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I libri più belli del secolo? Nella "contro classifica" al New York Times non ci sono Elena Ferrante o un Premio Strega, ma “Gomorra” di Saviano sì. Ma perché tutti dimenticano Carrère?

  • di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

24 luglio 2024

I libri più belli del secolo? Nella "contro classifica" al New York Times non ci sono Elena Ferrante o un Premio Strega, ma “Gomorra” di Saviano sì. Ma perché tutti dimenticano Carrère?
Il sito web Literaray Hub ha pubblicato la sua "Non-Boring List" di 71 libri "mancanti" in quella pubblicata dal New York Times. Il numero di italiani tra le pubblicazioni più importanti del 21esimo secolo sale a due, con la presenza in questa seconda lista di Roberto Saviano e del suo "Gomorra". Ma anche con questa lista si poteva fare di meglio...

di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

Tra i desideri irrealizzabili dei book-addicted c’è quello di riuscire a mettere tutti d’accordo sul proprio libro preferito. Era quindi abbastanza prevedibile che la lista dei 100 migliori libri dei primi 25 anni del 21 secolo del New York Times fosse criticata. Una lista che si potrebbe definire problematica sotto tantissimi punti di vista, tra super ego dei votanti (Stephen King che si autovota nella sua top 10) e la prima posizione de L’amica geniale di Elena Ferrante, definito “uno dei principali esempi della cosiddetta autofiction, una categoria che ha determinato la letteratura del XXI secolo”. Appunto, ha scritto bene il New York Times: "uno dei" principali esempi, non "il principale". In questa prospettiva, un dubbio sulla prima posizione viene. A notare alcune problematiche nella lista e nelle modalità di voto del New York Times è Literary Hub, sito letterario che ha voluto rispondere con una controllata, chiamata “A Non-Boring List” con 71 titoli. Una lista anticipata da una frecciatina alla scelta del NYT di creare una giuria composta da 503 americani tra romanzieri, scrittori di saggistica, poeti, critici e amanti dei libri (come Sarah Jessica Parker). A questo punto la lista si sarebbe dovuta chiamare: “I 100 migliori libri dei primi 25 anni del 21 secolo per 503 giurati americani”. 

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Come sottolineato da LitHub, con una frecciatina ancora più pesante al New York Times: “Alcune di queste omissioni potrebbero essere considerate scioccanti, ma è quello che succede quando si affida una cosa del genere al potere del consenso”. Ed effettivamente, nonostante nella lista di Literary Hub ci siano comunque ancora grandi assenti, la controlista va davvero ad aggiungere qualcosa in più. Non solo perché, finalmente, troviamo autori come David Foster Wallace (Considera l’aragosta), Hanya Yanagihara (Una vita come tante), Elif Batuman (L’idiota), Sally Rooney (Persone normali) e Ottessa Moshfegh (Nostalgia di un altro mondo), ma anche perché salgono a due i migliori libri del 21esimo secolo di italiani. Nella classifica di Lit Hub infatti troviamo Gomorra di Roberto Saviano. “Combinando giornalismo, memorie e letteratura, il libro di Saviano è un ritratto intimo di Napoli, una città in balia di corruzione, violenza e potere illecito. […] Saviano è nato a Napoli e il suo rapporto con la città fa sì che ogni storia e rivelazione sia personale”. Queste sono solo alcune delle considerazione fatte da James Folta, Staff Writer di Lit Hub, su Gomorra. Una sintesi ben fatta. Chiaramente, al di là dei meri gusti personali, nelle scelte entrano in gioco moltissimi fattori: dalle vendite (perché il denaro, comunque, comanda ancora sulla potenza della letteratura) alle capacità dello scrittore di adattarsi a un determinato genere, fino banalmente alla storia raccontata. Ovviamente, come sottolineato giustamente da Lit Hub, alcuni libri sarebbero rimasti fuori anche da questa lista. Ad essere assurdo, almeno per chi scrive, è l’assenza sia in questa controlista che in quella del New York Times di Emmanuel Carrère.
 

Emmanuel Carrère
Lo scrittore francese Emmanuel Carrère

Lo scrittore francese, che nel 2023 ha vinto il Premio Strega Europe con V13, è riuscito a raccontare non solo la strage del Bataclan e il successivo processo con grande lucidità, mescolando in maniera magistrale storia contemporanea e storie delle vittime e di chi è rimasto a piangerle e ricordarle, ma anche la sua di vita (con Yoga, ad esempio). È riuscito, con l’Avversario, a realizzare quello che dovrebbe essere un libro letto nelle scuole di giornalismo. Un perfetto esempio di scrittura super partes, cruda, diretta, ma mai senz’anima. Sulla produzione di Carrère si potrebbe parlare per ore, sottolineando come la sua sia una scrittura che riesce ad essere allo stesso tempo distaccata ma immersiva. Impossibile non empatizzare, sia positivamente che negativamente, con i protagonisti delle sue storie. Impossibile non riconoscergli di essere un autore in grado di trattare la non-fiction e il reportage con la stessa capacità di raccontare senza mai essere fuori posto (pur essendo una presenza ingombrante, questo va detto).  A questo punto chissà che non arrivi la contro-controlista ad aggiungere ancora nuovi titoli, fino ad arrivare ad una lista così lunga da ritrovarci a dire: ok, tutti i libri usciti nel 21esimo secolo sono i libri più belli del 21esimo secolo.

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