Gli anni ‘90 sono iniziati e finiti con l’urlo di Kurt Cobain, con quel "granello" nella voce che rassomigliava più al primo vagito di un neonato che alle note alte di una rockstar in senso canonico.
Ma abbiamo mai conosciuto qualcosa di normale negli anni ‘90?
Sei la più grande star, in barba ad Axl Rose, del mondo. Hai riscritto la grammatica musicale per quella industria musicale affamata di qualcosa di nuovo. Hai reso la depressione e il disturbo bipolare qualcosa da urlare e non da nascondere. Hai sanguinato sui palchi, piccoli (vedi il Bloom di Mezzago) e grandi, per poi mandarci tutti a fanculo.
Metti al mondo una figlia e, solo due anni dopo, ti spari in bocca dopo esserti iniettato una dose di eroina che manco Keith Richards nei suoi momenti migliori: come pretendi che anche lei non cresca come una esiliata "sulla Main Street"?
"Nessun posto dove andare e nessuno con cui parlare" sgocciolava Lou Reed dalle labbra. Pensate all’idea di avere un padre suicida, che non hai praticamente conosciuto, e di doverci avere a che fare tutti i giorni: dalle radio al supermercato che passano Smells Like Teen Spirit alle t-shirt da H&M; come impazzire in quella solitudine fatta da un fantasma sempre onnipresente, volente o nolente.
Frances Bean Cobain è dovuta venire a patti con quello scherzo di cattivo gusto che è la vita, e la vita dopo la fama.
Frances Bean Cobain è nata dalla frattura che quell’urlo ha provocato nel mondo.
Frances come Frances Farmer a cui Cobain ha dedicato uno dei pezzi più belli, Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle, la tragica eroina della Hollywood anni ‘30; Bean come quel ‘fagiolino’ che Kurt vide nella prima ecografia e che era la futura figlia, sua e di Courtney Love, nata il 18 agosto 1992.
Trent’anni per Frances Bean, trent’anni fatti di cause legali contro una madre problematica, di intenzioni artistiche (è una artista visiva) tra pittura e canto, di problemi di alcolismo - ora risolti - in giovanissima età e un matrimonio naufragato col cantante Isaiah Silva e ancora cause ma, questa volta, per la chitarra acustica di Kurt, quella famosa chitarra, Martin D-18Ez usata per l’Unplugged più Unplugged della storia di MTV quando ancora significava qualcosa, sia MTV che la musica.
Negli ultimi anni, mantenendo un profilo basso rispetto alla madre alla sua età, Frances si è goduta, come da lei ammesso, i privilegi ereditati, ritirandosi nella sua villa sulle colline di Los Angeles, dedicandosi all’arte e ai suoi animali e condividendo, di tanto in tanto, squarci di quotidianità, messaggi di filantropia e lavori in corso sul suo profilo Instagram.
A trent’anni sembra avere raggiunto una stabilità in compagnia di Riley Hawk, figlio della leggenda dello skate Tony Hawk, quasi come se il destino, a un certo punto, mettesse le cose al suo posto unendo i due eredi delle più grandi icone degli anni ‘90.
Frances parla poco di suo padre, si sta aprendo solo negli ultimi anni, come all’evento/mostra ‘Growing Up Cobain’ in Irlanda, nel luglio del 2018, raccontando di come la presenza/assenza del padre avesse plasmato la sua intera vita. Quattro anni prima producendo il documentario di Brett Morgen, Montage of Heck, una visione di Kurt più concentrata sulla sua infanzia e sulla gioventù, quegli anni formativi che poi diedero una corporeità al sound dei Nirvana o alla canzone Sliver in cui partecipa una piccolissima Frances Bean.
Allora auguri a Frances Bean che si narra stia, prima o poi, per pubblicare il suo primo album che non ha nulla a che fare con le Hole e i Nirvana (che non ha mai amato molto, se non la canzone Dumb che descrive l’inadeguatezza di suo padre), essendo lei principalmente fan degli Oasis e Dolly Parton, e di molti altri artisti che collidono poco coi gusti dei genitori; e da quei pochi frammenti pubblicati sui social hanno il sapore della nostalgia pastorale.
Auguri anche a noi, allora, e al fatto che come scrisse qualcuno di migliore, quando piangiamo o festeggiamo qualcuno, piangiamo e festeggiamo noi stessi in una inguaribile nostalgia, in una ferita mai richiusa che è la perdita dell’infanzia e l’inizio della età adulta.
Nostalgia pastorale come quella descritta da Lester Bangs sul rapporto difficile tra artisti e genitori o, semplicemente, tra genitori e figli, tra il rimpianto di Frances Bean e il mai dimenticato Kurt Cobain: "Eravamo degli esiliati sulla Main Street. Ci finiremo, in un modo o nell'altro, forse a berci una birra in un bar coi genitori al nostro fianco, e loro sapranno quello che nessun altro deve sapere: che il peccato indicibile, l'amore che non osa pronunciare il suo nome, il tossico, finalmente è tornato a casa a fare la nanna".