Dell’intervista a Elisabetta Franchi, in un evento del quotidiano Il Foglio, fa schifo tutto. Quello che dice, come lo dice, chi la intervista, come la intervista, la platea, i modi, i linguaggi, i risolini. Tutto. L’ho guardata più volte e fa schifo pure l’introduzione della giornalista, Fabiana Giacomotti, che esordisce dicendo che si era svegliata con 150 follower in più solo perché era stata menzionata in una storia della Franchi stessa. E quindi? Che roba da boomer senza manco rendersi conto che sei boomer, che roba inutile vantarsi dei follower, rincorrerli, utilizzarli come metro di giudizio. Ma la parte forte arriva dopo.
Arriva quando la Franchi sostiene delle cose che pensano molti imprenditori ma che non direbbero mai. E cioè che assumere donne o puntare sulle donne è controproducente. Peccato che, da donna e da imprenditrice (no, da imprenditore, è lei che preferisce definirsi così), non picchia duro sugli aspetti che potrebbero far cambiare questa mentalità, tipo istituire fondi seri per coprire le spese degli asilo nido o parificare il congedo di paternità a quello di maternità o dare assegni sostanziosi per la nascita di ogni figlio o creare spazi aziendali dove lasciare i figli mentre i genitori sono in ufficio. No. Lei se la risolve molto più facilmente. Dicendo con tono sprezzante che assume solo donne oltre gli anta, cosi hanno già figliato, si sono già sposate, e magari si sono pure già separate e possono lavorare senza problemi 24 ore su 24. Dice questo, la Franchi.
E aggiunge che per gli incarichi delicati anche lei si affida e si è affidata più agli uomini. Che i figli se li è fatti lei, lo ha deciso e non se ne pente (ma pensa…), che li vede addirittura nel weekend (addirittura), che lei la sera li ha partoriti e due giorni dopo, con i punti in pancia, era già al lavoro (cazzata smentita dalle foto sul suo profilo, ma dare l’immagine della wonderwoman rende tutto più macho), e che gli uomini dovrebbero aiutare di più le donne ma che invece sono dei bambinoni (il marito, Carlo Capasa, altro stilista, se la rideva: beato lui).
La Giacomotti che la intervistava non solo non replicava, ma la incensava e rideva alle sue battute. Fa schifo tutto anche per questo. Fa schifo perché non hanno capito, le Franchi e le Giacomotti, che l’emancipazione della donna non si gioca solo sul piano del lavoro e della carriera, perché si esalta un modello di vita dove conta solo la performance oltre ogni modo, non gli affetti, non l’educazione: solo la performance. Fa schifo perché passa il messaggio che avere una vita privata, dedicarsi ai figli, anche solo a farsi i sacrosanti cazzi propri sia un problema, qualcosa per cui sentirsi in colpa, fa schifo perché col suo atteggiamento da fenomena e snob dimostra, la Franchi, di non avere idea di come sia la vita per chi non ha i suoi mezzi e le sue possibilità. Fa schifo perché elenca una serie di luoghi comuni (anche sui padri, sì), perché quelli e quelle come lei sono i primi a lamentarsi del provincialismo italiano quando, invece, la peggiore italianità la rappresentano con i loro discorsi e con la reazione di accondiscendenza che il pubblico ha riservato alle frasi citate.
Mi resta giusto qualche domanda: il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, ha qualcosa da dire? Dove sono tutti i giornalisti che si scandalizzavano per l’intervista a Lavrov?
Non è che siccome Elisabetta Franchi è un loro investitore ora preferiscono stare in silenzio? Sarebbe bello saperlo, così come sarebbe bello, ora, affrontare seriamente quei temi che non permettono alle donne di essere alla pari di un uomo nel lavoro e che addirittura penalizzano chi ha i figli rispetto a chi non li ha. Perché è questo il punto. Ma qualcosa mi dice che non succederà.