Quando siamo in ferie abbiamo più tempo per rilassarci e approfondire degli argomenti che solitamente, immersi nel flusso di notizie, seguiamo frettolosamente e con un po’ di trascuratezza. Il Jova Beach Party è uno di questi: è giusto, è sbagliato, causa danni all’ambiente, no sensibilizza tante persone, chi se ne frega basta divertirsi? Tutto semplicistico e alla fine inutile per farsi una idea precisa di un evento complesso e che ha contrapposto fazioni con posizioni estreme. Così ho provato a informarmi meglio, ascoltando le parti in causa e cercando l’opinione di esperti esterni alla questione. Tra gli altri, un video che trovato su YouTube è particolarmente utile: si intitola “Il Jova Beach Party è ecologico?” del canale Entropy for life. Dettagliato, equidistante, pacato, restituisce tutti gli elementi per formarsi una opinione. Quello che dovrebbe fare il servizio pubblico e che puntualmente non fa, ma questo è un altro discorso.
Dopo averlo seguito, le domande che mi sono venute spontanee, però, sono altre: la politica in tutta la querelle dov’è? Come la pensa? Qual è la linea del governo? Chi è il ministro dell’ambiente e perché non si esprime su una questione che coinvolge mezzo milione di persone e tocca tra le più belle e fragili spiagge italiane? Ecco, invece di chiederci chi ha ragione tra Jovanotti e gli ambientalisti, sarebbe il caso di domandarsi dov’è finito l’arbitro, la politica, in questa partita. Come potete verificare facilmente voi stessi googlando (cercando su Google per i più boomer), la politica è assente, evaporata, non esiste, nonostante l’argomento sia di cruciale importanza visto il periodo che viviamo.
Per chi non lo sapesse, il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (e del mare, da sottolineare) è Roberto Cingolani. Il quale, dopo un mese di polemiche a tutti i livelli, sembra che non si sia accorto di nulla. Non potrà occuparsi di tutto da solo, qualcuno potrebbe far notare. È giusto, ma non esiste neppure una striminzita nota del ministero o di un sottosegretario sul tema Jova Beach Party. Insomma, come a dire: fate un po’ come ca**o vi pare! In questo vuoto della politica cosa accade? Quello che succede sempre tra due gruppi contrapposti: si litiga per non arrivare a nulla e intanto ognuno persegue il proprio interesse. E qui, in tema di interesse, subentra un’altra sfaccettatura della vicenda: il compromesso. Che è quello del WWF, associazione ambientalista tra le più famose del mondo e che dall’inizio si è schierata al fianco del Jova Beach Party. Com’è possibile?
Per spiegare l’arcano bisogna fare un passo indietro. Il Jova Beach Party è un grande evento che ha tra i suoi scopi (oltre alla musica) quello di essere il più ecosostenibile possibile (ma non lo è del tutto), di sensibilizzare il pubblico sul rispetto dell’ambiente e di raccogliere fondi per togliere la plastica nei mari.
Andiamo velocemente per punti. Evento ecosostenibile. Lo è in larga parte, ma non del tutto perché, per esempio, richiamando migliaia di persone in luoghi difficili da raggiungere le costringe a usare auto, moto o pullman, che ancora inquinano. Più fai spostare gente con mezzi a motore e più inquini. Non solo, se porti migliaia di persone a calpestare delle spiagge naturalistiche che ospitano una delicata biodiversità (tra animali e piante), di certo quella biodiversità la alteri o la distruggi, c’è poco da fare. Ci sarebbero poi altri aspetti deleteri, ma fermiamoci a questi (al massimo guardate il video di Entropy for life).
Altro scopo: sensibilizzare al rispetto dell’ambiente. Che al festival intervengano esperti di ogni tipo che a ogni ora del giorno e della notte parlano di come rispettare i diversi aspetti della natura è innegabile e anche utile. Il problema è che tutto ciò si svolge mentre si inquina (l’afflusso e il deflusso di pubblico con mezzi a motore) e si calpesta un luogo fragile che in teoria si vorrebbe “salvare”.
L’ultimo scopo è il più controverso, cioè la raccolta fondi, e qui esplode in tutta la sua ipocrisia il “patto con il diavolo” sottoscritto dal WWF. Il Jova Beach Party raccoglie fondi per progetti finalizzati a eliminare la plastica nei mari. E a chi dona questi soldi? Al WWF, naturalmente. Finora sembra siano stati raccolti 3milioni di euro. L’associazione ambientalista nell’ultimo bilancio 2021 aveva raccolto 19 milioni di euro. Nel 2022, in meno di un mese, ne ha già raccolti 3. Capite bene anche voi l’interesse che può aver generato il festival di Jovanotti per gli ambientalisti rappresentati dal simpatico panda. Da qui l’enorme incongruenza: per salvare l’ambiente (altrove) accettiamo che (almeno un po’) si distrugga l’ambiente toccato dal festival. E quindi, come ne usciamo? Forse provando tutti insieme a chiedere cosa ne pensa il Ministero dell’Ambiente che, per sua natura, non dovrebbe rappresentare solo gli interessi degli uni (Jovanotti e il WWF) o degli altri (le varie sigle ambientaliste sul piede di guerra), ma di tutti i cittadini. Anche quelli futuri, che un giorno si chiederanno: dov’era la politica mentre litigavano sul Jova Beach Party e ci lasciavano in eredità questo disastro?