Sei anni. Sei lunghi fottutissimi anni in cui è successo di tutto. Dopo la pubblicazione del non memorabile Rock or Bust, era il 2014, sembrava scritta davvero la parola fine nella storia degli AC/DC. Troppi pezzi si stavano perdendo per strada: Phil Rudd, il batterista, durante il tour dell’album venne accusato di tentato omicidio e trovato possesso di troppe sostanze illecite. Arrestato dalla polizia neozelandese, si è fatto tre anni ai domiciliari. Intanto a Brian Johnson, la voce incredibile che aveva preso il posto di Bon Scott dopo la morte improvvisa, è stata diagnosticata una grave forma di sordità. Messo da parte senza troppi giri di parole e sostituito da Axl Rose per le ultime date live. Per carità, una soluzione mediaticamente molto interessante ma davvero improbabile che un Gunners possa cantare come uno degli AC/DC.
Il 17 novembre 2017 poteva essere il giorno del de profundis. Malcom Young finisce la sua esistenza su questa terra, ucciso dal cancro ai polmoni, dal cuore malato a cui si è aggiunta la demenza senile. Aveva 64 anni e insieme al fratello Angus era stato il fondatore della band più popolare nella storia dell’hard rock. Magari non innovativa, non sperimentale, addirittura classica e sempre capace di tirare fuori pezzi che ormai si studiano a scuola.
Poi, in questo terribile 2020 abbiamo “festeggiato” i 40 anni di Back in Black, il loro capolavoro, il disco della consacrazione anche oltre il mondo degli appassionati di hard e metal. Dopo ne sono venuti altri, ma l’album nero resta il vertice di una carriera certo incredibile ma che si è dovuta far largo tra lutti e disgrazie. Altrimenti non sarebbe rock and roll.
Oh, stiamo parlando di gente con una certa età: Brian Johnson è del 1947, Angus del 1955, Steve Young, il “nipote” che è entrato in famiglia al posto di Malcom è del 1957, Cliff Williams del 1949 e il “figliol” prodigo Phil Rudd del 1954. E pensare che si chiamano Young, giovani (come Neil Young, altro mito, 76 anni pochi giorni fa). Il rock è roba da vecchi e meno male.
Tornando a loro, agli AC/CD questa formazione ha tirato fuori un altro disco che gli appassionati attendevano senza contarci troppo. Esce oggi Power Up, o più semplicemente PWR/UP, sedicesimo album in studio anticipato alcune settimane fa dal singolo Shot in the Dark che vuol dire lo sparo nel buio e raramente titolo fu più adatto ai tempi in cui sopravviviamo. Fan e collezionisti già sanno che sono in distribuzione (nei pochi negozi rimasti aperti e ovviamente in rete) due versioni deluxe: la prima costa quasi 60 euro ed è confezionata in un box che si illumina e si ricarica attraverso una chiavetta usb, mentre il vinile sui 25 la la copertina traslucida come l’album precedente.
Resta da dire che Power Up è un buon disco nel solco anzi nei solchi della tradizione, molto meglio dei lavori precedenti. 12 brani per oltre 40 minuti di musica, alcuni destinati a diventare dei classici come l’incipit di Realize, il singolo citato, No Man’s Land (il più pezzo blues) e Systems Down. Il tutto ovviamente dedicato alla memoria di Malcom che sta suonando le campane, laggiù dall’inferno. E per noi che siamo ancora su questa terra è davvero un giorno di festa.
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