Dopo essere stata eliminata in semifinale a X Factor al televoto, la cantante Francamente ha accusato il pubblico di "maschilismo", per aver consentito a una donna soltanto di accedere alla finale (Mimì, che poi ha vinto, ndr). Seguendo lo stesso ragionamento, la cantante Francamente è convinta di vivere in un Paese a spiccata vocazione femminista, dal momento che al voto delle ultime elezioni politiche gli italiani hanno spedito a Palazzo Chigi una donna. Oppure il discorso è più complicato, e allora Francamente ha ripetuto a giornaloni unificati un’idiozia sesquipedale solo per fare retorica a buon mercato, e non si capisce perché tali giornaloni, invece di problematizzare le sue farneticazioni, le hanno dato corda senza fiatare. Vede, signora Francamente, lei è libera di dire quello che vuole, ma nel farlo dovrebbe rispondere a una serie di domande che purtroppo nessuno le ha posto. Mi sento in dovere di farle io, perché lei è ancora giovane e c’è il rischio che la sua idea di “giornalismo” rimanga questa per sempre, ovvero quella di un branco di struzzi col microfono in mano, pronti a mettere la testa sotto la sabbia davanti al primo accenno di pensiero critico.
Lei dice che il risultato del televoto è stato ingiusto: tanto per cominciare, quale cantante uomo, tra quelli arrivati in finale, non era secondo lei meritevole del risultato raggiunto sulla base del merito, ma è stato avvantaggiato dalla presenza del pistolino? Veniamo alla sua richiesta di “quote rosa” nel casting della trasmissione: secondo lei, i partecipanti dovrebbero essere suddivisi equamente tra uomini e donne. Questa sua frase costituisce una evidente discriminazione per tutti coloro che non si identificano in nessuno dei due gender dominanti. Come mai non pensa di riservare nessun posto a queer, a-sexual e persone non binarie? E inoltre: una donna biologica che si identifica come uomo, lei come la conta? E un uomo biologico che si identifica come donna? Che cosa fa, per lei, una donna? Lei magari sorriderà, pensando si tratti di un articolo satirico. Io invece sono serissimo: nel 2024 (quasi 2025) non si può essere inclusivi a corrente alternata, e quindi quando conviene ridurre i gender a due, uomini e donne, come se fossimo in un programma di Maria De Filippi. Ci avete frantumato le orecchie (e non solo quelle) sulla fluidità, la non-binarietà, la sigla Lgbtq+ che negli anni è cresciuta fino a includere praticamente tutto l’alfabeto, e adesso improvvisamente scopriamo che, per convenienza polemica, i gender sono tornati a essere due?
Ma questa intemerata della giovane cantante eliminata, pur non particolarmente originale nella forma, è particolarmente dolorosa nella sostanza. X Factor è finito ieri e io non so chi ha vinto: non perché scrivo prima della finale (in questo momento, è notte fonda, la finale è terminata da un pezzo) ma perché a me di X Factor, come di tante altre cose, non frega assolutamente nulla. Ho visto per motivi professionali la semifinale e a un certo sono sobbalzato dalla sedia, perché quando ho visto esibirsi Francamente mi è sembrato chiaro che si trattasse di un talento unico, di quelli che appaiono una volta ogni trent’anni. Per intenderci: era da quando avevo visto Mia Martini a Sanremo che non vedevo e ascoltavo una cantante altrettanto brava, capace di cantare un classico ed essere, nello stesso tempo, sia in grado di restituire la perfezione dell’originale sia di personalizzarlo con la propria interpretazione. Ecco: se una con questo talento ha interiorizzato dentro di sé il paradigma della vittima, e lo espone senza pudore appena le sventolano un microfono sotto il naso, vuol dire che non c’è davvero più niente da fare. Che il popolo sia limitato lo si sa da sempre: altrimenti il più grande successo cinematografico dell’anno non sarebbe quella bizza senile di Parthenope, Fabio Volo non sarebbe in cima alla classifica con l’ennesima raccolta di scoregge fritte e Giorgia Meloni non siederebbe a Palazzo Chigi. L’ingiustizia fa parte della vita, e per diventare adulti bisogna accettarlo: invece oggi siamo condannati all’adolescenza perenne, costretti a leggere sproloqui sulla società patriarcale a causa di un televoto. Inapplicabili, come si è visto, nella pratica, le quote rosa sono una battaglia di retroguardia, un rimedio omeopatico di una società che ha eliminato il merito, e invece di combattere per rivendicarlo si accontenta di scappatoie demagogiche per strappare l’approvazione della nicchia dei benpensanti di X. Mi permetta infine una precisazione, signora Francamente. Quando otterrà quel successo che ora le sfugge – e sicuramente lo otterrà, perché nessuno oggi canta come lei – stia pur certa che non lo otterrà “in quanto donna” o “in quanto lesbica”. Lo otterrà “in quanto persona brava”. La più brava.