Che meraviglia, nell’epoca del politicamente corretto, del linguaggio woke e della cancel culture stiamo tutti a parlare di questi due lemmi: frocio e stronzo, e delle loro declinazioni; “frociaggine”, parola usata dal Papa, capo della Chiesa cattolica, in Sinodo, e “stronza”, termine con cui il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, capo del Governo Italiano, si è presentata al presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. E dire che Morgan, con i suoi “Rutti” voleva fare l’artista maledetto.
In realtà, a guardare l’etimo, con sorpresa per molti, il termine “frocio” ha molto a che vedere col Papa (in generale: con “I Papi”) e il termina “stronza” ha molto a che vedere con Giorgia Meloni. Ben più di quanto si possa immaginare. Sono quelle convergenze, quei nomen omen, attraverso le quali le parole, come per magia (il linguaggio ha in sé qualcosa di ‘magico’ per la sua capacità di evocare spettri, enti che non esistono o che non esistono più – dinosauri. Umberto Eco diceva che l’essenza del linguaggio è la capacità di riempire un’assenza. Esso è fatto di evocazioni) svelano d’ “incanto” l’essenza stessa delle cose.
Ma di donde ridondano questi termini? Perché essi si allineano alla figura del Papa e a quella di Giorgia Meloni detta “stronza” (da Vincenzo De Luca e dalla Meloni medesima) come una seconda pelle (di pollo)? Andiamo a guardare l’ “etimo”, la provenienza, l’ascendenza, di queste due parole. L’etimologia è quella scienza che ricerca nell’albero genealogico delle parole per capirne l’origine e dunque la storia. Anche Bombolo, quando singhiozzava “’a stronzo” o “a’ froscio” stava, in realtà, raccontando una storia, persino La Storia, di una città come Roma.
Le ipotesi sulla provenienza del termine “frocio” sono molteplici, tanto molteplici da fare venire il sospetto che la civiltà papalina abbia fatto di tutto per annacquare la provenienza del “frocio”, affastellando ipotesi per porlo lontano dal vero luogo di provenienza: il Vaticano. Le Guardie Svizzere per l’esattezza. Le “froge” delle Guardie Svizzere in particolare; i buchi der naso, ‘ppe capisse.
Il linguaggio popolare è sempre stato ricco di figure retoriche, una delle più utilizzate è la “sineddoche”, la parte per il tutto, basti pensare ai soprannomi: er caccola, er ciavatta, er tritasorche.
Le Guardie Svizzere, che nella vulgata avevano fama di essere omosessuali, avevano e hanno una caratteristica: sono alte. Ben più alte della media della popolazione romana, motivo per cui, guardandole in viso, dal basso in alto, tutto quello che si vedevano erano le “froge” del naso. Da lì la “’a froscia der naso”, assumendo il genere maschile (cosa non rara nella “sineddoche”, dove la parte prende il genere del tutto, cambiando il proprio, in un transgenderismo della parola) divenne “er froscio”, “sto a vede’ un froscio” nel senso di “non sto vedendo te ma sto vedendo una froge del tuo naso, non sarai mica una Guardia Svizzera?”. Ancora oggi, nonostante l’italianizzazione del termine dialettale, l’esatta pronuncia di “frocio” è “’a froscio”.
Anche la derivazione etimologica che vorrebbe “frocio” derivante da “francese” e dalla storpiatura romanesca della parola “française”, “froscé”, ha, storicamente, a che fare con il papato, si riferisce infatti all’invasione dello Stato Pontificio da parte di Napoleone, che imprigionò Papa Pio VII e annesse il Vaticano alla Francia (come non ricordare “Il marchese del Grillo e Paolo Stoppa nelle vesti del Papa). “Froscé” era dunque un insulto rivolto agli invasori e come prese invece il significato di orientamento sessuale rimane una questione aperta. Alcuni sostengono sia stato a causa dell’assonanza con l’aggettivo spagnolo “flojo”, “floscio, per cui “frocio” sarebbe un termine di derivazione franco-spagnola.
Meno veritiere appaiono invece le ipotesi che fanno derivare “frocio” da “frociare”, usato in alcuni dialetti italiani con il significato di “fare le smorfie”, anche perché sembra che sia stato il verbo a provenire dalla parola. Infine c’è anche chi sostiene l’etimologia da latino “flos”, fiore, che richiamerebbe alla mente delicatezza e mancanza di virilità.
Sull’etimo dello stronzo nessuno ha dubbi
Ma veniamo allo “stronzo”. Sull’etimo dello stronzo nessuno ha dubbi. Una prima discendenza si trova nella lingua longobarda: “strunz” parola che indicava lo “sterco”. Sentendo “longobardo” molti di voi penseranno “ma allora lo stronzo ha più a che fare con Matteo Salvini che con Giorgia Meloni”. Giusto e sbagliato al contempo. Se, nel XV secolo, lo stronzo è stato più longobardo e leghista, l’etimologia ci consente di fare un ulteriore passo indietro e ci dà modo di chiederci “ma da dove viene lo strunz longobardo”?
Troviamo il progenitore dello strunz, secondo il Wikizionario, nel cosiddetto “alto-tedesco medio” che comprende tutte le lingue della Germania Centrale e Meridionale (un dialetto in pratica), e dove “strunze” significava “un pezzo di”, una “parte”, che diventa sì “una parte della massa fecale” (significato oramai entrato nell’uso comune) ma può assumere anche il significato di “basso”, “metà”, uno “stock”, e sappiamo come Giorgia Meloni ami scherzare sulla sua bassa statura.
In realtà, parecchi dizionari, danno all’uso della parola “stronzo” un significato amichevole e scherzoso: “sei il solito stronzo/a” dice la Treccani. E c’è da dire che l’uso di “stronza” fatta dalla Meloni nei confronti di Vincenzo De Luca denotava autoironia, anche se dal portamento, dall’avvicinamento marziale, dallo sguardo, come hanno notato in molti (in primis Dagospia) a molti è sembrato che stesse per dargli una capocciata (col salto, data la statura). L’uso che ne ha fatto Vincenzo De Luca, “lavora tu, stronza” non sembrava molto scherzoso.
Avrebbe potuto usare, come suggeriscono i dizionari, il diminuitivo “stronzetta” che emana una qual certa simpatia. C’è anche una corrente di pensiero che fa derivare “stronzo” dal siciliano “strunzu”, persona dappoco, questa interpretazione si basa sulla datazione dello “stronzo” romanesco, secondo gli studiosi il 1950, e la datazione dello “strunzu” siciliano, che invece risale all’Ottocento, a sua volte, forse, proveniente dalla radice di “strurusu”, antipatico.
Sostenendo che i romani abbiano preso lo stronzo dal meridione abbiamo un’altra convergenza parallela: Meloni che prende lo stronzo da De Luca e lo rilancia. Tutto torna.