Cosa succede se metti Giorgio Montanini in un podcast? Il caos. È stato così a Tintoria ed è stato lo stesso al podcast Tremendi. Già dopo cinque minuti sgancia già la bomba: “Fedez? Non è bono manco per il Gay Pride, musicalmente è ridicolo. Finché si parla di content creator è una cosa, ma l’arte è diversa, quando si parla di arte non si parla di Fedez. Ma non si sente nemmeno lui un artista, è una macchina da soldi, fa l’imprenditore”. Un imprenditore diverso da quello che, per esempio, era Gianni Agnelli, “che non crea occupazione e ricchezza”. A parte questo, dice Montanini, “a livello musicale ho una cultura diversa”. Ci sono i cantautori come Fabrizio De André e Francesco Guccini, band come il Banco del mutuo soccorso e la Pfm. Diverso, invece, il giudizio sul “segaiolo” Francesco De Gregori, che di recente ha fatto un concerto con Checco Zalone. “A tutti gli altri piaceva Michael Jackson e a me piaceva Bruce Springsteen, agli altri piaceva Vasco Rossi, a me Guccini”. E del Vaso di oggi? “Prima era un grande artista, oggi non più. Forse è meglio morire prima, o ritirarsi a vita privata…”. Un altro esempio è la parabola di Roberto Benigni, che a dire di Montanini non è più lo stesso. “Quanto è stato meglio per Massimo Troisi, come artista, morire prima?”. L’attore napoletano non si sarebbe quindi rovinato con una seconda parte di carriera meno brillante. Ma rimanendo su Vasco: “Dopo 25 anni non hai più un cazzo da dire”. “All’inizio, quando hai fame, esigenza di esprimerti, non te ne frega niente dei soldi e delle droghe. Poi diventi Vasco”. E a quel punto qualcosa si perde: “Non è mai stato un grande paroliere, ma con due accordi e quattro parole faceva sentire un disagio che poi ha perso”. Entrare nell’olimpo della musica inevitabilmente allontana un artista dalla gente e dalle storie che prima raccontava. E Montanini non ama nemmeno Claudio Baglioni, che racconta storie d’amore di cui “non me ne frega un cazzo”: “Io voglio empatizzare con la sofferenza di un artista, con il disagio”. Aggiunge poi un giudizio su Piccolo grande amore: “Una canzone pessima”. Non ha senso, dice ancora il comico, ricorrere alla chirurgia estetica, come avrebbe fatto Baglioni, perché un artista dovrebbe concentrarsi su altro: “Devi essere te stesso, ogni solco sul viso è una ferita, è vita”. Per essere un grande cantante però non devi essere solo dotato di una bella voce: “Conta ciò che riesci a trasmettere”, altrimenti, “se ci accontentiamo di una bella voce ha vinto X Factor”. La differenza di grandezza tra gli artisti si vede in questo. “C’è Stanley Kubrick e c’è Gabriele Muccino”, per tradurre il concetto in ambito cinematografico, “e Muccino è uno dei più grandi operatori di macchina che esistano. Lavora in America perché è bravo a livello tecnico. Vuoi mettere La ricerca della felicità con Arancia Meccanica? Vuoi mettere Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto con La vita è bella? Alex Britti è bravo come chitarrista, ma vuoi metterlo con Jimi Hendrix?”.
“Vuoi paragonare Eminem a Fedez? Secondo te Eminem avrebbe fatto quello che fatto Fedez? Fedez può essere un genio del male, come Elon Musk e Mark Zuckerberg, ma non lo vedo felice. Anzi, se lo vedessi lo abbraccerei. Gli direi: ‘Stai due anni nelle Marche, a Fermo, ti ospito io’”. Però c’è chi sta peggio: Tony Effe. “Fate i dissing nelle case miliardarie, ma vedetevi per strada. In America si spara. Avete presente Notorious B.I.G? L’hanno ammazzato. E Sean Diddy Combs, altra brava persona (ride, ndr), gli ha dedicato una canzone”. Invece, i rapper di oggi non sanno nemmeno le canzoni a memoria, “le leggono sul cellulare”, “in quarta elementare mia figlia le rime le fa meglio”. Poi racconta un aneddoto: “Michele Serra tempo fa aveva scritto un libro intitolato Gli sdraiati, che insultava le logiche delle nuove generazioni. Io gli andai contro perché lui, che faceva parte della generazione che aveva rovinato tutto, come faceva a dare ai giovani degli ‘sdraiati’?”, “non poteva generalizzare con i giovani, io li consideravo la speranza”. Questo accadeva dieci anni fa. Oggi, invece, “dico che aveva ragione Michele Serra”. E parte contro certe impostazioni del politicamente corretto, della sinistra, della lotta per i diritti civili che ha preso il posto quella per i diritti sociali, dell’uso del linguaggio sui social e dell’ipocrisia di chi pretende che gli altri usino certe parole ma poi non si batte, per esempio, per il lavoro. Una battaglia simile a quella portata avanti da Giuseppe Cruciani a La Zanzara: “In questo senso è molto più libero di uno del Pd”. Anche sulle elezioni americane Montanini ha un punto di vista forte: “Per me Donald Trump ha una visione del mondo migliore di quella di Kamala Harris e del Pd in Italia”. Questo perché il nuovo presidente avrà la forza di imporsi nelle grandi questioni internazionali, mentre la sua avversaria era “il braccio armato del peggior capitalismo”, e non avrebbe influito in nessun modo sulle guerre in corso. L’ultima domanda è sul dialetto marchigiano. E il discorso vira su Neri Marcorè: “Lui si vergogna di essere marchigiano. Nell’immaginario culturale gli altri accenti sono più sdoganati. Io ho un merito: di aver portato l’accento marchigiano nella comicità”. “Non si capisce che cosa è: un attore, un comico, un imitatore. È come la lanetta che sta sull’ombelico, la prendi e la butti. È il Claudio Baglioni dell’intrattenimento”.