L'ignoranza è una cosa bellissima. Io non sapevo niente di fisica e di quantistica, niente di Carlo Rovelli né avevo mai letto un suo libro. In un colpo solo, leggendo Buchi bianchi, ho riparato a tre mancanze. Ci sono cose di un libro che ti fanno capire che deve essere tuo: il titolo, la copertina, una sensazione tattile. Buchi bianchi mi ha chiamato. Ero al mare. Il cielo era splendido. I colori della copertina si abbinavano perfettamente, ho alzato il libro verso l'alto e ho scattato. Senza sapere che proprio lì puntava il contenuto di quello che stavo per leggere. Buchi bianchi parla soprattutto di buchi neri ed è un libro incredibile. Perché ti spiega cose che tu ritieni complicatissime con una semplicità disarmante. Ti porta a passeggio nella meraviglia. Carlo Rovelli è uno dei più grandi scienziati al mondo ma sembra di leggere Calvino, a volte, Don Winslow, altre. Lo ringrazierete ogni singola pagina, vi ringrazierete da soli di averlo comprato, scoprirete storie fantastiche come quella di Karl Jansky, operatore telefonico della Bell, che nel 1928 studiando i rumori che disturbano le comunicazioni radio ne scopre uno che cambia intensità ogni 23 ore e 56 minuti: è il fischio di una stella che sta diventando un buco nero (sì, un buco nero è una stella che collassa su sé stessa). Questo libro è incredibile anche e soprattutto per altri svariati motivi: perché ti parla dell'animo umano e ti dice che gli uomini migliori (lui dice gli scienziati, per la verità) sono quelli che si ricredono spesso e che a muoverci è lo spirito dell'andare a vedere cosa c'è oltre, ciò che ha mosso l'umanità e i grandi dell'umanità, Keplero, per esempio. È incredibile perché ti fa capire che non esiste un campo del sapere scollegato a un altro: "La scoperta rinascimentale della prospettiva è anche la scoperta generale dell'aspetto prospettico della realtà. Se tutto ciò a cui accediamo è prospettico, noi non possiamo arrivare a una verità universale e assoluta. L'impossibilità di accedere all'assoluto è la sorgente della nostra melanconia". Sentite quanta verità in così poche righe? La scienza serve per aprire squarci sull'infinito, non per richiuderli, come molti pensano.
Ma d'altronde le credenze sono difficili da estirpare; abbiamo capito che la terra è rotonda e sospesa nel vuoto nel VI secolo avanti Cristo con Anassimandro, abbiamo capito che si muove mezzo millennio fa con Copernico, Keplero e Galileo e a prima vista queste sono idee assurde, digerirle è stato faticoso, ci abbiamo messo molto tempo. Ma è proprio questo ciò che ci insegna Rovelli: "La difficoltà non è tanto imparare quanto disimparare... ma è la capacità di cambiare i nostri pensieri che ci permette un salto in avanti". Buchi bianchi è incredibile perché è un viaggio alla frontiera e dello spazio e del tempo e anche qui con una semplicità illuminante ci risponde al motivo per cui ricordiamo ciò che succede ieri e non ciò che succede domani e la spiegazione sta nella rottura dell'equilibrio per trovarne un altro: "In un universo in equilibrio nessun fenomeno ci permetterebbe di distinguere il passato dal futuro. Non potremmo dire in che direzione va il tempo e non ci sarebbero nemmeno i nostri pensieri. Non avremmo sensi perché i sensi registrano, cioè sono memorie. Non potremmo ascoltare musica perché la musica esiste nella nostra testa in quanto ricordiamo le note precedenti. Per pensare è necessario il disequilibrio perché è il nostro pensiero a essere un fenomeno irreversibile. Il nostro pensiero è figlio dell'orientazione del tempo". Senza il tempo insomma non esisteremmo. E ricordiamo perché attraverso le nostre decisioni e ciò che ci succede spezziamo costantemente equilibri. È così semplice da sembrare banale.
Ed è così incredibile questo libro perché parlando di buchi bianchi, una cosa che ancora scientificamente non è stata certificata ma che Rovelli e altri scienziati hanno già capito che esiste - sono il "rimbalzo" dei buchi neri, e quando ne escono diventano come dei pezzettini di capelli che fluttuano nel cielo ("gli astronomi hanno da tempo osservato che l'universo pullula di una misteriosa polvere invisibile, è chiamata la materia oscura") - parlando di queste cose dicevo ti sintetizza sempre con una chiarezza magnifica il senso della vita: "Il voler andare a vedere è la nostra natura. Chiamarla curiosità è riduttivo: è il nostro naturale andare verso le cose perché le cose sono ciò che siamo noi". Ciò che mettiamo di noi dentro ciò che facciamo. "Ciò che facciamo è la via per essere in relazione con la realtà". Perché noi questo siamo, un intreccio di correlazioni tra un prima e un dopo, tra noi e il mondo: energia. Ché se c'è una cosa certa è che fin quando esisteremo non smetteremo mai di imparare. Anzi, di disimparare. E di andare a vedere. Ha ragione Rovelli: la nostra natura - e capirlo è sommamente liberatorio - è andare verso ciò che siamo. Il senso della vita è realizzarsi.