La storia della musica è piena di dischi diventati famosissimi anche per non essere mai stati ascoltati. Lewis Shiner, scrittore ascrivibile al gruppo dei cyberpunk, ci ha scritto su un gran bel romanzo, Visioni rock, nel quale il protagonista si ritrova a fare avanti e dietro nel tempo andando lì dove parte di quei miti prendevano forma, salvo poi non arrivare mai alla fine. Da Jimi Hendrix ai Beatles, passando per i Beach Boys e il loro Smile, poi in effetti finalmente saltato fuori sotto il nome del solo Brian Wilson, da quelle pagine scaturisce tutta la passione di Shiner per queste leggende, passione condivisa da milioni di fan in tutto il mondo. Capita, a volte, ho appena fatto l’esempio di Smile, che comunque è rimasto incastrato nella testa di Wilson per qualcosa come trenta e passa anni, che qualcuna di queste opere veda la luce, magari dopo aver circolato in maniera clandestina, si pensi alla storia del Black Album di Prince, passato da bootleg a uscita ufficiale proprio per contrastare, ironia della sorte, un mercato nero che lo stava facendo arrivare già a casa di milioni di persone, ma quasi sempre le leggende rimangono tali, preservando in qualche modo il buon nome di chi ne è titolare e dei propri seguaci, chiunque abbia poi ascoltato il fin troppo atteso Chinese Democracy dei Guns’n Roses, tredici anni di standby, credo abbia assai rimpianto di averlo fatto. È notizia di queste ore che una di queste leggende, per di più arricchita da dettagli degni di una serie per Netflix, parlo della Netflix del passato, quando ancora proponeva serie tv fighe, sta per diventare fruibile per chi volesse ascoltarlo. Insomma, sta per diventare fruibile per chi volesse ascoltarlo e abiti in Tasmania, o abbia modo di andarci in una finestra di tempo neanche troppo larga, dal 14 al 24 giugno 2024, poi bye bye. Il disco in questione, e forse occorrerebbe la maiuscola, è Once Upon A Time in Shaolin, settimo incredibile album del Wu Tang-Clan. Incredibile perché, ricordiamolo, ai tempi l’album venne stampato in un’unica copia e messo all’asta, con tanto di copertina a sua volta assai preziosa, fatta a mano.
A vincere l’asta, nel 2015, sganciando la cifra record di due milioni di dollari, fu quel soggettone di Martin Shkreli, di lì a breve divenuto famoso come il “farmacretino”. Milionario suo malgrado, o meglio, malgrado coloro che si verrà poi a sapere aveva truffato, Shkreli, ai tempi boss della Turing Pharmaceutical, è divenuto infatti famoso per aver alzato alle stelle il prezzo del Daraprim, passato in una notte da poco più di 13 dollari a 750, farmaco usato per trattare i malati oncologici e affetti da Aids, oltre che della Toxoplasmosi, divenendo di fatto “l’uomo più cattivo d’America”. Già in precedenza Shkreli aveva agito in tale maniera, comprando brevetti farmaceutici e alzandone arbitrariamente il prezzo, ma sarà la querelle Daraprim, nel 2018, a portarlo all’attenzione mondiale. Nel mentre, il nostro era già stato indagato dalla Fbi per fronde, arrestato e rilasciato su cauzione, ma con una condanna a venti anni sulla testa, e poi di nuovo condannato per i medesimi capi di accusa a ridosso di questa faccenda decisamente poco edificante. In mezzo, appunto, un altro atto di cattiveria, decisamente meno rilevante sul fronte del futuro dell’umanità, ma riprova che se uno è una carogna è una carogna. Acquistata l’unica copia del disco di RZA e soci, infatti, Shkreli ha subito fatto sapere che non lo avrebbe dato alle stampe con una propria etichetta, come da molti sperato. Anzi, ha proprio fatto sapere che non lo avrebbe diffuso, tenendoselo per sé, fatto che non solo ha mandato fuori di testa i fan della crew di Staten Island, ma anche chiunque abbia a cuore la musica.
Come a voler davvero vestire i panni del villain di disneyana memoria, nel 2016 Shkreli ha minacciato anche di distruggere quell’unica copia, come sorta di vendetta per essere stato insultato da Ghostaface Killah, uno dei più importanti pilastri del Clan, minacce fortunatamente cadute nel vuoto, al punto che poi, il giorno della vittoria elettorale di Donald Trump, nel 2017, in una delirante diretta social alcuni passaggi del disco sono stati fatti ascoltare, seppur in maniera tutt’altro che appropriata. Comunque, finito in galera, non prima di aver provato a vendere il disco su eBay per far cassa, con RZA, dj e producer del collettivo che ha anche provato a riappropriarsene, il nostro si è visto sequestrare da parte del governo degli Stati Uniti d’America tutti i patrimoni, qualcosa come quasi otto milioni di dollari, Once Upon A Time in Shaolin compreso. Shkreli è uscito di galera nel 2022, dopo che nel 2021 ha fatto un goffo tentativo di contrattare la sua liberazione, complice un fantomatico vaccino contro il Covid19 che millantava di aver trovato, ma ormai la sua storia e quella del fantomatico disco erano divise per sempre, almeno si è portati a pensare. Il governo degli Stati Uniti, infatti, lo ha venduto nel 2021 lo a PleasrDAO, etichetta e collettivo artistico che subito ha dichiarato che avrebbe presto fatto ascoltare l’opera. Promesse cui non è stato dato alcun seguito fino a ora, quando è uscita la notizia che dal 14 al 24 giugno sarà possibile ascoltare questo album a dir poco leggendario presso Frying Pan Studios del MONA, il Museum of Old and Moderna Art della Tasmania, dietro prenotazione. Gli ascolti saranno dei listening party che portano il nome di NameDropping Wu Tang-Clan, biglietti in vendita a partire dal 30 maggio, e, attenzione attenzione, gli ascolti non dureranno più di mezz’ora, quindi saranno ascolti parziali dell’opera. Ce n’è abbastanza per continuare a rimanere nella leggenda, vista la location e anche la forma che all’evento è stata data, a meno che i Wu-Tang Clan non decidano prima o poi di ristamparlo di nuovo, un po’ alla maniera di Taylor Swift con gli album stampati dal suo personale villain, Scooter Braun della Big Machine Records, anche se c’è da supporre che nel contratto che ha portato all’asta vinta da Shkreli ci fossero clausole decisamente più stringenti. Nella serie che la Disney ha dedicato alla crew newyorkchese la trama si fermava ben prima del 2015, quindi anche l’idea di sentircelo raccontare sembra davvero lontana da ogni possibilità. L’ultima speranza rimane che Lewis Shiner, che nel mentre ha un po’ abbandonato la fantascienza, decida di metterci mano. Il Wu-Tang Clan non farà rock, è vero, ma se non è rock’n’roll una storia come questa viene davvero da chiedersi cosa mai lo sarà.