Netflix, Prime Video e via dicendo. Con le piattaforme streaming facciamo tutti così: un’ora la passiamo a cercare cosa vedere e poi, se nel frattempo la voglia non ci è passata, iniziamo a guardare. La nostra scelta è dettata sicuramente dall’inclinazione del momento: se siamo tristi, se abbiamo trascorso una buona giornata, se è notte o giorno, se siamo soli o in compagnia. Sono molti i fattori che possono influire sul click quotidiano ma io, quella sera, volevo qualcosa di leggero perché avevo voglia di niente. Anzi, di leggerissimo. Trasparente direi: come un fondale marino.
D’improvviso, tra le top 10 consigliate dal servizio di abbonamento video più made in USA che esista dove metà delle proposte di lingua italiana hanno solo i sottotitoli, vedo lui: “Il mio amico in fondo al mare”. Ebbene, dalla voglia di niente mi son trovata “tutto”. La testa risuona della sigla di Super Quark e già mi rilasso: l’amico, andando nel dettaglio, è un polpo. Un polpo che si affeziona a un sub amatoriale che poi è un documentarista in piena crisi esistenziale che decide di rimanersene a casa sua per un po' e tuffarsi in mare ogni giorno alla ricerca di spunti di riflessione. Va bene, il fatto che la sua dimora si affacci sulla meravigliosa foresta marina di Kelp in Sudafrica gli avrà senza dubbio facilitato le cose, ma suvvia: non stiamo qui a questionare sull’ingiusta qualità della nostra vita ma immergiamoci piuttosto tra alghe e coralli fino a scovare, assieme a lui, l’esistenza di un polpo.
Una femmina, per l’esattezza, che dal primo momento si dimostra incline e per niente spaventata dalla presenza del nostro documentarista. Ebbene, Craig Foster viene immediatamente catturato dal fascino dell’animale: ogni giorno si reca alla sua tana e, con sommo rispetto, lo osserva fino a venire completamente risucchiato dalla sua vita negli abissi. Dopo non molto tempo, la piovra arriva non solo a farsi avvicinare ma addirittura ad accoccolarsi sul suo petto e godersi carezze; spostandosi tra le acque, viene filmata in ogni sua fase da un Craig con un fiato da leone (non usa bombole d’aria), dalla ricerca di cibo ad un attacco di squali fino ad accoppiamento, gestazione e… no spoiler. Con fiducia, il documentarista sub si limita ad osservare il polpo resistendo alla tentazione di aiutarlo quando questo si trova in difficoltà: non vuole irrompere nel naturale decorso della natura, ma non riesce a fare a mano di essere lì, giorno per giorno per un anno circa, a prender parte a quel mondo incantato. Le riprese sono spettacolari. L’intercedere della trama di un’ora e mezzo riesce sorprendentemente a non annoiare mai e questo certo è supportato dalle varie specie marine che si riescono a scorgere. Eccezione fatta per alcuni risvolti un po' forzatamente stucchevoli alla fine, il film è davvero ben fatto e molto, molto bello. Quando ho premuto play, pensavo che lo avrei tolto dopo pochi minuti: se abituati a drammi e thriller, certo pensare di essere incantati da qualcosa di simile non è semplice. Eppure, Il mio amico in fondo al mare riesce a fare qualcosa di davvero incredibile: fermarci.
Le emozioni si placano, l’ansia della serie tv che procede a forza di colpi di proiettile non esiste: saranno i colori, i temi affrontati (cioè apparentemente quasi nessuno) o l’intercedere lento ma tutto scorre così, ovattato e senza aspettative, come un viaggio dentro noi stessi. Con gli abissi, rimane il tempo di riflettere: senza una trama difficile che fa saltare dalla sedia c’è modo di pensare anche durante lo scorrere delle scene. Ridere, piangere, emozionarsi. Da quanto tempo non facciamo qualcosa per noi? Da quanto non ci dedichiamo a ciò che ci piace, anche se giudicato una “perdita di tempo”? Quando è stata l’ultima volta che ci siamo sentiti in piena connessione con ciò che ci circonda? No, non è un viaggio hippie ma la realtà così come dovrebbe essere senza ansiolitici. Grazie a questa esperienza, Craig riscopre l’amore per il suo lavoro ed il rapporto con il figlio: noi cosa potremo scoprire? Tra il polpo e il sub nasce una relazione di empatia, osservanza e consapevolezza altrui. Dispiace che alla fine la piovra abbia guadagnato ben poco: magari di quel bizzarro rapporto ne avrà goduto durante. Comunque sia, finito il film ci si sente un po' straniti: della serie, dove sono, che ore sono e perché? My octopus Teacher, questo il titolo inglese, ci insegna a pensare e non pensare allo stesso tempo: un tasto stop in una vita fin troppo piena di play.