Forest ossigenato fa "Ken Aria nella Pancia", Forest organizza i "Macabro Tour" per traghettare ignari turisiti nei peggiori postacci che hanno fatto la storia di Milano dal selfie di fronte al Pio Albergo Trivulzio ("dove nacque Tangentopoli") al balcone da cui Fabrizio Corona lanciava mutande. Forest che intima a un "comico-contestatore delle istituzioni" di non rompere i coglioni e andare da Del Debbio "che sarebbe anche il suo habitat naturale". Forest che fa "age-shaming" alla meravigliosa Elle Hidding dicendole che "oramai sembra sua nonna" e nessuno si offende. Forest che intervista il granchio blu. Forest che fa "coming out": "Sono biondo naturale ma è tutta la vita che mi tingo per via della lobby dei conduttori mori che ci discrimanano impedendoci di lavorare. Pensateci: quanti presentatori biondi vedete in tv, a parte la De Filippi?". La prima puntata del GialappaShow su Tv8 è stata, in due parole, Michele Foresta. Fautore unico delle battute più memorabili, tutto può e tutto fa. Per la gioia dei telespettori e, forse, non poco scorno da parte dei comici del cast che, almeno in questo esordio, si sono visti ridurre drasticamente il minutaggio di messa in onda dei loro sketch. Poco male, dopotutto. Visto che nessuno - o quasi - è riuscito a rendersi protagonista di uscite segnanti. Non tutti hanno ancora presentato i nuovi personaggi, quindi concediamo il beneficio del dubbio. Fin troppo spesso, però, durante il varo andato in onda iersera, l'impressione è stata che le risate venissero più per affetto e abitudine che per reale coinvolgimento a quanto stesse avvenendo in scena. Il GialappaShow diverte per mancanza di alternative? Forse. Di certo non siamo più abituati a sganasciarsi di fronte alla tv e vedere un programma comico che non tiri in mezzo le trite e ritrite differenze tra Nord e Sud e lasci in pace le suocere appare quasi un insperato miracolo. Ma lo è davvero?
1.387.000 telespettatori (5,7 % di share sommando Tv8 e Sky) segna un ottimo ritorno per lo show di Marco Santin e Giorgio Gherarducci, le due storiche voci della Gialappa's Band oramai orfana dell'amatissimo signor Carlo Taranto che oggi si gode la pensione in Liguria. La sfida di mantenere il successo della prima edizione non era certo semplice e, forse, questo ha pesato su alcune scelte che si sono rivelate poco entusiasmanti in onda. Partiamo da una domanda secca: era necessario riconfermare l'intero cast dell'edizione passata? L'idea di assegnargli nuovi personaggi - non li abbiamo ancora visti tutti - aiuta, ma molti da Toni Bonji demotivatore in bianco e nero passando perfino per l'androide Ester Ascione (Brenda Lodigiani) restituiscono l'impressione di tristanzuolo deja-vù. Forse strappano ancora qualche sorriso, ma più simile a quello che si nel momento dell'incontro con vecchi compagni di classe delle medie. Lieti di rivederli, certo. Soprattutto perché, prima che ricapiti, già sappiamo che passeranno altri 20 anni buoni. Anche Antonio Ornano si ostina a interpretare lo storyteller Brando Godano. Questa volta però, mezzo imbroccando il personaggio: Barbara d'Urso. Un buon riempitivo. Ma, come è noto, il comico ligure funziona di più quando si altera: il personaggio dello sclerotico allenatore di una squadra di calcetto adolescenziale sembra efficace. Sempre a livello di filler.
Valentina Barbieri, la pallida Francesca Fagnani in Berve della scorsa edizione, ora è Ilary Blasi ma, almeno per adesso, compare il tempo di un fulmine a ciel sereno quindi sospendiamo il giudizio. Di certo, sui social è molto forte. In televisione, ha ancora tutto da dimostrare. E chissà che il GialappaShow non sia il contesto più adatto a lei. Alessandro Betti, il fachiro che dice e ripete "Appanné" come un mantra mentre si lancia in improbabili gesta che vorrebbero essere divertenti, è lì in virtù della lunga gavetta che ha alle spalle. Se lo merita, ma meriteremmo anche noi di ridere con uno sketch che non sembri provenire dal 1995. Pantani, sempre in forma, è al solito un perfetto Flavio Insinna, ossequioso e livoroso contemporaneamente. Risulta però incastrato nel nuovo format "4 Funerali", anche qui l'ennesimo déjà-vu coatto. Soprassediamo poi, senza timore, sulla parodia di Temptation Island. Purtroppo o per fortuna, l'originale resta insuperabile anche a livello di commedia. Dunque, chi si salva?
Rapone campa (bene) di rendita con Galeazzo Italo Mussolini promosso da portavoce del Governo a Ministro del rogito e della salvaguardia politica. Sì, ma solo "come passatempo" perché lui si sente un artista. Insieme a lui, in questo primo sketch, un anziano gerarca nazista, autore del libro "Non si può più dire niente" (titolo originale tedesco: "Mein Kampf 2"). Bene ma, ancora una volta, lo abbiamo già visto. Il comico tenta qualcosa di nuovo interpretando anche un critico cinematografico da Festival d'essai. Che pur divertirebbe se, in fin dei conti, Valerio Lundini non esistesse già da lungo tempo. Nel complesso, fa abbastanza bene ma se a Rapone venisse data la possibilità di essere Rapone, farebbe molto meglio.
Come succede all'esordiente, almeno in questo contesto tv, Edoardo Ferrario: il suo manager Maurizio che inneggia alla cocaina contro la meditazione e il coach di mindset da strapazzo Michael Pirozzi danno pessimi consigli e riassumono egregiamente i peggiori anfratti dei reel social. Come dei Ted Talk (oramai ce n'è uno al giorno, in qualsiasi paesello nostrano. Un'epidemia. E poi possibile che ci sia così tanta gente con cose interessanti da dire? Mistero fitto). Il meccanismo di scrittura che porta alla risata è molto elementare. Però, funziona. Minimo sforzo, buon risultato.
L'inossidabile Sensualità a Corte di Marcello Cesena non avverte nemmeno da lotano i due decenni di messa in onda perché é sempre in grado di rinnovarsi e sembrare, quindi, qualcosa di diverso. Comunque, attuale. Il cameo di Fedez, a cui l'autore fa dire robe davvero imbecilli, è la miglior apparizione televisiva del marito di Chiara Ferragni dagli esordi a oggi. Se Lory Del Santo dovesse intercettarlo, uscirebbe domani su YouTube con una nuova stagione di The Lady.
Forse a sorpresa, sembrano funzionare anche Gigi e Ross alle presei coi Kolors (già interpretati in passato a Made in Sud). Con l'umilissima megalomania di Stash, tratto implicito dell'originale, che si rifiuta di dire i nomi dei membri della band perché "Mica saprete quelli degli altri dei Beatles, no?". Mentre nessuno, nemmeno loro, ricordano altre canzoni famose, oltre a ItaloDisco, rilasciate dal gruppo fin qui. Tutto molto vero. Così si cavalca un fenomeno pop.
In definitiva, il GialappaShow in questo nuovo esordio rischia poco per evitare di perdere la priorità acquisita nei telecomandi dei telespettatori e sperando, natualmente, di poterne attrarre ancora di più. Così facendo, propone eccessivi deja-vù e soprattutto sottovaluta un fatto importante, per non dire fondamentale: dopo 30 anni di intrattenimento tv, la Gialappa's Band ha sostanzialmente allevato il gusto alla risata di più di una generazione. Che oggi si ritrova nostalgica e affamata. E che, soprattutto, si fida ciecamente del loro genio. Se, anche in forza di ciò, Gherarducci e Santin, insieme al team di autori, riuscissero a levare del tutto il freno a mano, a cambiare canale sarebbero solo i dirigenti Mediaset. La possibilità concreta di non annoiarci c'è. Tocca solo sperare che non la mandino al "condominio C" dei (sempre) mitologici ragazzi Cin Cin.