Docente, professore, consulente, blogger e opinionista tv. Giorgio Simonelli ha attraversato la tv in lungo e in largo, dall’avvento di Fininvest poi Mediaset fino alle piattaforme. In quest’intervista, ripercorre con noi di MOW gli anni televisivi berlusconiani con un’attenzione ai boomer, alla generazione Z e a quella Alpha, analizzando ciò che ne sarà della tv commerciale e del ricordo del Silvio Berlusconi imprenditore.
È facile intuire cosa lascerà Silvio Berlusconi negli adulti e nei boomer. Ma l’eredità nella generazione Zeta e Alpha?
Questo è un tema difficile. Per la generazione dei giovani, la tv di Berlusconi, cioè quella commerciale e in particolare Mediaset, non rientra nei ricordi o nella frequentazione abituale. Questo tipo di tv non verrà preso in considerazione dai giovani finchè saranno tali ma tra dieci anni faranno i conti col piccolo schermo. Bisogna vedere come poi la tv si proporrà a loro nel momento in cui ci si approcceranno. Non è una questione di generazione ma di maturità. L’accesso alla tv commerciale continuerà ma da una certa età in poi. Il grande tema è: questa generazione che vive poco la tv commerciale, tra cinque o dieci anni, che offerta troverà?
Quando nel 1978 si accesero le luci di Telemilano58 e poi nel 1981 di Canale5, cosa cambiò nella tv italiana?
Cambiò il plurale perché fino a quel momento la tv era un singolare. Da lì in poi, si parlò di “televisioni”. Esisteva solo la Rai, monolite e compatta. Cominciarono ad affacciarsi nelle piccole e grandi città altre emittenti, quindi più offerta e un modello diverso. Antenna3 rendeva protagonisti i telespettatori, cosa fin lì cosa mai accaduta.
L’acquisizione di Italia1 da Rusconi e Rete4 da Mondadori pochi anni dopo, da chi fu vista bene e da chi male?
C’era gran confusione. Non tanto l’acquisizione di Italia1 quanto quella di Rete4 suscitò molto clamore, nel senso che questa emittente era destinata ad una strada culturale e “del sapere”. L’acquisizione da parte di Silvio Berlusconi virò decisamente verso l’intrattenimento. Al tempo, non c’era l’idea che la tv fosse poi così importante, come poi si rivelò.
Negli anni ’80 fino alle metà dei ’90, Silvio Berlusconi non era solo un editore ma un factotum delle sue tv. È stato anche quello il successo prima di Fininvest e poi di Mediaset? Cioè, avere un capo sempre presente ha fatto bene all’azienda?
Sicuramente sì. Da una parte, un imprenditore che controlla tutto e vuol fare più possibile, dall’altra c’è però un gruppo che non coincide con il suo capo. Cioè, oltre all’entusiasmo, si respirava anche un’atmosfera diversa da quella che raccontano tutti perché Silvio Berlusconi si circondò pure di persone molto diverse da lui. Cinefili, creativi, persone che venivano anche da mondi politici molti diversi dai suoi. Si parla certamente di un clima euforico e stimolante, dove c’era tutto da costruire e inventare e nulla da distruggere.
Lasciando stare la politica, dal 1994 in poi è venuta meno l’impronta tv berlusconiana o continua ancora adesso?
È venuta meno. L’ultima tv berlusconiana, a parer mio, piaceva molto poco a Silvio. A lui piacevano i grandi show, gli eventi, i palcoscenici e poco i reality. A lui piaceva fare politica e non guardarla, invece le sue emittenti sono strapieni di talk. Di fronte ad una Rete4 piena di chiacchere politiche e una tv fatta da sconosciuti, secondo me si annoiava. Non c’è più il calcio “che conta” e i grandi eventi sportivi non sono più in esclusiva su Mediaset perché il calcio è finito in altre mani.
Come Silvio Berlusconi ha cambiato il modo di fare televisione degli ultimi 40 anni?
Due considerazioni: lo stravolgimento dei palinsesti e l’ampliamento dell’offerta oraria. La tv ai tempi della Rai aveva il pomeriggio, la sera e qualche mattina, Berlusconi ha pensato una televisione in onda 24 ore su 24. Poi, la fiction, che è stata ribaltata. Prima di Silvio, la fiction era nazionale, con il suo arrivo la maggior parte dei prodotti era straniera. Il successo di Canale5 si è fondato su Dallas. Prodotti stranieri più quelli autoprodotti hanno fatto il successo di Fininvest e poi di Mediaset. Poi ancora, il fatto della presenza delle persone comuni in tv, che non fu un’idea di Berlusconi quanto della dirigenza, che lui ha accettato e digerito di fronte agli ascolti.
Canale5, Italia1 e Rete4 nonostante siano molto cambiate e la concorrenza, riescono ancora ad attrarre il bambino come l’anziano, la casalinga come l’imprenditore?
Non è più il tempo in cui si formano grandi fenomeni di massa intorno agli eventi tv. Le varie fasce di età, oggi, non s’identificano più in un programma; non c’è un Non è la Rai per adolescenti, un Bim Bum Bam per i bambini o le telenovelas per gli anziani. Le tre reti Mediaset non identificano più un target preciso, hanno varie sfumature. Rete4 ha trovato un suo canale di sfogo ma non è legato ad una generazione ma piuttosto ad una funzione. Il pubblico di Mediaset è ormai adulto.
Al di là di figli e nipoti, tra vent’anni cosa ricorderemo di Silvio Berlusconi?
Più la televisione che la politica. In politica, ha avuto molti ammiratori ma che tantissimi detrattori. Da milanista, spero che tra vent’anni i giovani si ricordino le Coppe dei campioni!