancora dei pori sul viso.
Che stupida che sono, e io che ingenuamente pensavo che il coraggio fosse tutt’altra faccenda.
Che il vero coraggio fosse quello mostrato dalla modella somala Waris Dirie, che giovanissima attraversò il deserto a piedi per fuggire da un matrimonio combinato e che raccontò l’orrore dell’infibulazione subita da lei e da milioni di altre donne, nel mondo, diventando attivista contro questa pratica disumana.
(Scrisse un libro sulla sua vita Fiore del deserto da cui è tratto l’omonimo film).
Con questo non voglio dire che affrontare le piccole disavventure quotidiane non sia coraggioso.
Certo, per una persona che per lavoro deve sempre mostrarsi al meglio, come un’attrice, mostrare dei difetti è una forma di eroismo.
Ma non possono e non devono essere idolatrate come la massima espressione della forza d’animo di una donna.
Poiché questi gesti, di per sé positivi e non affatto condannabili, non fanno altro che alimentare la mentalità che dicono di voler combattere.
Siamo tutte contro la superficialità e la mentalità da social che ci vuole belle fuori, però continuiamo sempre e solo a parlare di aspetto fisico, naturale o artefatto che sia.
Dovremmo cambiare radicalmente prospettiva e scegliere un nuovo piano di confronto.
Non più naturale vs artefatto, basta con questa contrapposizione da favola della Disney tra coraggiose eroine, tutte genuinità e naturalezza e streghe malvagie e artefatte.
Smettiamola di ammantare di sensazionalismo qualsiasi evento relativo all’aspetto fisico di una persona nota e cominciamo a parlare un po’ di più di sostanza.
Mi rendo conto che le mie sono considerazioni utopiche ma d’altro canto
la speranza è sempre l’ultima a morire.
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