Sanremo non è Sanremo senza polemiche. A due settimane dall’inizio del Festival della canzone italiana la Lega ha gettato benzina sul calderone di madrine e co-conduttrici delle cinque serate che sconvolgeranno il mondo (almeno il nostro). Ornella Muti, Maria Chiara Giannetta, Lorena Cesarini, Sabrina Ferilli e, soprattutto, Drusilla Foer, quest’ultima la pietra del solito scandalo che lascia il tempo che trova, ma pone molte domande e alcune perplessità su cosa sia l’Italia durante i primi vagiti del 2022. “Non si potrebbe avere un normale papà?” domanda il senatore Simone Pillon. Così, dopo questa affermazione, abbiamo contattato Leo Gullotta, attore di lungo corso e riconosciute qualità artistiche, che già negli anni ’90 in Tv con Il Bagaglino interpretò il personaggio della signora Leonida e che in molti hanno segnalato nell’antesignana dell’attuale Drusilla Foer investita dalle polemiche. Ma l’accostamento non è così esatto, come ci ha tenuto a specificare lui stesso: “Non mi sento l’antesignano di nessuno. Si sente forse così Dustin Hoffman con Tootsie? L’attore in abiti femminili c’è sempre stato, dai secoli, sono cose differenti”. Nonostante ciò, crede che il collega (il vero nome è Gianluca Gori) abbia tutti i meriti per essere sul palco dell’Ariston: “Ne approfitto per dare un bel in bocca al lupo a questa straordinaria signora: brava, colta, elegante, che rispecchia perfettamente i nostri tempi e il gusto attuale”.
Gullotta, abbiamo pensato a lei in virtù del commento del senatore Simone Pillon sulla scelta di Drusilla Foer tra le madrine di Sanremo. Dagospia si è domandata come mai una scelta simile non fosse mai ricaduta su di lei o Maurizio Ferrini, che avete portato sugli schermi, rispettivamente, la signora Leonida e la signora Coriandoli.
Intanto erano tempi completamente diversi. Il pensiero del leghista Pillon è medievale. Io non intendo condividere o parlare dei pensieri di questo signore, non m’interessano, sono vecchi, è roba antica… è sempre la solita routine, il solito discorso. Ne approfitto dello spazio e della chiacchierata per dare un bel in bocca al lupo a questa straordinaria signora Drusilla: brava, colta, elegante, che rispecchia perfettamente i tempi e il gusto. Lo merita, e poi credo che la scelta di Amadeus di queste cinque donne sia stata una scelta per omaggiare ogni settore televisivo, dalla fiction a quella dell’informazione passando per la leggerezza. Voglio dare con piacere questa nota, il resto non m’interessa.
Cosa è cambiato dagli anni ‘90? Dalle quote rosa al gender-inclusive: sta davvero migliorando la televisione?
Ad esempio, per quanto riguarda il Quirinale per la prima volta sento della possibilità di avere un presidente della Repubblica donna. È il segnale che in tutti questi anni, dagli anni ‘90, qualcosa è arrivato, che c’è un pensiero diversificato. Intendiamoci, si deve fare ancora moltissimo però è arrivato, se ne parla in maniera diversa, evitando queste figure che spuntano e fanno questi discorsi retrogradi ancora su questo tema perché “allora lui, lei, l’altro”, ma sono passati trent’anni. Sono cambiate mille cose, il mondo è cambiato.
È passata una generazione…
È possibile che non si voglia guardare in avanti? Questa specie di solfa che puntualmente tira fuori coi soliti titoli, il dito puntato… questo odore di razzismo, che cosa vuol dire? Possibile che non ci sia uno sguardo verso il futuro, una miglioria e il rispetto per l’individuo?
Sembra nello spirito di quest’epoca guardarsi indietro con una nostalgia cancerogena. La tv di oggi e l’industria culturale sembrano vivere un conflitto tra futuro e passato, una schizofrenia...
Perché è spuntato fuori il blog, poi gli spazi su internet e sui social dove tutti devono dire la propria opinione. Va bene, purché sia fatto con civiltà, non che si va avanti a suon di personaggi che rimangono anonimi e si fanno forti con gli insulti, senza dimenticare le solite solfe. Quel signore non si è informato nemmeno bene, ha avuto dei nomi e dei cognomi e basta, va avanti così, senza informarsi.
Simone Pillon ha dichiarato che vorrebbe vedere a Sanremo il padre di famiglia, magari di stampo conservatore. Di solito quando qualcuno parla così penso sempre al film The War Zone dove il padre di famiglia aveva un rapporto incestuoso con la figlia…
Esatto! Non so poi cosa intende, credo che nella vita il valore sta nell’essere umano, nel suo valore verso la vita, nel saperla guardare, nell’essere capace di dire “Buongiorno” con un sorriso. Ecco, con questi attacchi desueti, fasulli, finti… Basta! Che provi a guardare Drusilla nelle cose che fa, nel suo lavoro, così da capire che la nota di questo signore non ha valore. Assolutamente, come sempre, una solfa che abbiamo sentito troppe volte.
Le piace Drusilla Foer?
Drusilla lo merita. È il gusto, ha una misura, completamente differente dal trash che si raccontava nella rappresentazione di quel momento, negli anni ’90. Oggi è lei lo specchio, ma di cultura e di eleganza.
È l’eroina che ci serve?
È una figura che apprezzo, che stimo, di cui ho osservato il lavoro. Non lo sa fare bene, lo fa benissimo! Quindi da parte mia mille e mille in bocca al lupo. Con tutto il cuore. Non solo a lei, anche alle altre quattro madrine.
Lei con la signora Leonida si sente l’antesignano di Drusilla?
No, sono due cose completamente differenti, lontanissime. Non mi sento l’antesignano di nessuno. Si sente forse così Dustin Hoffman con Tootsie? L’attore in abiti femminili c’è sempre stato, dai secoli, sono cose differenti: tagli di rappresentazione, offerte di personaggi che si collocano in diverse zone di racconto.
Perché allora nel 2022 l’Italia s’indigna ancora?
È la figura di un attore all’interno di un racconto televisivo, in un fumetto televisivo, in vignette televisive. Si raccontava la nota di una famiglia di allora che voleva assolutamente rappresentarsi nel trash più completo. Si guardava di più al boom dell’esplosione televisiva, politica, spesso nel racconto di quella famiglia veniva fuori in quel modo. Non c’è nulla di strano, è il mestiere. Invece qua puntualmente se ne escono con le solite dichiarazioni. Se alcuni guardassero un attimo l’oggi, il mondo presente.
Lei pensa che fare satira ormai sia l’equivalente di giocare a campana su un campo minato?
La satira oggi, come l’umorismo, è difficilissima da fare. Negli anni ‘90 c’era una componente professionale molto alta, dal punto di vista umoristico, satirico, prima la professionalità era tanta. Mi fermo alla preparazione di Antonio Albanese, di Maurizio Crozza, di Valerio Lundini, ma non oltre. Per tutto il resto siamo alla battutaccia a ogni costo.
Nel 2022 molti influencer e sostenitori della inclusività sostengono di informarsi sul web, in particolar modo su Instagram. Cosa possiamo aspettarci quando le battaglie per i diritti civili vengono affrontate a suon di hashtag e trend?
Innanzitutto, il web ha creato fazioni gratuite, senza senso e preparazione. Un po’ come i no vax di oggi, no? Frasi fatte, di persone che non sanno e non vogliono sapere e insistono continuamente su principi che non stanno né in cielo né in terra, questo al di là del fatto che possono esserci no vax dove la paura fa da protagonista assoluta, ma questo è un altro discorso. Protagonisti a tutti i costi, sempre, in qualsiasi angoletto, in modo gratuito e insulti gratuiti. Tutti si sentono in grado di giudicare senza sapere nulla. Questa è la tristezza dell’oggi. Personalmente cerco di leggere, di seguire cose che possano arricchirmi culturalmente.
Per come è strutturato il web c’è comunque un risvolto positivo, Drusilla è tra le cose buone emerse dalla rete...
Io guardo quello che fa lei, il suo lavoro, non bisogna guardare la sua vita privata. Se fa un lavoro buono, e lei lo fa egregiamente, chapeau. La verità è che oggi neanche i politici fanno bene il loro lavoro, con qualità alta e una professionalità rispettabile. Basti pensare al 2000: lei si immagina quei tempi dove il cittadino era costretto a leggere ovunque che la proposta di Berlusconi era ponderata? È imbarazzante solo a pensarlo. Non capisco come siamo arrivati a questo punto. Oggi invece c’è l’ufficialità su tutti i mezzi di informazione. E la figura morale? Ci sono state le esequie di uomo straordinario, prima che politico, che era David Sassoli, una persona perbene, tutti giustamente a spendere su di lui belle parole e l’indomani, però, devo leggere che danno lo stesso spessore morale a Berlusconi. Stiamo scherzando?
C’è tanta differenza tra ieri e oggi nel modo in cui si selezionano gli artisti?
Prima la professionalità era altissima e valeva per ogni settore. La scuola manca e la pandemia ci ha costretti ad affrontare le mancanze della politica, dalla sanità all’istruzione. I giovani sempre in secondo piano, lo stato di emergenza della pandemia li ha abbandonati. Il post pandemia ci deve portare a ragionare e a porci in altri termini, ci deve portare nel futuro. Rifare le stesse cose del prima è un giro a vuoto. Lo stare insieme deve tornare. La parola insieme disturba, sempre, ormai bisogna essere protagonisti isolati. Da soli non si va da nessuna parte.
Non c’è una memoria collettiva da cui partire se ogni slancio comunitario ha la durata di una storia social.
Campano alla giornata.
È passata, mesi fa, la tagliola per il Ddl Zan. Crede che la legge sia morta o c’è ancora un lungo cammino davanti come per la legge sulle Unioni civili?
La legge sulle Unioni civili si è fatta e si deve fare ancora tanto. L’amore non ha genere, due persone che si amano sono famiglia. Un concetto detto e ridetto.
Assurdo essere costretti a ripetere le basi, ormai viviamo nel mondo dei contrari.
Proprio così. Se vuoi essere un cittadino civile ormai, da un po’ di tempo, esci fuori e qualcuno ti dà uno schiaffo e non sai chi è stato, e ne ricevi tanti di schiaffi durante il giorno.
Tutte le etichette di oggi rappresentano il progresso o un modo per separare ancora il diverso dagli altri?
La diversità colpisce moltissimo. Il vivere insieme disturba e l’importante si riduce a costruire steccati, non a caso negli anni si è visto il discorso dei muri, vedi la Bielorussia coi migranti. Tutto questo non so come faccia a trovare molte persone indifferenti, è un discorso comune, umanitario, globale.
Il linguaggio inclusivo non rischia di mettere ulteriori paletti?
La destra ci ha detto una cosa importante, l’episodio di Capitol Hill non è un episodio isolato, momentaneo, l’assalto alla Cgil non è un fatterello passeggero. Non bisogna stare solo molto attenti, ma in guardia, perché quei movimenti lì non sono finiti, non sono un fuoco di paglia, continua a covare. Bisogna lavorare molto in questo senso, moltissimo.
È sintomatico di un periodo di incredibile frustrazione, non a caso la pandemia ha peggiorato la situazione.
Usa una parola giusta, frustrazione, altrimenti non ci sarebbero pagine e siti che diffondono cose scellerate, è la necessita di sfogare quella stessa frustrazione e rimanere protagonisti. Se ne può parlare ma con termini e modi diversi. Non con certe manifestazioni in piazza che si avvalgono di violenza verbale e fisica, anche aggredendo giornalisti che fanno il loro lavoro. Non riesco a seguirlo, vuol dire che c’è una perdizione di fondo.
Non c’è un ricambio generazionale? Non ci sono più figure di riferimento morale?
I giovani sono, secondo me, l’elemento più interessante. Bisogna stargli vicino, non lasciarli disperdere, in questo modo c’è una dispersione imbarazzante e loro sono già pronti a intervenire. Tanto è vero che non hanno paletti. Loro sono più maturi dei grandi. In questo momento di pandemia i bambini sono più assennati dei genitori: usano la mascherina, si igienizzano, seguono il senso comune. Da questo punto di vista non hanno filtri. Un bambino che cresce in un ambiente chiuso, con genitori che non comunicano rischia di avere delle mancanze. Bisogna stare accanto ai giovani.
Lei ha degli eredi dal punto di vista artistico?
No, non penso. Lavoro, da poco ho compiuto 76 anni, e nonostante siano passati 54-55 anni conservo sempre un amore e un meraviglioso entusiasmo verso il mio lavoro, verso la vita coi pro e contro, cercando un filo di Arianna ogni volta. Lavoro serenamente, d’altronde “del domani non v’è certezza”, bisogna esser-ci, starci. Ecco, in questo momento che c’è una crisi, tanta paura, ma la voglia delle persone di uscire, di stare insieme e i cinema e i teatri sono un luogo sicuro grazie al protocollo Covid. Non abbiate paura: uscite, il teatro vi aiuta, col cinema si vola. Questa coperta in una sala cinematografica che a poco a poco si illumina e ti si stende addosso, arriva e ti fa fare meravigliosi sogni, paure e riflessioni che non hai mai avuto. Stessa cosa dicasi degli spettacoli teatrali, dove accade tutto in quel momento, in quell’attimo ti stimola, ti pone dei quesiti.
Dove potremo vederla prossimamente?
Al momento sto girando uno spettacolo teatrale per tutta Italia fino ad aprile, finalmente ripreso dopo lo stop di due anni fa, è un meraviglioso racconto di Herman Melville “Bartleby lo scrivano”, ed è un personaggio che per tutto l’arco della vicenda non fa che ripetere a chiunque gli si avvicina: “Preferirei di no”, ed è la frase che io continuo a dire in riferimento a un certo signore e alle sue dichiarazioni arcaiche.
Se lei potesse imbottigliare un consiglio e darlo ai giovani quale sarebbe?
Andate, andate ovunque, siate curiosi della vita, guardatevi attorno. Attingete dallo spettacolo, dal film, dai libri che vi possono stimolare. Ci sono opere meravigliose in giro, prendete e osservate. Evitate il superficiale.