Se Fudasca non vi dice nulla, siete nel posto giusto. Se invece già lo conoscete, saprete bene che il produttore e songwriter romano ha lavorato con artisti enormi, anche internazonali, come Powfu e Jay B dei Got7, tra i gruppi più famosi del mondo K-Pop. Fudasca mescola lo-fi, elettronica, hip hop, e lo fa con una semplicità che è di pochi. Noi lo abbiamo intervistato per parlare del suo ultimo singolo, “Immagina” con la collaborazione di Francesca Michielin, Mecna e Tredici Pietro. Ma abbiamo parlato anche dell’amore, di dissing, della possibilità di andare a Sanremo e di quel “milanocentrismo nella musica” che ha un po’ rotto i coglio*i.
Fudasca è l'acronimo di “Fuori dalla scatola”. Ti senti “out of the box”?
Il nome l’ho scelto perché tempo fa seguivo una pagina Facebook. Non se se ce l’hai presente, andava molto… non vorrei dire all’epoca (ride, ndr.), perché parlare di Facebook sembra una cosa vecchia.
Guarda, contando che ho 31 anni prova, magari la conosco.
Si chiamava “Think outside the box” e proponeva tutte illustrazioni che non mostravano mai un’immagine a primo impatto, ma dovevi osservare i dettagli e ci trovavi cose diverse. Mi piacevano un sacco, ne ho salvate parecchie, e quindi l’idea è stata quella di portare questo concetto nella musica. Poi, è tutto un percorso in divenire, quindi ho scelto questo bome e sono “fuori dalla scatola”, qualche volta ci riesco di più, altre meno, ma l’obiettivo è quello.
Sei un artista che riesce a unire anime diverse. In Italia, secondo me, ci riesce davvero bene solo Mace. Tu hai fatto incontrare Francesca Michielin, Mecna e Tredici Pietro con “Immagina”. Qual è secondo te la chiave per la riuscita di una collaborazione come la vostra?
Immagino sempre un albero: dal tronco, che è lo stesso, poi crescono rami diversi. Loro tre lì ho sempre visti diversi, ma figli dello stesso modo di comunicare le emozioni in modo sincero e genuino. Ho provato a riunirli su questo pezzo, che mi sembrava il comune denominatore giusto, ed è andata bene.
Non voglio fare “filosofia spicciola”, ma “Immagina” parla dell’amarezza di un amore che si è spento. L’amore per te è qualcosa che arriva col tempo, o ci si innamora a prima vista? Quando, per te, sei davvero innamorato di qualcuno?
Questa è veramente tosta (ride, ndr.). Sono appena uscito da una relazione, quindi io stesso mi ritrovo nel pezzo e nel concetto. Penso non sia una questione di tempo, non c’è un momento in cui arrivi a riconoscere l’amore. Semplicemente, serve tanta energia e vulnerabilità. Per aprirsi all’amore e a riceverlo ci si deve mettere in condizioni di essere anche vulnerabili, e non sempre è facile.
Ti ho scoperto un po’ di tempo fa con “make you mine”, dove troviamo diversi artisti, tra cui Powfu e Massimo Pericolo. Tu hai un piede praticamnete in ogni parte del mondo, anche se effettivamente non ti sei mai “mosso” davvero.
Ultimamente mi sto concentrando sull’Italia, ma ho iniziato a muovermi di più. Fino a poco tempo fa non avevo incontrato gli artisti di persona, li sentivo su Discord. Poi sono andato sia a Seoul a conoscere Jay B dei Got7, che è un gruppo gigante K-Pop, sia Los Angeles, dove ho incontrato diverse persone con cui ho collaborato. Mi sto muovendo verso la direzione di conoscere le persone dal vivo. C’è una cosa, che non so se hai notato anche tu.
Dimmi.
Dopo il Covid tutta la bellezza che c’era nel comunicare e sentirsi sui social io la sento morta. Le persone si vogliono vedere, le chat annoiano e io in primis ho voglia di muovermi e conoscere gente. Comunque sì, la mia musica è arrivata in varie parti del mondo, e devo dire che ultimamente faccio fatica a stare dietro a tutte le varie sfaccettature, ma come ti dicevo mi sto concentrando sull’Italia.
Sono totalmente d’accordo con te. Comunque, la tua musica ha un sacco di sfaccettature, dal lo-fi all’elettronica, al pop. Su cosa vorresti pntare maggiormente?
Penso l’hip hop, in generale, e il lo-fi. Non voglio dire minimal, ma penso a quel suono con quel giro di chitarra che metti topline e senti che funziona. Sono affascinato più che dal genere da quella sensazione di avere due elementi che funzionano ed emozionano.
Dopo il Suzuki Music Party hai pensato a Sanremo?
Sì, sarebbe bellissimo. Ci sto lavorando, con il mio management, e ho qualcosa in ballo ma non sai mai nulla fino all’ultimo, ed è anche molto stressante. Non ci metto troppe speranze, ma sì (ride, ndr.).
Sogniamo in grande: due artisti, uno italiano e uno straniero, con cui vorresti assolutamente collaborare?
Drake, senza ombra di dubbio, è il mio idolo. In Italia sai che mi piacrebbe moltissimo, anche se forse sarebbe difficile fare il match, Cesare Cremonini. Per me è attualmente il più forte.
Cosa ti piace di lui?
Mi ci sono affezionato da piccolo. Ascoltavo “Squérez” dei Lunapop e per me era incredibile. È un nome gigante, e se dobbiamo puntare alto…
Quindi dissing Drake - Kendrick Lamar sei dalla parte del primo…
Ovvio, ma proprio senza dubbio (ride, ndr.). Tu invece?
Ma guarda, non l’ho seguito benissimo e penso mi farei influenzare da quello che mi hanno detto altri. Però sto seguendo bene Tony Effe e Fedez.
Ma è finito, o sbaglio?
Sembrerebbe di sì. Diciamo che in Italia di dissing ne sono stati fatti anche di alto livello, qui diciamo che non è esattamente così.
È abbastanza una telenovela…
Tornando a te, stai lavorando a un album?
Sì, ho iniziato a lavorarci quest’estate e mi ci rimetterò bene appena finisco altri due progetti.
Tu sei di Castelli Romani. Hai mai pensato di trasferirti a Milano?
Sicuramente ci ho pensato, è inevitabile. Chiunque sta a Roma sa che se va a Milano va diecimila cose in più. Però, è anche vero che ha un po’ stufato sto "milanocentrismo" nella musica. Bello eh, ma è importante avere delle vibes. Chiunque sento a Milano mi dice che dopo un po’ vuoi fuggire. Comunque stiamo facendo musica, a me serve uscire dallo studio e andare a farmi una passeggiata a Piazza del Popolo o a Castel Sant’Angelo, mi ricarica. Milano ti fa sentire come se dovessi sempre performance, stare a mille, e questa cosa un po’ mi mette l’ansia.