Non è il miglior libro scritto su Giovanni Falcone. Ma è un buon libro scritto su Giovanni Falcone. Quello di Martelli, “Giovanni Falcone: vita e persecuzione” (La nave di Teseo, in uscita il 23 maggio nelle librerie), in sostanza, non aggiunge nulla di nuovo o particolarmente rilevante sulla vita e il senso delle gesta del magistrato siciliano. Sono 355 pagine in cui c’è molto della sua biografia, del valore delle sue opere e delle motivazioni che lo hanno portato a certe scelte, eppure, alla fine, non si sente di aver risolto il mistero di Fatima su uno dei più grandi personaggi della storia italiana. Un po’ inutile? Sì.
Probabilmente questo libro non voleva nemmeno esserlo. Anzi, c’è tutta un’altra realtà dietro, che è più quella di un tributo personale di Martelli a Falcone che non quella di voler pubblicare una serie di rivelazioni mai lette prima sul magistrato ucciso a Capaci nel 1992. Tra le pagine si leggono molte riflessioni che, appunto, in modo un po’ ripetitivo, calcano quel binario del doppio omicidio di Falcone. Da un lato c’è la mafia, che lo ha ucciso fisicamente, con le bombe e le persecuzioni di quegli anni. Dall’altra ci sono gli stessi magistrati di Palermo (e la politica) che non gli hanno fatto da scudo, che hanno ostracizzato la sua figura vedendola come una persona troppo ambiziosa e troppo esaltata. Anche in questo caso, gli aneddoti riportati, come per esempio quello della bomba inesplosa davanti la sua villa sulla spiaggia e che qualcuno sospettò fosse stato tutto organizzato da lui.
Martelli, attuale direttore di Avanti!, è da sempre definito uno dei suoi migliori amici e nelle ultime settimane di vita era stato a stretto contatto con Giovanni Falcone, sostenendolo e portandolo a Roma. Perché allora non ha raccontato dei lati di Falcone più intimi? Non ha giocato su punti che in questi anni non si erano ancora discussi? Certo è difficile trovare materiali nuovi e spunti di riflessioni più originali di quelli che sono emersi in questi quasi 30 anni di memoriali e commemorazioni in cui si è scritto di tutto. Persino i collegamenti con la situazione contemporanea sono ormai stati più che ricalcati.
Ma appunto, se c’è qualcosa che ancora non era stato fatto, era forse raccontare in modo storico e allo stesso tempo pop - leggi: che avvicini giovani - i personaggi della mafia degli anni Ottanta e, soprattutto, il percorso di Falcone e Borsellino. Quello che in altri termini ha fatto Mattanza, il podcast del Fatto quotidiano, che con la voce di Giuseppe Pipitone racconta le vicende che portarono alle stragi del 1992. La redazione che ha lavorato a quel prodotto ha portato al pubblico qualcosa di nuovo e nel modo giusto. Martelli, invece, ha ricamato sulla sua esperienza personale con Falcone senza però (azzarderei) venderla nel modo giusto. Solo riflessioni e recap di cose già sentite. Ecco perché, poi, le persone si appassionano ai podcast e tralasciano qualche libro. Sonoro-Scritto: 1-0.