Ieri sera sono stato ospite di Zona Bianca, programma di Rete 4. E quando ho sentito per l’ennesima volta che l’Ucraina è un Paese da denazificare non ce l’ho fatta. Propaganda. Se usiamo una minoranza della minoranza per giustificare una guerra allora perché non invadiamo anche l’Italia e non bombardiamo chessò Roma, Milano, Firenze, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari perché c’è ancora chi fa il saluto romano, c’è ancora un 4-2-1,5 percento di nostalgici del fascismo, perché nel governo c’è qualcuno che in passato ha avuto posizioni di estrema destra o perché nel nostro Paese ci sono episodi di razzismo? Ma per favore. In Ucraina, escluso il Donbass, si conduceva una vita che non so come altro definire se non normale. Tutto il resto è finanza, giochi di potere, guerra. Da una parte e dall’altra. Sulle spalle e sulla pelle della popolazione.
Sempre ieri è stata trasmessa un’anteprima di un’intervista che oggi pubblichiamo integrale su MOW. A un combattente che in passato ha difeso gli ucraini proprio in Donbass. Dice cose toste. Dice che gli ucraini non molleranno mai, perché dovrebbero? Se venisse qualcuno a invaderci in Italia noi lo faremmo? Ho i miei dubbi per come siamo messi ma alla fine credo di no. Dice che se non li fermiamo lì, presto cominceremo a sparare anche qui. Esagerato. Estremo. Ma parla di Europa come casa mia. Ora, capisco la fatica a riconoscere questa Europa da un punto di vista istituzionale ma stiamo parlando di altro, stiamo parlando di cose molto meno alte e più terra terra: della nostra casa, dei nostri affetti, dei nostri figli. Della nostra vita e del nostro stile di vita. Perché possiamo fare tutte le analisi che vogliamo, indagare le ingiustizie e gli errori commessi dagli Stati Uniti, prendercela con un politico piuttosto che con un altro, gridare al complotto, ed è giusto farlo, io mi sono preso del filo Putin, sì, perché se provi a farti qualche domanda in più questo succede, ma alla fine, andiamo all’essenza, voi rinuncereste mai alla libertà che abbiamo? È solo un’apparenza di libertà perché siamo controllati, influenzati, quello che volete? Be’ sticazzi, io ci penserei bene, signore e signori. Dovremmo essere disposti a combattere pur di difendere questa libertà.
Il pacifismo inteso come ideologia non mi ha mai convinto. Mi ha sempre annoiato. E poco importa se la maggioranza degli italiani è contro l’invio delle armi. Non siamo mai stati neutrali, siamo un Paese legato agli States, abbiamo quel tipo di cultura e di modello di vita. Non vi piace? Criticatelo, io sono il primo. Qui potete. Ma tant’è. Siete liberi, perché sì questa parola ha degli effetti concreti, di andare a vivere in Russia, in Cina o dove volete.
E poi se tutta questa situazione, dalla pandemia alla guerra, ha un merito è che ci sta mettendo davanti a cose serie. Ci sta - a chi più a chi meno - facendo capire che dobbiamo stare più attenti, essere più consapevoli, perdonare meno i nostri governanti, criticarli appunto, proprio in virtù e in onore di quella magica parola di cui sopra: la libertà. La critica è nobiltà. Il dissenso alimenta l’informazione. Ancora: qui questo può accadere. Ed è la nostra forza.
Sempre ieri, infatti e infine, Zona Bianca ha trasmesso la prima intervista a una tv europea di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, numero 2 di Putin. Ho letto delle cose allucinanti su Twitter. Tipo che il giornalista Giuseppe Brindisi che lo ha intervistato, solo per averlo fatto, doveva essere per forza assoggettato alla propaganda russa. Tipo, testuale, “che in guerra dare voce al nemico è tradimento”. Tipo che negli anni 40 “avrebbero intervistato anche i nazisti Göring o Mengele”. Ripeto una domanda che ho già fatto: che problemi abbiamo oggi con la realtà e il giornalismo? Da quando ascoltare chi non è d’accordo con noi è un danno e non un valore aggiunto? Da quando? Sostenere che denazificare l’Ucraina è una cazzata epocale e difendere il diritto di dare spazio a Lavrov sono in contraddizione? No. Se non capiamo questo facciamo un passo indietro e non avanti, rispetto a tutto quello che fino a oggi, dopo battaglie, infinite discussioni, morti e sacrifici, abbiamo raggiunto. Se ce lo dimentichiamo, abbiamo già perso.