Bianca Censori ha scelto (o ha accettato) di mostrarsi senza veli, accanto a Kanye West, e in pochi hanno letto questo gesto come un’espressione di libertà. Al contrario, si è parlato di oscenità, di provocazione, perfino di controllo maschile sulla sua immagine. Ma se il corpo è uno strumento di autodeterminazione, perché non può essere mostrato senza scatenare la censura sociale? Judith Butler ci ha insegnato che il genere e il corpo sono performativi: non esiste un modo “giusto” di essere donna, né un modo corretto di esprimere la propria presenza fisica. Se il femminismo ha combattuto per l’autonomia sul corpo, perché oggi si condanna chi sceglie di esibirlo?
Michel Foucault avrebbe parlato di biopolitica: il controllo sociale si esercita attraverso la regolamentazione dei corpi. La nudità di Bianca Censori è una trasgressione perché sfida le norme invisibili che vogliono la donna vestita in un modo accettabile, per non disturbare l’ordine morale. Il paradosso è che viviamo in un mondo ipersessualizzato, ma il corpo reale, senza la mediazione del marketing, ci destabilizza. Forse perché ci ricorda la nostra vulnerabilità, la nostra stessa condizione umana. E allora dovremmo chiederci: lo scandalo è Bianca Censori o il fatto che non sappiamo accettare il nostro corpo per quello che è?