Sono già due settimane che è uscito Greenlights, l'autobiografia di Matthew McConaughey scritto da lui in prima persona e che in Italia ha già riscosso un discreto successo. Per i feticisti dell'oggetto fisico: resterete soddisfatti. Il libro è bello, grande, copertina rigida, tante immagini all'interno a colorirne l'impaginazione. La caratteristica interessante sono gli appunti e i post-it in cui sono riportate delle mini lezioni di vita su ciò che l'autore impara nel corso dei suoi primi 50 anni.
Lascia poco adito a presunzioni, anche se di primo acchito può dare idea di essere vagamente egoriferito. Matthew nasce da una famiglia fortemente instabile, ma inspiegabilmente viene fuori sano ed equilibrato. Alcuni forse penseranno: "Mi ci rivedo!". Bene, lo scopo è questo. In poco sei catapultato nel vivo di una storia storia che va dall'Australia provinciale, sfigata, reale, diversa dall'ideale paradisiaco classico ai paeselli sperduti in Texas. Dall'anonima Austin ad Hollywood, passando anche per l'Africa e il Rio delle Amazzoni. Un eterno paradosso, la percezione di verità che permane fino alla fine, dai tempi in cui suo padre non lo vede come pari fin quando diventa un Vip e la gente lo ferma per strada. Non fai in tempo a pensare: "Impossibile!" che ti trovi schiaffato il suo ritratto in bianco e nero nella pagina dopo, testimonianza di veridicità di quelle assurde esperienze. Può non bastare ma, googlando i vari nomi, moglie e figli e film citati, tutto corrisponde ai tempi narrati. Tipo quando accenna al suo battersi il petto come rituale di rilassamento, gesto che è stato voluto da Leonardo di Caprio stesso in The Wolf of Wall Street. In quella fase stava dimagrendo per un altro film nel massimo momento di transizione, il film stesso lo mostra un'acciuga di 12 kg in meno. Sono una chicca quelle foto, oltre a sottolinearci che Matthew non è mai stato brutto neanche per sbaglio.
Le avventure scattano una dopo l'altra, si susseguono come un pacchetto di patatine al cinema. La storia intera si divide in due parti, Matthew pre-fama e post fama. Il primo umile, deciso, stabile, di valore, in conflitto. Il secondo pure. In entrambe mantiene la sua coerenza nel rimanere fedele a sé stesso, con cui è quasi perennemente in contatto salvo qualche scivolata. Per arrivare al suo obiettivo usa tutte le sue armi, senza escludere la bellezza. "Essere di buon aspetto non porta il pane, ma ti fa trovare un posto a tavola" cita. Ogni volta che ottiene qualcosa si ripete: "Ero al massimo della mia forma fisica", così tutti gli stereotipi politically correct del momento vanno a farsi benedire.
Per tutto il percorso del libro fa ciò che gli pare vivendo al massimo, è il capo di sé stesso, alla guida del suo volante. Anche quando decide di farsi condurre da qualcun altro. Raramente pianifica, è istinto e forza quando attraversa l'America e l'Europa per trovare sé stesso e allinearsi, in una costante lotta tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere. L'autostrada e il viaggio sono le metafore ricorrenti, nel viaggio vive impara e lavora, trova stabilità e indipendenza man mano che le fasi della vita si susseguono. Conflitto, paura, dubbio, sicurezza, arroganza, superstizione.
Gli appunti sono semplici ed efficaci. Centrati. Prima vive, poi scrive. Mai il contrario. Mai assolutista. Tutti collaudati, perfino il suggerimento di mangiare con le bacchette invece che con la forchetta; fare sempre le scale e fanculo gli ascensori; non importa avere ragione ma cercare di capirsi. Cose ovvie, no? E allora perché nessuno le mette in pratica? Considerazioni sparse: Greenlights come semafori verdi. Volendo essere critici, la metafora ci sta ed è azzeccata, anche se di "semafori verdi" forse lui ne incontra un po' troppi. I momenti di crisi ci sono, vero, ma tutto sommato la sfanga sempre. Chiude sempre il cerchio e trae ogni volta la sua ottima lezione da portare a casa (del resto non sarebbe McConaughey il figo ma un comune mortale come noi). Nella sua imperfezione resta perfetto. Non ha pretese autocelebrative, il tono modesto riesce a calibrare perfino la sua vittoria agli Oscar come miglior attore. Paraculaggine, astuzia, arrampicamenti sociali, abilità comunicative e di persuasione, poche ambiguità, l'integrità della persona che contrasta con una mentalità che ha basi delinquenti, da figlio di buona donna, che è quella dei suoi genitori. Dai lunghi periodi su di giri si ricrea raccogliendosi in riflessione, anni o anche mesi, riportandoci mentalmente al nostro periodo di Lockdown, che nomina alla fine.
Il passaggio da persona normale a super celebre è una metafora. Ci riconduce agli avvoltoi sociali che ci assalgono quando siamo al massimo della nostra energia. Spesso sono proprio le persone che non ci aspettiamo. Nel limbo che annega i nostri conflitti, chi siamo e chi vogliamo essere, come ottenere ciò che vogliamo, questo libro è una piccola zattera di salvataggio. Come in un'ottima commedia, abbiamo in questo contenuto tutti gli elementi che occorrono ad essere sbagliati ma perfetti, folli ma equilibrati. Come Matthew. Non voglio spoilerare troppo. E' un libro che vale la pena leggere, ancor più un buon regalo da fare a qualcuno a cui teniamo. Meglio essere associati a qualcosa di piacevole e migliorativo in fondo, piuttosto che al solito paio di mutande. No?