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I Maneskin, l'Eurovision,
il calcio e il patriottismo
solo quando ci conviene

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

14 luglio 2021

I Maneskin, l'Eurovision, il calcio e il patriottismo solo quando ci conviene
Dalle vittorie di Sanremo all’Eurovision, erano stati sostenuti da tantissimi italiani. Anzi, erano diventati la band simbolo del riscatto italiano all’estero. Ma ora sono “artisti internazionali”, hanno cambiato manager – tagliando da un giorno all’altro quella che li ha portati al successo - hanno superato i Beatles come ascolti su Spotify e li veste Nick Cerioni, lo stesso stilista di Achille Lauro. E così, risulta impossibile, ad oggi, provare a visualizzare Damiano e soci davanti a una pizza senza che si prodighino in pose á la Zoolander denoartri. Thank you for being so not italian!

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

I Måneskin se ne restano zitti e boni. Non importa se la Nazionale trionfa agli Europei 2020 battendo ai rigori l’Inghilterra e portando a casa un titolo che non vincevamo da 53 anni. I Måneskin, appunto, se ne restano zitti e boni. Se no gli si rovina il feed. I quattro ragazzi romani sul tetto del nostro globo terracqueo dopo la vittoria all’Eurovision, ora che risultano mondialmente più ascoltati dei Beatles, non si sono degnati di postare nemmeno mezza caption refusata, un minimo accenno di godimento per l’incredibile risultato calcistico mentre la sera della finale c’è stata gente che s’è presa una Smart a nolo solo per poter suonare il clacson e sventolare il tricolore dal finestrino. Esagerati? Assolutamente sì. Ma, che il calcio interessi o meno, la gioia collettiva che è esplosa ai rigori è stata una molotov di entusiasmo che è durata una notte intera (di più, se contiamo i postumi dell’indomani), la festa che ci meritavamo e che ci porta a sibillinare, sommessamente, che forse forse in quel momento non ce ne fregava una glam cippa lessa di quanto fossero boni i Måneskin. Però, col senno di poi e a gradazione alcolica scemata, ci siamo accorti di quanto, invece, siano rimasti zitti. Come mai? Troppo internazionali per badare a queste cosucce provinciali tipo la Coppa di Campioni d’Europa?

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Damiano

Eppure, l’approccio internazionale, quello delle star che al posto del sangue hanno direttamente il platino dei milioni di dischi venduti a scorrergli nelle vene, è stato ben diverso. Qualche nome: quella provincialotta di Adele, per esempio, che posta su Instagram solo quando l’ufficio stampa le punta una rivoltella alla tempia destra, si è prodigata in un video-reaction al goal inglese (quando ancora potevano gridare “It’s coming home!”, che tenerezza) e in una foto che la ritrae il giorno dopo, felice e baciata dal sole con la maglia britannica e un ringraziamento speciale alla sua Nazionale che, a prescindere dal risultato, “ha riunito un Paese”. Per non parlare di Sir Elton John, quell’altro parvenu, che ha regalato ai social uno scatto in cui guarda la finale insieme ai figli indossando un meraviglioso pigiamino tutto tempestato di Doraemon. Immagini che Damiano, Victoria, Ethan e Tomas non si abbasserebbero mai a farsi scattare. Hanno troppe foto sexy da postare. So f*cking electric.

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Ethan

E “so f*cking electric” è stato anche il modo in cui hanno detto addio alla vecchia manager all’indomani della vittoria all’Eurovision. Serviva un profilo più internazionale per poter gestire quello che sarebbe stato il successo mondiale della band, come se l’agente precedente non andasse oltre alla Fiera della Brugola, considerato che, quando ancora cantavano la scocciatura di avere Vent’anni (e Spotify se li filava quanto basta per essere di qualche centimetro sopra l’anonimato spinto) li aveva portati da Fazio a Che Tempo Che Fa. Certo, non era mica Letterman. Intanto Simon Cowell, papà di X Factor, si diceva fosse interessato alla gestione della band romana ma, alla fine, non si sarebbe trovata la quadra per l’accordo. Måneskin “Chosen”, sì, ma fino a un certo punto.

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Thomas

La cosa che più infastidisce è questa spocchia da artisti internazionali navigati quando artisti internazionali questi quattro lo sono, sì, ma da cinque minuti. I loro profili grondano una cura per l’immagine (come stylist hanno Nick Cerioni, lo stesso di Achille Lauro) che sembra aver fagocitato qualunque tipo di emozione che dei ventenni piombati ai vertici delle classifiche internazionali, dovrebbero pur provare. Siamo giovani, sexy, di successo, boni come il pane, sembrano gridare ossessivamente i loro account. E concordiamo, vivacemente. Però, tra uno shooting super cool e l’altro, ve la magnate ancora una cacio e pepe? No, perché mentre l’Italia incolonnava pacchi di pasta come fossero ceri votivi (esistono meravigliosi meme con questa immagine) tifando per la vostra vittoria all’Eurovision, risulta impossibile, ad oggi, provare a visualizzare Damiano e soci davanti a una pizza senza che si prodighino in pose á la Zoolander denoartri. Thank you for being so not italian.

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Victoria

Puntare sull’immagine è un rischio (citofonare alla desaparecida attività musicale di Achille Lauro che prima di incontrare Orietta Berti – Orietta Berti! – stava accumulando dischi di cartone e contratti con Amazon per fare altro) che, senza contenuti altrettanto validi, alla lunga rischia di far esplodere fiorenti carriere nel tempo di una stroboscopica bolla di sapone. Prima di pensare a come non rovinarvi il feed, cercate di non diventare cartelloni pubblicitari d’alta moda coi piedi. Sarebbe davvero uno spreco. Come perdersi il trionfo dell’Italia agli Europei perché troppo impegnati a farsi fotografare l’ombelico tutti ammantati in sexy intimo latex. Facciamo così: noleggiatevi una Smart (magari due, per praticità), suonate quei benedetti clacson, pigliatevi questa gioia e noi nel frattempo andiamo ad arrestare chiunque abbia tagliato i capelli a Damiano in pieno stile tabbozzo delle giostre di Cinisello Balsamo anno 1998. Per la cacio e pepe, poi, quando volete (no #adv). Daje.

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