Quella di Gloria Campaner è una vita consacrata ai tasti bianchi e neri del pianoforte, che l'hanno eletta pianista e concertista di fama internazionale, nonché tra le più talentuose della sua generazione. Una combinazione inarrestabile dai palchi prestigiosi (dalla Carnegie Hall di New York alla Kioi Hall di Tokyo) alle collaborazioni più disparate, con protagonisti della classifica, del jazz, dell'elettronica, ma anche della danza contemporanea e scultura, fino a creare una tale simbiosi con l'arte da ideare C#/SeeSharp, un laboratorio che aiuta i giovani musicisti a non trascurare la propria vita emotiva. La contattiamo per un'intensa intervista, che spazia dagli inediti progetti, quindi il disco dedicato a Beethoven e Fiesta (festival culturale), a riflessioni legate alle donne ai vertici, in numero ancora carente, e non solo in ambito musicale. "Una tradizione culturale dura a morire", come insegnano le scelte di Elisabetta Franchi. Senza dimenticare il solito cliché che accompagna la bellezza femminile, un ostacolo per affermare la propria credibilità.
Il suo è un esordio precoce: le mani sul pianoforte già a quattro anni, oggi pianista di fama internazionale. Cosa succede durante?
È la storia di una vita, di una giovane donna accompagnata da questa urgenza artistica sin da bambina. Un percorso di crescita in cui succede di tutto. Tanti successi, ma anche ostacoli e cadute. Bisogna sempre ricordarsi che proprio quest’ultime servono a diventare la persona che sarai. La musica mi ha dato la possibilità di conoscere quello che ho dentro e fuori di me. Incontrare artisti di ogni settore è una possibilità importante come essere umano.
Lo scorso anno (giugno 2021) è uscito il suo ultimo lavoro, dedicato ai 24 Preludi di Chopin (Warner Music). Adesso cos’ha in cantiere?
Posso annunciare con gioia che è in cantiere un disco dedicato a Beethoven, per Sony Music. Quindi un omaggio a un gran compositore, anche rock e attuale. Parlo di rock perché ne sono appassionata. Il ritmo m’interessa molto, perché mi fa proprio vivere la musica. Non a caso da adolescente ero parte di una band di musica ska. E poi c’è Fiesta, la realizzazione di un sogno. Un festival culturale ideato con Alessandra Pellegrini, accompagnato da quattro parole: arte, silenzi, emozioni, natura. Si terrà a Villa Carlotta, scenario ideale sul lago di Como. Si tratta di un evento creativo in cui artisti e spettatori parteciperanno insieme, condividendo sapere, interessi, sensibilità, alternando momenti di formazione artistica all’ascolto della natura. Volevo, insomma, che il pubblico non fosse relegato al solito ruolo passivo, ma che fosse realmente partecipe.
Il passaggio alla Sony è una separazione consensuale dalla Warner?
È solamente un caso, essendo un live da Roma che vede coinvolta orchestra e produzione, in accordo con Sony. Registrato nello stesso anno in cui è uscito il mio disco su Chopin, quindi… Ma sono fedele e felice della mia collaborazione con Warner, anche se non ho un contratto in esclusiva.
Invece, in occasione dell’evento in Senato (scorso marzo) si è chiesta: “Il futuro è donna?”. Non crede che le donne siano ancora poche, anche in ambito musicale?
Più che una domanda dovrebbe essere una riflessione. Spero in un futuro di parità e eguaglianza, nella società in generale. Il cielo della musica è pieno di eredi femminili, e sono anche onorata di farne parte. Le icone non mancano, da Madonna a Maria Callas. Quello che manca è la carenza di donne ai vertici, e non solo musicalmente parlando. Dove i direttori dei principali teatri, rettori universitari, sono soprattutto uomini. E’ tempo di cambiare questi retaggi: solo tre donne su dieci occupano posizioni dirigenziali. I numeri sono schiaccianti.
Perché fatichiamo per la leadership?
Non è solo questione di faticare il doppio. E’una tradizione culturale dura a morire, schemi in cui le donne si trovano a dover giocare, seguendo regole pensate da uomini.
Beatrice Venezi ha ammesso: “Essere bella è un problema”. Per lei lo è stato?
Beatrice è un’amica e musicista che stimo molto. Ebbene, resiste questo cliché un po’ banale. Una donna di bell’aspetto deve faticare maggiormente per dimostrare che è anche intelligente, talentuosa, credibile. Non dimentichiamoci che viviamo in una società che dà un valore sproporzionato all’estetica, anche stereotipando i parametri di bellezza. Spero che nei miei riguardi siano andati oltre lo specchio, ma sicuramente c’è stato un momento, nel corso della mia carriera, in cui ho avvertito il disagio di dover dimostrare che non possedevo soltanto un aspetto gradevole.
C’è invidia tra donne?
La mia esistenza è arricchita di donne straordinarie, a partire dalla mia famiglia, di natura matriarcale. La mia insegnante di musica, quando vivevo in Germania era donna. Insomma, ho incontrato tanti modelli di vita femminili. Ma manca proprio questo, vedere questa rete come un mandala, dove ognuno rappresenta un colore, una forma, un’energia. Nei miei confronti i sentimenti d’invidia non sono stati forti, ma è innegabile che esistano. Io sono, però, dalla parte di chi crede nella solidarietà femminile.
Tra i suoi tanti progetti, un laboratorio dedicato ai giovani, per vincere la paura del palco. Di cosa si tratta?
Da diversi anni mi dedico con passione allo sviluppo di questo laboratorio – sfociato poi in Fiesta – una palestra per allenare l’emotività, concedersi il diritto di avere paura, e cambiare anche l’energia che c’è nella paura stessa, che può diventare uno strumento espressivo molto forte. Personalmente ho avuto molti problemi con questo bagaglio di emozioni che accompagnano la vita di ogni giovane artista. Spesso ci sentiamo incapaci di gestirle, ma riuscirci è possibile con l’allenamento. Il mondo accademico si concentra molto sulla tecnica, ma poco sull’aspetto emotivo, che invece è di enorme importanza, e se non sorretto nel modo migliore può portare anche ad abbandonare la passione per lo strumento.
A proposito di paura, di recente ne ha vissuta una importante, legata alla malattia (leucemia) del suo compagno (Baricco). Come l’ha affrontata?
Posso dire, adesso, di averla vissuta nel modo migliore possibile, nella consapevolezza e fiducia. Ora che le cose vanno meglio per Alessandro, posso anche concedermi la possibilità di dedicarmi ai miei progetti, alla mia musica. Situazioni che avevo accantonato volutamente. È stato un capitolo difficile, non avrei potuto combinare al resto anche le emozioni forti della musica.
Invece, le sue paure sul palco?
Partirei da una paura che credo valga un po’ per tutti. Quella legata agli attacchi continui che subisce chi lavora nello spettacolo. Noi non siamo attaccati fisicamente sul palco, ma giudicati continuamente, dai media, dal pubblico. Quindi evito accuratamente di leggere commenti negativi, facilitata dal fatto di non essere così famosa da diventare un quotidiano bersaglio, come tanti altri. Poi, essendo spesso una solista in scena, avverto anche una responsabilità di un certo tipo. E aggiungo anche un timore particolare, e tutto personale, ossia quello legato al freddo. Ho sempre il terrore che si stacchi il riscaldamento, che non sia sufficientemente riscaldato il teatro, per questo sono sempre accompagnata da uno scaldino elettrico, per riscaldare le mani. È l’ultima cosa che lascio prima di salire sul palco!
Ama leggere? I suoi libri preferiti e quelli che predilige scritti dal suo compagno?
Assolutamente, amo molto leggere. Il mio libro preferito, e da tanti anni, è “La montagna incantata” di Thomas Mann. Invece scritti da Alessandro, “Emmaus” e “Tre volte all'alba”.
E' veneziana, ma vive a Torino. È pronta per l’Eurovision o non le interessa come manifestazione?
Ma io non sono una bacchettona di musica classica (ride). Per tutta la vita ho cercato di ascoltare di tutto e di più. Sono felice che sia qui, e spero sia un momento di rinascita per il nostro Paese. E proprio in quei giorni sarò impegnata in una performance molto particolare al Mao di Torino, accanto all’esposizione “Il Grande Vuoto. Un’installazione sonora, che poi sarà permanente, ed eseguita per musica elettronica e pianoforte. Quindi la parte pianistica sarà affidata a me. La cosa singolare è che le esposizioni si ripeteranno in loop da venti minuti. Dopo aver suonato in tanti teatri, è un’esperienza nuova anche per me.