Il “grande cinema” sta finendo le idee? Forse sì, a giudicare dalle produzioni cinematografiche su cui, negli ultimi anni, si è comodamente fermato. Sempre più sequel, sempre più riadattamenti presi in prestito da opere nostalgiche, quelle che ci ricordano quando eravamo piccoli. Torna Quel pazzo venerdì, e pure Harry Potter. E poi tanti, tantissimi film che si basano su storie o personaggi che conosciamo molto bene – ma che un tempo non erano film. Erano action figure, come le Tartarughe Ninja, o le Barbie che ci divertivamo a truccare. Erano Playmobil. O Minecraft, quel videogioco che dieci anni fa avevano tutti, e che ora, dal 2025, sarà forse ricordato solo per un film (riuscito piuttosto male) con Jason Momoa. E ora ancheThunderbolts*, trentaseiesimo capitolo della saga Marvel (che promette bene) con protagonisti Florence Pugh e Lewis Pullman. Ma la vera domanda è: perché continuare a “modificare” l’immaginabile? Perché dare una figura e una forma definitiva a quei personaggi che ci inventavamo da bambini, mentre si giocava con i compagni di scuola, con le figurine prese in edicola, con le vignette nei fumetti ammassati in soffitte polverose? Forse per il cinema, in cerca di idee, tutto questo è semplicemente rassicurante. Ma per i ragazzi di oggi, e di domani? Intanto, quelli di ieri si sentono feriti...

Tutte quelle volte in cui abbiamo giocato al “facciamo finta che”. “Io sia la mamma, tu il babbo, noi le principesse”. Fare finta, da piccoli, che la vita da grandi sarebbe stata solo in un modo: quello che volevamo. L’immaginazione di quando la nostra mente era aperta, libera come terra vastissima da dissetare minuto per minuto con letture, giochi, immagini. Certo, anche i cartoni animati che ci hanno segnato – da Biancaneve a Cenerentola – nascevano da parole scritte su carta tanti anni prima e poi cambiate. Ma forse lì la logica era diversa. Le favole dei fratelli Grimm non erano molto conosciute, e in fondo meritavano una loro versione un po’ più edulcorata da portare sul grande schermo per le famiglie. Biancaneve uscì nel 1937, Pinocchio pochi anni dopo. Oggi invece la differenza sta nel fatto che non si riesca a raccontare storie nuove. A far appassionare i più piccoli a nuove avventure. Pochissime le eccezioni. Tipo Frozen o Inside Out. E si preferisce, il più delle volte, provare a rivendere quelle vecchie, con una copertina patinata (tipo il nuovissimo Biancaneve) o a cavarne da miti e leggende della nostra infanzia. Forse il cinema, per sopravvivere, ha bisogno di certezze. Eppure, la fantasia dei bambini – quella vera – ha sempre preferito le possibilità.

