Provate a pensare a una canzone di Jimi Hendrix nella quale non sia prevista la presenza della sua chitarra. Come? Non sapete chi è Jimi Hendrix? Ecco, se per caso non sapete chi sia Jimi Hendrix e siete incappati in questo mio pezzo, che dire?, lasciate momentaneamente da parte la lettura del medesimo, spogliatevi completamente nudi, copritevi di pece e piume e sfilate per le strade della vostra città come espiazione, un po’ come se ve lo avesse suggerito lo psicomago Jodorowsky, poi andate a ascoltarvi la sua discografia e solo dopo, attenzione, solo dopo, tornate qui e riprendete la lettura, esattamente da qui (e per bontà d’animo non vi chiederò se sapete chi è Jodorowksy). Quello che avete appena letto, questa cosa che potremmo chiamare intro, non fosse in realtà solo la intro della intro, è parte integrante della mia cifra. Esibisce, cioè, alcune caratteristiche comuni ai miei pezzi. Qui si parla di FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, e volendo si potrebbe anche parlare della conferenza stampa di lancio di FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, cui ho preso parte, ma in realtà in questa intro, almeno finora, ho parlato di Jimi Hendrix, ho messo in campo dell’ironia e anche del sarcasmo, col riferimento al coprirsi di pece e piume, ho tirato in ballo apparentemente a sproposito Alejandro Jodorowsky, alzando il tiro del sarcasmo, ho giocato con le relative, tante relative, spostando costantemente a lato il discorso, parlando in prima persona direttamente con voi, sfondando quindi la quarta parete e prendendomi anche qualche libertà che genericamente verrebbe considerata di troppo. Ho in sostanza fatto me stesso, o quantomeno quel me stesso che chi è avvezzo a leggermi, o ha avuto la ventura o sventura di leggermi, questo mio giocare adesso la carta della modestia col riferimento alla sventura di leggermi è una posa, è chiaro, e a breve rovescerò la questione, ho in sostanza fatto me stesso o quantomeno quel me stesso che chi è avvezzo a leggermi o ha avuto la ventura o sventura di leggermi almeno qualche volta crede sia io, ma qui lungi da me la faccenda di tirare fuori il tema della finzione nella comunicazione. Ho esibito la mia cifra. E l’ho fatto parlando di FreeLove dei Negramaro, attenzione, anche se non l’ho forse fatto fino in fondo. Quindi potrei alzare il tiro, con un’impennata degna dei piloti di aereo in partenza da Punta Raisi, su in verticale nel giro di poche decine di metri, parlando di come, arrivato al Cactus, locale preposto a ospitare la presentazione alla stampa di FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, chissà poi perché ci si ostina a chiamare stampa un settore che è quasi tutto sviluppato sul web, i giornali stampati non se li fila quasi più nessuno, e nello specifico settore dello spettacolo proprio nessuno, chi mai si comprerebbe un giornale in edicola per correre a leggere le minchiate scritte da qualche giornalista musicale?, del resto la stampa musicale si occupa di un settore che si chiama discografia, del tutto sviluppato sul web, le piattaforme di streaming a occupare militarmente percentuali bulgare del mercato, ecco spiegato l’arcano, e qui torniamo a Jodorowsky. Sto esagerando, lo so, ma portate ancora un po’ pazienza e tutto vi sarà chiaro. Dicevo, potrei alzare il tiro, Punta Raisi e tutto il resto, e cominciare a parlare di come, arrivato al Cactus, locale preposto a ospitare la presentazione alla stampa di FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, dopo aver salutato qualche vecchia conoscenza, ho visto sfilare dal basso, la presentazione sarebbe in effetti avvenuta nell’interrato, i titolari del brand “The Pool Guys”, evidentemente si era saggiamente provveduto a dividere carta stampata e web, con uno dei Trettré del giornalismo musicale, Paolo Giordano de Il Giornale, che, una volta salutatici, si è sentito in dovere di farmi una battutina piccata sul mio continuo citarlo nei miei pezzi, spesso parlando appunto dei "Pool Guys", la storia è nota, a volte degli Amici a quattro zampe, altre, ancora, della mia ferrea volontà di non essere mai entrato nel novero dei giornalisti, né come pubblicista né come professionista, pur operando nel settore ormai da quasi trent’anni, proprio per non far parte del medesimo club di cui fanno parte loro, una sorta di rovesciamento della nota battuta di Groucho Marx, battutina piccata cui ho risposto… anzi, no, ve la ripropongo sotto forma di dialogo, pur non amando io i virgolettati, e prendete i virgolettati con molte pinze, non pretendono alcuna precisa fedeltà alle parole che ci siamo detti, puntando a renderne piuttosto il senso.
Lui: “Ciao”
Io: “Ciao”
In realtà non saprei dire chi lo ha fatto per primo, generalmente non ci salutiamo, ma stiamo invecchiando e invecchiando ci si immalinconisce, mettete anche questo concetto lì, sul tavolo.
Suoi passi in avanti, verso il buffet. Anche questo è un mio vezzo, parlare degli altri come di professionisti del buffet, ma stavolta non era per dire questo, stavo facendo narrazione. Lui torna indietro di un paio di passi, mi affronta. Lui: “Grazie per citarmi con così tanta frequenza”. Io: “Prego, dovere”. Lui: “Prima o poi dovrai pagarmi per avermi citato così tante volte, rendermi qualcosa”. Io: “Ti sto pagando in visibilità”. Risate degli astanti, fine della scenetta. In realtà non mi veniva la parola visibilità, me l’ha suggerita un collega, ma alla fine ho chiuso la battuta. Per dirla con Musk, che immagino faccia parte del suo pantheon, o di quello che per mestiere è diventato il suo pantheon: set, game, match. Nei fatti, lo dico perché credo, dopo quasi mille parole, che sia arrivato il momento di togliere il velo e parlare direttamente di FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, seppur io lo abbia già fatto dall’inizio, quando ho citato Jimi Hendrix e l’ipotesi di una sua canzone senza chitarra, e quindi di cifra stilistica, lui, Paolo Giordano, non ha subito mollato, e ha parlato di stile. Ha detto qualcosa che suona come “non è nel mio stile citare i colleghi”, anche se non ha usato la parola collega, non per rispettare la mia ferrea volontà di non essere chiamato collega da lui, quanto piuttosto perché credo non riesca proprio a considerarmi un suo collega, anche per questo mio vezzo di citare i sedicenti colleghi con ironia e sfottò. Avrei potuto chiedergli se invece rientra nel suo stile andare a Amici e ballicchiare sullo scranno di coloro che devono interfacciarsi con i concorrenti del talent, fingendo palesemente un interesse che, pur nella totale assenza di stima che nutro nei suoi confronti, credo di non dovergli riconoscere, perché lui viene, se non ricordo male, da Metal Shock, e per quanto uno possa invecchiare male, anche qui sto parlando di FreeLove dei Negramaro, attenzione, invecchiare si invecchia comunque, non può avere un crollo così verticale, è inconcepibile. Non l’ho fatto. Per due specifici motivi. Non mi è venuto sul momento, ero già stanco alle undici di mattina e sapevo che avrei avuto una giornata infernale fatta di tante, tantissime chiacchiere, e di interviste, e di riunioni, e di assemblee dei genitori a scuola, e perché continuo a ambire a vivere una vita in cui, Dio volendo, io non ho colleghi come lui, così come non c’è musica che non mi piaccia, come, che so?, quella di Laura Pausini. Allora, arriviamo al punto, punto che ho già sviscerato oltre lo sviscerabile, ora ho di fronte il bivio di spiegarvi pedissequamente perché ho scritto tutte le cose che ho scritto, facendo l’esegesi delle mie stesse parole, ho andare oltre lasciando che quel che scriverò, come farebbe un bravo giallista, vi renda chiaro tutto quel che avete letto fin qui, questo a meno che non siate tra quelli che ballicchiano ascoltando , o a meno che non siate come certi commentatori social che provano a fare i sagaci spiegandomi che quel che dico usando un numero assai alto di parole, e parlando apparentemente d’altro, lo si potrebbe dire anche usando molte meno parole e parlando solo dell’argomento indicato nel titolo, la cifra, lo stile, volendo anche la spavalda arroganza di ritenersi a ragione una firma con una certa anzianità. Opto per la seconda ipotesi, son vecchio e stanco, è mattina presto e fuori c’è una nebbiolina affascinante ma anche scivolosa, le ossa ne risentono, e soprattutto a breve dovrò mollare momentaneamente la scrittura per andare a fare la spesa, e so bene che quando tornerò, per quanto io sia dannatamente bravo a gestire la penna, virtuale, non riuscirò a riprendere esattamente questo medesimo ritmo, dovendo appunto giocare poi tutto sullo stile per rendere coeso questo pezzo, riconoscibile come mio e al tempo stesso coerente col tema affrontato: FreeLove, il nuovo album dei Negramaro. Perché quel che mi preme di dire è che nonostante i rischi che si sono anche inconsciamente e incoscientemente presi i Negramaro, andando a infarcire FreeLove, il loro nuovo album, di featuring, otto in tutto, JJ Julius Son of Kaleo, Aiello, Elisa, Malika Ayane, Fabri Fibra, Niccolò Fabi, Jovanotti e Tiziano Ferro, e nonostante per la prima volta sullo scranno dei produttori si siano seduti in tanti, oltre loro stessi, cioè i Negramaro, come quasi sempre in passato, si tratti di tutti o di alcuni di loro, nello specifico Andro, il solo Giuliano Sangiorgi a sovrintendere tutti i brani, autore dei medesimi e quindi, ce lo dirà in conferenza stampa, titolare di quei provini che poi diventeranno brani finiti con arrangiamenti e produzioni quasi identici ai provini stessi, i produttori esterni sono il molto di moda Davide Simonetta, SixPM e Taketo Gohara, nonostante quindi sulla carta FreeLove, il nuovo album dei Negramaro, sarebbe potuto essere qualcosa di non troppo dissimile a quel che oggi passa il convento, cioè un album pieno di featuring e di produttori alla moda, è invece un album totalmente dei Negramaro, Jimi Hendrix che fa una propria canzone giocandola tutta sulla sua chitarra. Nuovo, sì, ma anche antico. Ma non solo, lo è sorprendentemente tenendo insieme non solo le collaborazioni, Dio santo, l’idea che una delle tracce che più funzionano, che brutta parola, è Lente, con Aiello, o Solo se sbagli, con Tiziano Ferro, quasi non mi riconosco, ma anche un’idea di evoluzione, sono i Negramaro del 2024, e al tempo stesso di cifra e riconoscibilità, sono i Negramaro Negramaro, e lo sono nel 2024, con quello che negli anni hanno imparato a fare meglio, parlo appunto di suoni e anche di certe finezze compositive, senza cadere nel citazionismo né nel compiacimento.
I Negramaro, e Giuliano che dei Negramaro è non solo il frontman ma anche l’autore principale, sono uomini adulti, che veleggiano verso la mezza età, e dico questo solo perché nel mentre la mezza età si è spostata sempre più in là, come l’orizzonte, quindi ci parlano di argomenti adulti, e anche nel parlare di argomenti universali, il titolo FreeLove dice già molto, lo fanno con uno sguardo maturo, risolto, mai scontato. Non so, non ho le controprove, e comunque sarebbe operazione futile, se le canzoni si siano o meno arricchite con i featuring, alcuni lì in attesa di vedere la luce da tempo, Giuliano ha spiegato che Fino al giorno nuovo era in attesa da una decina d’anni, e che Congiunzioni astrali con Niccolò Fabi da un cinque o sei anni, come sia possibile tenere due mine così da parte è inspiegabile, ha anche parlato di una nottata alcolica a casa sua, con appunto il cantautore romano, dove a un certo punto è arrivato Bob Angelini, e, attenzione attenzione, Eugenio Finardi, lì a citofonare alle due di notte, ma dopo aver detto che avrebbe ripreso la cosa l’ha lasciata cadere, facendo quindi suo questo mio vizio di non chiudere le parentesi, o indicare qualcosa senza soffermarsi a spiegare perché. Potrei dire, lo faccio e lo faccio dicendolo, non come quando dico “avrei potuto iniziare questo pezzo così” e poi ce lo inizio, fingendo di non iniziarlo così, ecco, potrei dire che la mia canzone preferita della covata, a parte quelle già citate, e a parte quelle energiche come il nuovo singolo Marziani, quel che penso della sanremese Ricominciamo tutto è già noto anche ai sassi, qui sono sentimentale e mi rigioco la parola capolavoro, sapendo di strappare una lacrimuccia ai titolari, potrei dire che la mia canzone preferita della covata è Berlino Est, in solitaria, per motivi che afferiscono alla sfera del personale e dell’inspiegabile, come potrei dire, e lo dico, che erano anni e anni, non dirò dai tempi di Casa 69, o meglio lo dico fingendo di non dirlo, almeno stavolta, che i Negramaro non mettevano insieme un album così solido, intendendo con solido qualcosa che sai che non ha punti deboli, Dio mio come sono invecchiato male a parlare di debolezza come di un difetto, la costante trasformazione in sociale della sfera privata, quello che un tempo mi sembrava gigioneggiare, non parlo solo della voce, ma anche dei suoni, tutti distintamente riconoscibili e loro, divenuta appunto compiutamente cifra, al punto che lo stesso Andro si è lasciato sfuggire a un certo punto qualcosa che suona come “volevamo inizialmente far suonare i nostri album come quelli dei Muse, e forse oggi ci siamo riusciti”. Parlare di amore è rischioso forse quanto fare featuring e avere tanti produttori, ma è anche necessario, politico, in questo essere adulti aiuta a fugare la retorica, certo sentimentalismo è assai ben accetto, invece. La copertina, di cui al Cactus si è parlato a lungo, opera di Jago, un Narciso sospeso, che si specchia in se stesso senza toccare terra, vedendosi differente da come lo vediamo noi, è Narciso, appunto, quintessenza di questi nostri anni narcisistici, mette sul tavolo il discorso che facevo prima, quello riguardo l’essere se stessi ma l’essere se stessi rinnovati, quindi mantenere la propria cifra ma senza aver sopra uno strato di polvere, intitolare oggi un album FreeLove in Italia è gesto radicale, necessario quanto respirare, ma anche fotografia di un bollettino sanitario non eccezionale, parlo di noi oggi nel 2024, seguitemi, perché inneggiare a questo amore libero, non evocando certo sesso e droghe come nel flower power, ma la naturalezza dell’amarsi sempre e comunque dovrebbe essere dato acquisito e su cui non tornare più, non fossimo noi in Italia oggi, appunto. FreeLove, quindi, nuovo album dei Negramaro, è una sorta di summa di ispirazioni che vengono dal passato con nuovi input, il tutto nella volontà di continuare a esserci e a essere, nel senso di riconoscersi nel genere umano, nonostante tutto, gli sbagli evocati dal brano sanremese come da quello con Ferro, il crescere, l’abbruttirsi per quel che ci circonda o il non farsi abbruttire da quel che ci circonda. Alla fine non sono poi andato a fare la spesa, e la nebbiolina si è un po’ alzata, per dirla con un Berlusconi d’annata l’amore ha vinto sull’odio e io ho scritto un ennesimo pezzo che per parlare di Roma è tutto appoggiato sul descrivere una toma. Ho camminato sul filo, sospeso per aria, e una volta arrivato all’altro capo mi viene quasi da chiedermi se era esattamente questa la direzione giusta, ma me lo chiedo ogni volta che mi ritrovo a dover cercare una maniera efficace per parlare di qualcosa che chi mi legge già sa, la musica oggi è ascoltabile in tempo reale, appena esce, non c’è certo bisogno di un vecchio critico musicale per descriverla, la critica musicale è un lavoro obsoleto, come gli spazzacamini, il fatto che la si continui a fare anche con certo compiacimento è una forma di sopravvivenza esistenziale, più che professionale, c’è chi preferisce declinarla andando a Amici a ballare mentre canta Luk3, così mi ha detto si chiama mia figlia il ragazzino su cui si muoveva a tempo Giordano, chi invece gigioneggia indossando occhiali rosa e una folta capigliatura ormai incanutita. Questa cosa del crescere, invecchiare, e quindi vivere è presente tra le righe, a volte anche sulle righe, delle canzoni dei Negramaro, e dovremmo tutti essere felici che ci siano artisti che prendono di petto la vita, non fingendosi altro o altrove. Stando certo sul pezzo, ma senza nascondere il passare del tempo. Perché in fondo è vero per molti di noi quel che dice Berry Morse, interprete di Mario Sagonà nel film Al lupo al lupo di un quantomai ispirato Carlo Verdone, lui artista anziano e padre dei tre protagonisti, lo stesso Verdone in compagnia di Francesca Neri e Sergio Rubini, è vero quel che dice quando, dopo averlo cercato per tutti il film, lui improvvisamente scomparso, lo ritrovano nella vecchia casa di famiglia, quella dove passavano le vacanze assieme quando ancora erano piccoli. “Fino a qualche anno fa ero convinto di essere eterno, e che per me si sarebbe fatta un’eccezione. Invece no. Pazienza”. Ricominciamo tutto?