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Il libro di Dell'Arti ci fa rimpiangere quando i duelli (anche in Parlamento) finivano a sciabolate

  • di Ray Banhoff Ray Banhoff

16 novembre 2020

Il libro di Dell'Arti ci fa rimpiangere quando i duelli (anche in Parlamento) finivano a sciabolate
Fino a un secolo fa era ancora in uso il duello, vigeva il Codice cavalleresco tra gentiluomini e si finiva con la rivoltella o la sciabola a stabilire chi avesse ragione. Anche tra politici. Altro che le querele di oggi. Il libro di Giorgio Dell'Arti, Gli onorevoli duellanti ovvero Il mistero della vedova Siemens, è uscito per La Nave di Teseo e racconta proprio quegli anni

di Ray Banhoff Ray Banhoff

Dell’Arti è un matto e scrive da dio. Lo sappiamo e lo amiamo noi che siamo abbonati ad Anteprima e riceviamo ogni mattina alle 6:47 la sua e-mail e la leggiamo con gli occhi ancora semichiusi, gustandoci i titoletti, le citazioni, i pezzi di cronaca nera. Lui si è svegliato attorno alle 4.30 del mattino e ha preparato la sua «spremuta di giornali», come la definisce, una rassegna stampa in cui screma le notizie più interessanti, aneddotiche, laterali e curiose. Penna raffinatissima, prosa elegante, potrebbe perfino parlavi per 170 pagine di una crisi diplomatica e di alcuni duelli con la spada tra parlamentari e gentiluomini vari e rendere la cosa interessante.

Gli onorevoli duellanti ovvero Il mistero della vedova Siemens appena uscito per La Nave di Teseo ne è la prova.

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Tolta una certa nostalgia a priori che vi attanaglierà in un passato che forse non conoscete, questo libro è estremamente attuale. Perché? Perché fino a un secolo fa era ancora in uso il duello, vigeva il Codice cavalleresco tra gentiluomini e si finiva con la rivoltella o la sciabola a stabilire chi avesse ragione. Bastava un’offesa verbale, uno spintone, un’illazione e poi se ne dovevano pagare le conseguenze. Con la vita, a volte. Certo il mondo politico provava a distaccarsi da questa usanza che via via, con il Progresso del Novecento, rendeva il duello una cerimonia “barbara”, ma per molti era una questione imprescindibile e «aveva una sua dimensione esterna, non bastava che uno avesse l’onore in sé, bisognava che questo onore fosse riconosciuto dal mondo, e difeso nel caso che qualcuno ne dubitasse» ci racconta Dell’Arti.

Pensiamo ora a quanto sia attuale questo romanzo. Oggi chiunque è libero di dire qualsiasi atrocità, le offese sono all’ordine del giorno, siamo abituati a vedere i parlamentari trascinati fuori dall’aula a forza, nei talk show gli ospiti si sbranano insultandosi e parlandosi addosso, ma nessuno ne paga mai le conseguenze. È tutto un urlio, uno Sgarbi contro Scanzi contro Salvini contro la Lucarelli che è contro Asia Argento che è contro Barbara D’Urso che è contro Cacciari e così via. Il dibattito pubblico è inquinato dal turpiloquio, in tv e nei titoli di giornale c’è un chiasso fragoroso e nella testa di chi ascolta regna il caos.

Chiunque di voi abbia avuto anche una semplice divergenza d’opinioni si sarà sentito minacciare almeno una volta “ti denuncio”, da qualcuno che a malapena conosce la differenza tra avvocato e giudice, ignaro che non basta denunciare qualcuno per aver ragione, dopo nel caso si deve affrontare un processo, con un giudizio e quasi nessuno arriva in aula ora che i tribunali sono intasati di fascicoli per ogni tamponamento o lite tra vicini perché il cane abbaia. Oggi se il cane abbaia si denuncia un vicino invece di suonargli il campanello. Come siamo ridotti...

In Gli onorevoli duellanti, siete nella Roma del 1910, tra salotti di potenti, nobili e repubblicani, in un tempo in cui la politica si faceva gratis e potevano permettersela solo i ricchi. L’atmosfera è quella delle stanze del potere e degli intrighi ma senza le odierne narrazioni in stile Suburra, con tamarri e killer analfabeti. Qui signori, regna lo Stile.

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Non vogliamo essere banali svelando la trama del romanzo, per quella vi lasciamo il divertimento di pagine che volano una dietro l’altra. Basti sapere che, citando stralci interi del Corriere dell’epoca e reportage di Guelfo Civilini, si racconta la vicenda dell’onorevole Chiesa che mosse un’interrogazione parlamentare a cui il governo non rispose. Chiesa aveva saputo che Eleonora Füssli, vedova dell’industriale milionario Siemens, austriaca residente a Roma, aveva rapporti intimi con alti generali dell’esercito e si vociferava fosse una spia del suo governo. Una cosa è certa, le piacevano i generali e non i panettieri, ma vogliamo fargliene una colpa? Chiesa, che amava menare le mani, in una seduta infuocata in parlamento con un alto militare insinuò e usò parole forti nei confronti della vedova Siemens e del suo ruolo, infangando secondo alcuni l'esercito. Fu abbastanza per raccimolare cinque richieste di duello. con la spada o la sciabola, che non aveva mai usato. Chiesa era un ometto grasso, flaccido, a cui il maestro di scherma quasi ride in faccia una volta che lo vede ma che grazie a quei duelli, magistralmente gestiti, accrebbe il suo status sociale e il suo gradimento.

Dell’Arti riesce a fare una lezione di storia contemporanea e di stile senza essere mai ridonante, senza essere noto alle masse come Alessandro Barbero ma ancora più spassoso, solo raccontando e intrecciando ad arte gli eventi. Spero solo che non mi sfidi a duello per avergli dato del matto, poiché io a un duello non mi presenterei mai. Sono figlio del mio tempo, una consapevolezza ulteriore che devo a questo romanzo.

 

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