Spiace che ai David di Donatello, nonostante le ultime direttive sulla inclusività emanate dalla Mecca del Cinema, Hollywood, a presentare la serata della premiazione ci sia un uomo che si finge una donna e un uomo di colore che si finge un bianco, retaggio di un epoca patriarcale e razzista. In Italia, evidentemente, non ci fidiamo ancora delle donne e degli italoafricani. È vero anche che in Italia ci fidiamo poco degli attori, infatti facciamo recitare soltanto cani che si fingono attori, e però la giustificazione, stantìa, è sempre quella: “Non possiamo fare recitare le parti dei gay solo ai gay, le parti degli assassini soltanto agli assassini, le parti degli attori soltanto agli attori, si chiama recitazione”, stranamente le associazioni animaliste non sono mai intervenute sulla questione cani che recitano.
Comunque, mentre la storia di Drusilla Foer ha almeno grandi e maestosi precedenti, dal cabaret en travesti al film Victor Victoria, la vicenda di Ajeje Brazorf – questo il vero nome di Carlo Conti – rimanda alla memoria deportazione e segregazione e cotone. In una recentissima intervista a Urbanpost, Ajeje Brazorf/Carlo Conti si è addirittura dichiarato cieco: sono così colorito perché in quanto cieco da piccolo mi facevano mangiare molte carote, sono rimasto cieco, ma mi sono abbronzato”.
Tutti fanno finta di non vedere, ma la verità è che solo Ajeje/Carlo non li vede, mentre costringono un povero cieco di colore a fingersi un bianco vedente e privilegiato presentare una kermesse insieme a un uomo che si finge donna per premiare cani che si fingono attori. È come se Ray Charles si fingesse Mel Gibson presentando gli Oscar insieme a Caitlyn Jenner per rispettare i canoni di una pessima cultura oramai passata che voleva come conduttori un uomo bianco e una donna con un bel fisico. Vergogna!