“I Mercenari 3 non è il film più bello della storia del cinema, ma non mi sento nemmeno di dire il contrario”. Questa frase purtroppo non è mai stata pronunciata da François Truffaut: tuttavia essendo lui morto prima dell’uscita di tale capolavoro, non possiamo nemmeno sostenere che pensasse diversamente. Quello sul quale siamo pronti a scommettere, però, è che il grande critico-regista-intellettuale francese nonché padre della Nouvelle Vague avrebbe amato i lunedì di Italia 1. Lui che ogni giorno era un giorno perduto se non si leggeva almeno un libro, se non si ascoltava un album e non si guardava un film, pensiamo che si sarebbe senz'altro leccato i baffi nel constatare la ricchezza dell'offerta di intrattenimento della rete Mediaset più spiritosa. Perché c'è quella dei talk show beceri, quella in cui la lacrima facile tende a trionfare e quella appunto con il logo a forma di rombo nella quale invece sembra ancora prevalere una qual certa spensieratezza. Leggerezza che ci attende sorniona immediatamente post weekend, a noi che non sappiamo mai in che modo si debba cominciare questa benedetta settimana ora che l'estate è alle spalle e non ci ricordiamo più come si fa a essere allegri a tutti i costi, a vivere su quella cresta dell'onda che ci ha travolto con miliardi di foto e post e video e dediche e pensieri in barche a vela o in case abbronzate calpestate da piedi abbronzati che tentano di raccontare benesseri veri o presunti.
Da questa malinconia di fine settembre-inizio ottobre, dove le casse dritte dei tormentoni estivi lasciano spazio alle tenere confessioni autunnali, puntuali giungono a salvarci le prime serate di Italia 1, appunto, che fanno piovere sulle tamerici dei nostri occhi stanchi di sonno blockbuster inverosimili e roboanti dai cast stellari, proprio come i Mercenari.
Film che diventano vere e proprie epopee che terminano solitamente intorno alle 3 di notte, allungati da spot di detergenti e creme antimicosi che interrompono in maniera del tutto inopportuna e casuale il flusso narrativo, proprio là dove sarebbe bene non perdersi nemmeno un grugnito di Sylvester Stallone o una frase laconica di Jason Statham, il quale dopo avere fatto brillare una città intera suggella l’esplosione con una eloquenza e un'ars retorica che ti fa pensare che accidenti questo è figo, invincibile e parla pure la lingua degli dei nel momento di massimo sforzo.
Si ringrazi per questo miracolo quel fiore all’occhiello italiano che è il “doppiaggese”, idioma inesistente che riesce a rendere una sceneggiatura scritta dallo stesso Stallone (che diciamocelo con quella faccia sveglia non sarebbe stato il compagno al quale avremmo chiesto di suggerirci la verifica alle elementari) comunque molto più credibile di Wesley Snipes che ordina una raffica di mitra con la voce di Pino Insegno invece che salutare la donna barbuta del mercante in fiera. E la settimana dopo, ecco Attacco al potere 2.
Eppure è confortevole crogiolarsi in questa sensazione che oscilla tra il desiderio di essere nel team dei mercenari sudati dalla mascella quadrata e al contempo ci fa benedire la comodità dei nostri divani, mentre sorseggiamo tisane alla curcuma con indosso il pigiama di Pluto, declinando la chiamata alle armi con scuse tipo no grazie questa sera il sicario in Armenia non posso farlo, avevo già in mente di preparare un risotto alla zucca alla mia ragazza, facciamo la settimana prossima, scusate ma sapete com’è.
Ché tanto con ogni probabilità non resisteremmo un nanosecondo nella straordinaria cagnara di questi pensionati ripieni di steroidi che fanno esplodere con il tritolo qualsiasi cosa gli capiti sotto mano, mentre sono legati a corde su pareti rocciose intenti a sparare con mitragliatori che solo per sollevarli occorre essere dei powerlifter professionisti, il tutto rimanendo agganciati con i denti ad un jeep guidata da un tizio bendato che derapando racconta di come abbia perduto i compagni della vecchia squadra in una missione suicida a Bengasi. Che poi tu non sai nemmeno dove sia, Bengasi, vedi che hai fatto bene a rifiutare l'arruolamento.
La meraviglia è che in questo luogo che è il lunedì di Italia 1 non siamo tenuti a saperlo. Quello che dobbiamo fare è soltanto abbandonarci in un’oasi di distrazione democratica che accoglie tutti a braccia aperte, che si tratti di sprovveduti spettatori o di Truffaut in erba, e che per qualche ora ci fa spalancare gli occhi davanti a questo cinema assolutamente inverosimile ma godurioso e rassicurante.
Cullati placidi da questa consapevolezza, in queste prime fresche sere d’autunno, scordiamo per un attimo l’impietoso confronto dei nostri bicipiti con quelli di Stallone e ammettiamo a noi stessi che, anche se non ci lanceremo mai da un elicottero in fiamme urlando frasi epiche come “quel bastardo ce l’ha fatta ancora!”, andrà comunque bene così.
Perché in fondo lo sappiamo bene tutti noi che sogniamo di vivere l’avventura: in certi casi ci basta sapere di poterla sognare.