Se posso permettermi. Capitolo II di Marco Bellocchio è il cortometraggio presentato a Venezia 81 e realizzato assieme agli studenti di regia della Fondazione Fare cinema di Piacenza. La vita di un uomo (Fausto Russo Alesi) che non ha mai lavorato, passivo, quasi incapace di rendersi protagonista della sua stessa vita. Il cast è eccezionale: Edoardo Leo, Barbara Ronchi, Fabrizio Gifuni, Piergiorgio Bellocchio e Rocco Papaleo. Praticamente tutti gli attori più affermati e noti del panorama cinematografico italiano assieme. Il corto ci è piaciuto perché con esso abbiamo avuto modo di dibattere tra noi stessi e il nostro io più profondo sull’insussistenza, la fatica e quel famoso senso di inettitudine che ogni tanto permea le nostre giornate e ci fa sentire inutili. E per la durata di un film, ci abbiamo anche riso su. Ma se il lavoro di Bellocchio ci è piaciuto parecchio quello di Alice Rohrwacher e Jr...
Allégorie Citadine di Alice Rohrwacher e Jr ha al centro della narrazione il mito di Platone. Nell’Allegoria della caverna, Platone rifletteva: cosa accadrebbe se uno dei prigionieri riuscisse a liberarsi dalle catene e fuggisse dalla caverna? I due registi a questa antica domanda ne hanno aggiunta un'altra: "E se quel prigioniero di cui parlava il filosofo fosse Jay, un bambino di sette anni che vive nell’epoca contemporanea, in Francia?". Così nasce il cortometraggio Allégorie Citadine che però, va detto, non ci ha entusiasmato. Sarà che ci è sembrato di assistere a una lezione di un professore di filosofia del liceo che cerca di spiegare ai suoi alunni la dottrina platonica prendendo spunto dall’attualità. Sarà che abbiamo notato le meravigliose immagini di Jr e faticato invece a leggere qualcos'altro che il corto, in sostanza, non ci ha convinto. Risulta difficile avvicinarlo a quella complessa poesia a cui ci ha sempre abituato la cinematografia di Alice Rohrwacher. Allégorie Citadine è un prodotto un po' troppo solo da Jr e vagamente "commerciale". Di Alice resta solo l’attenzione e la cura con cui si è avvicinata al ritratto del piccolo protagonista. La sua carezza in un certo senso c’è, si avverte, ma noi avremmo voluto sentirla più calda e avvolgente. Peccato.