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Fenomenologia di Lucio Corsi, il rocker decadente che l’Italia aspettava da 50 anni: da Renato Zero a Vasco Rossi, da David Bowie a Topo Gigio a Sanremo 2025. È l'ucronia, bellezza...

  • di Elvio Carrieri Elvio Carrieri

17 febbraio 2025

Fenomenologia di Lucio Corsi, il rocker decadente che l’Italia aspettava da 50 anni: da Renato Zero a Vasco Rossi, da David Bowie a Topo Gigio a Sanremo 2025. È l'ucronia, bellezza...
Lucio Corsi, con il suo secondo posto a Sanremo, ha acceso il dibattito: outsider geniale o bluff costruito? La sua forza sta proprio lì, in bilico tra glam e cantautorato, rendendo possibile l’Italia musicale che non abbiamo mai avuto. Ora non resta che aspettare: cosa farà dopo averci diviso?

di Elvio Carrieri Elvio Carrieri

Tutti adesso acclamano Lucio Corsi. Possiamo dire che siamo felici, noi che lo conosciamo da tempo, pure se ora ci sentiamo meno di nicchia, ci sentiamo meno talent scout - a noi convinti scopritori di talenti non resta che consolarci con Marco Castello e Post Nebbia, sull’orlo del mainstream anche loro -, siamo in definitiva in uno di quei rari momenti della storia in cui lo Zeitgeist - lo spirito del tempo - pare proprio accontentare tutti, da chi intravede in Corsi l’ultimo baluardo ideologico da schierare contro la mascolinità tossica a chi lo acclama come eterno ritorno del rimosso, quella gran filastrocca della musica dei miei tempi suonata dal vivo con le chitarre. Ma lo Zeitgeist, si sa, quel bastardo, dissimula e serve a farci sentire parte di una collettività tanto agognata quanto irraggiungibile. È così che alla fine di questa maratona di delirio collettivo che è stato Sanremo 2025 abbiamo voluto vedere in Corsi, e nel suo magnifico e irreale secondo posto, un tentativo di riconoscimento di tutti noi che ci sentiamo un po’ freak e andiamo cianciando di giorno in giorno alla disperata ricerca di inni generazionali per la nostra freakness. Ma il fermento esasperato di fine Festival si muove lungo due direttrici: la prima è quella del complimento iperbolico e grottesco che sta caratterizzando buona parte della stampa specializzata e non - che fino a una settimana fa ignorava il cantautore -, l’altra è quella, curiosa, insondabile, del dissenso a priori nei confronti di Corsi, spesso motivato da ingenuità estetiche e/o da una buona dose di malcelata malafede nei confronti della figura dell’outsider, che si sta accuratamente costruendo attorno al corpo gracile del maremmano. È qui che la parabola di Lucio Corsi rivela la sua vera unicità: abbiamo l’impressione di sentirci tutti d’accordo, quando nessuno di noi ha capito un cazzo.

Lucio Corsi e Tommaso Ottomano a Sanremo 2025
Lucio Corsi e Tommaso Ottomano a Sanremo 2025

Quando abbiamo assistito a un live di Lucio Corsi un anno fa - eravamo allo Spazioporto di Taranto - ci era parso di non credere, a noi disillusi, che finalmente fosse giunta in Italia una figura del genere, memori delle parziali eccezioni di Renato Zero e Ivan Graziani che infatti Corsi cita in continuazione. Siamo ancora oggi più che mai convinti - nonostante il pezzo sanremese appaia come un modesto tentativo di compromesso rispetto ai suoi lavori migliori - che il valore di Corsi vada ricercato al di fuori della freakness, dell’atmosfera onirica, della nostalgia fine a sé stessa suscitata da tutto il calderone di citazioni estetico musicali che il cantautore sfoggia con eleganza e - si noti bene - con umiltà.

Lucio Corsi e Tommaso Ottomano a Sanremo 2025
Lucio Corsi e Tommaso Ottomano a Sanremo 2025

Il valore di Lucio Corsi è infatti tutto insito nella storia: possiamo dire che nell’italia dei primi anni settanta - mentre nel mondo anglosassone si sfornavano ancora i capolavori di quello che poi si sarebbe detto classic rock (Ziggy, Transformer) - abbiamo avuto tanto progressive e tantissimo cantautorato di qualità, ma ci è mancata la figura del cantante, performer e autore rock modellata sui modelli di Bowie, Reed e Marc Bolan (i francesi se non altro ebbero quel surrogato che fu Jacques Dutronc) - in altre parole - ci è mancata la figura del rocker decadente, del performer che annunciava strafatto apatico e androgino la grande truffa che era stato il ‘68.

Lucio Corsi e Tommaso Ottomano a Sanremo 2025
Lucio Corsi a Sanremo 2025

Renato Zero, nella sua magniloquenza e nella sua teatralità, non può valere come unico esempio catalizzante - il nostro discorso è più musicale che estetico - e tutto ciò che succede in Italia da Vasco Rossi in poi è al di fuori del nostro campo di indagine: in meno di dieci anni è già cambiato tutto e in primo luogo i riferimenti musicali: c’è stato il punk, è morto il progressive, l’arena-rock americana annuncia il pop rock commerciale che verrà per sfraganarci la uallera negli anni ottanta. Ma in quell’epoca che per prima intuì e denunciò la grande truffa civile sessuale ipocrita che erano stati gli anni sessanta si venne a codificare una forma di rock autoriale incentrata sull’individualismo, eversiva, copiosamente glam, in altri termini: decadente.

Lucio Corsi a Sanremo 2025
Lucio Corsi a Sanremo 2025

Parliamo di un periodo ben specifico che va dalla morte di Jimi Hendrix (1970) all’avvento delle prime aggressioni punk (1973-74): è qui che l’Italia ha peccato nel raccogliere musicalmente l’istanza antisessantottina - per motivi di ordine storico e antropologico che non approfondiremo - così come aveva peccato pochi anni prima nel raccogliere la stessa istanza sessantottina che in Inghilterra si andava codificando nel passaggio dal beat al blues rock e alla psichedelia poi: in Italia rimanemmo invece ancorati alla rassicurante canzone beat e il giorno dopo ci ritrovammo catapultati quasi senza mediazione nelle poliritmie da conservatorio dei musicisti classici che avevano scoperto la chitarra elettrica, i signori del progressive.

Lucio Corsi a Sanremo 2025 con la chitarra Wandrè
Lucio Corsi a Sanremo 2025 con la chitarra Wandrè

È così che Lucio Corsi arriva con un buon ritardo di cinquant’anni (che gli perdoniamo) a farci sentire come sarebbe suonato il rock decadente se Bowie e Reed avessero cantato in italiano, provare per credere: confrontate il pezzo di Lucio Corsi “Magia Nera” con “Hangin’ Round” e “Queen Bitch” e inizierete a provare questo sentimento nostalgico commisto a un certo piacere della scoperta, dell’ucronia (la storia alternativa), del “e se fosse andata così”, che Lucio Corsi è capace di suscitare. Qui è la sua cifra, qui il suo stile: non le chitarre la fiaba il sogno la freakness del corpo e dei testi, ma l’unione di due estetiche e due musiche: quella del glam drogato e anglosassone con quella del cantautorato italiano e letterato. Più che mai allora siamo convinti che sia giusto uscire dal bipolarismo del “mi sento-non mi sento rappresentato” tanto caro alla Gen Z (ma scopriamo pure a boomer e millennial) per entrare in prospettiva diacronica e valutare Lucio Corsi non per ciò che lui può fare per noi, ma ciò che noi possiamo fare per lui: godere, aspettare e vedere adesso cosa combina.

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