Nell'intervista rilasciata al podcast Bsmt di Gianluca Gazzoli, e prima della finale di X Factor di questa sera a Napoli, Manuel Agnelli ha aperto uno squarcio sincero sul Live show di Sky (e in streaming su Now), sui suoi anni come giudice (sei edizioni) e su quel fenomeno globale chiamato Måneskin. Tra analisi lucide e critiche pungenti, Agnelli ha tracciato una mappa emotiva e culturale di una scena musicale che rischia di perdersi dietro i numeri e il marketing.
La musica e la tirannia dei numeri
“La musica è sparita dalla tv perché c'è la cultura solo dei numeri,” ha detto Agnelli. Puntando il dito contro l’ossessione per lo share: “Anche la Rai fa le cose solo se c’è uno share. La schiavitù dei numeri ha contribuito alla destrutturazione culturale, la pagheremo e ci impoveriremo”. È un sistema che, secondo lui, sacrifica i percorsi artistici sull’altare del successo immediato: “Non sono contro i risultati, ma una volta c’era la possibilità di un percorso. Le discografiche prendevano un artista e gli facevano fare due-tre dischi. Oggi lo prendono e gli fanno fare San Siro. È tutto molto dopato”. Non si tratta solo di un problema strutturale, ma di un effetto domino sulla creatività: “Non permette agli artisti di crescere. È tutto marketing e pochissimi contenuti. Tutti i pezzi sono uguali, ha ragione Morgan, perché scritti dagli stessi team di autori. Per l’algoritmo funziona molto bene, per la creatività no. È un percorso suicida che porterà a dei bagni di sangue, sia economici, culturali e personali. Questi poveri ragazzi andranno dallo psichiatra”.
X Factor: scuola di vita o labirinto?
L’esperienza a X Factor ha insegnato molto a Manuel, ma non è stata senza ombre: “Ho visto ragazzi, da ambienti alternativi, che a X Factor si montano la testa. La cosa più difficile è avere a che fare con gente che ha una presunzione allucinante a 18-19 anni. Non siamo psicologi, questo è molto difficile. X Factor è pazzesco, impari tanto, ma se non hai una struttura personale, può confonderti le idee”. E le conseguenze per chi non riesce a emergere sono pesanti: “La maggior parte della gente che è uscita, se non ha avuto un successo subito dopo, e non lo ha avuto, ha avuto poi dei problemi”. Eppure, Agnelli ha mantenuto rapporti con molti ex concorrenti. “Con quasi tutti, come Casadilego con la quale ho fatto Lazarus a teatro. Con GiaNmaria, non in squadra con me, ho fatto l’ospite con lui a Sanremo nei duetti”.
Tra i nuovi talenti, spiccano i Pukcake. “Adesso la strada giusta la stanno facendo i Pukcake, hanno la mentalità giusta. Sanno di essere lì dentro a rappresentare qualcosa, al di là della gara. Osano e dividono, come i punk”.
I Måneskin e i suoi meriti
Impossibile non parlare dei Måneskin, che Agnelli ha visto nascere e crescere: “All’inizio facevano reggaeton, con le camicie con i fiori e i cappelli a larga falda. Poi saltano tutti sulla barca, in questo caso un motoscafo, ma all’inizio con il cavolo che avevano quella direzione. Li ho spinti tanto io a suonare chitarristicamente in maniera più aggressiva e li ho difesi. Damiano David aveva un talento pazzesco nell’essere così arrogante, devi saperlo fare. Ho visto un frontman rock naturale”. Agnelli ha ricordato anche il duetto a Sanremo, decisivo per il loro trionfo. “Penso abbia cambiato le sorti della gara. Erano diciottesimi il giorno prima e primi il giorno dopo. Faccio parlare i numeri”. E sul loro successo mondiale: “Hanno fatto cose eccezionali. Il grande talento è quello di rimanere loro stessi a livello di energia. Quando riesce è potentissimo. Hanno vinto Sanremo con un pezzo durissimo, così come l’Eurovision e in italiano. È l’aspetto straordinario. Loro sono orgogliosamente mainstream e un’occasione persa per l’Italia. Per una volta abbiamo un gruppo che ha rivoluzionato l’export per la discografia. Potevano fare scuola, ma non si è sfruttato l’effetto Måneskin” Chi pensa che Agnelli si sia adattato con facilità al mondo di X Factor, però, sbaglia: “La prima volta che mi hanno proposto X Factor ho rifiutato. Come farò, che sono introverso e scorbutico? Ma non conoscevo i meccanismi. Poi ci ho pensato ed era uno dei modi per raccontare le mie esperienze suonando in giro per il mondo e all’estero”. E nonostante le difficoltà e le tensioni, non si tira indietro: “La gara è vera e divide. Devi difendere i ragazzi ai quali ti sei affezionato. È giusto che sia così. Se vuoi, siamo andati più in là e meglio di altre annate”. Manuel Agnelli, a poche ore della finale di X Factor in Piazza del Plebiscito a Napoli, rimane critico e visionario, spingendo il confine tra cultura e intrattenimento, e ricordandoci che dietro ogni numero ci sono persone e sogni che meritano di essere rispettati.