Giuseppe Pipitone ha un forte accento siciliano, calza sulle consonanti e sembra particolarmente vorace di raccontare quando descrive certe situazioni. Questa è forse la prima cosa che risalta dalle prime parole di Mattanza, podcast di 8 episodi (al momento fuori solo 2) prodotto da Il fatto quotidiano e raccontato da Pipitone, caposervizio del quotidiano, e scritto con Marco Colombo. Negli episodi, di circa 45 minuti l’uno, si racconta quella storia sentita migliaia di volte sulle stragi di Cosa nostra in Sicilia, degli omicidi di Falcone e Borsellino, degli intrighi fra lo Stato e la mafia. Ma anche se si parla di stragi e morti e, appunto, di storie sentite più e più volte, la narrazione di questo mondo fatto di violenza e ricatto, mosse e contromosse - buoni e cattivi - è comunque fascinosa. Perché il crimine è terribile e drammatico, ma come ha insegnato il docu di Sky La mala, uscito di recente, anche romantico e avvincente.
Il podcast de Il fatto, che dopo quattro giorni dall’uscita della prima puntata è rientrato nella top 24 di Apple podcast e 14esimo su Spotify, si muove tra la Sicilia e Roma. E pur rimanendo per lo più tra Palermo e la sua provincia, ci sono anche i palazzi del potere, le missioni dei soldati semplici di Cosa nostra nelle strade della capitale e gli incontri, sparsi in varie parti d’Italia, fra mafiosi. E si parla, chiaramente, anche di quelli che sono stati il motore di quegli anni turbolenti, i personaggi, i cattivi che hanno ordinato stragi e stretto accordi con i politici. I Matteo Messina Denaro, i Totò Riina, i Tommaso Buscetta, i Pippo Calò, e ancora Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giulio Andreotti. Li raccontano e raccontano quegli anni Ottanta che portano alle stragi di Capaci e all’omicidio di Borsellino anche le penne de Il fatto quotidiano - ci sono Marco Travaglio, Peter Gomez, Antonio Padellaro. Preziosa e gustosa è la testimonianza anche di Giovanni Paparcuri, autista di Rocco Chinnici, magistrato di Palermo, unico sopravvissuto all’attentato che uccise il giurista davanti casa sua.
La creazione del pool antimafia nasce proprio da un’idea di Chinnici, che tra l’altro fu anche il “talent scout” che scoprì Giovanni Falcone. La Palermo e la Sicilia raccontate da Mattanza sono una gangster city in cui i criminali, a differenza della mala milanese, hanno obiettivi diversi. Non riescono a essere fascinosi come quelli della Madonnina, non hanno nomi mitici come i corrispettivi milanesi, ma sanno essere molto più spaventosi. Le teorie del complotto, la narrazione avvincente e appassionata di Pipitone, le testimonianze esclusive di chi ha vissuto le bombe in quegli anni, rendono l’experience di Mattanza intrigante e apre un vaso di curiosità su tutto quel mondo. Dopo aver ascoltato i primi due episodi sono andato su Youtube a guardare 50 minuti di documentario su Tommaso Buscetta, ho riletto molte prime pagine dei giornali di quel periodo, ho rivisto le foto di tutti i mafiosi citati.
Mattanza rappresenta il successo dell’heritage lasciato dalla natura crime dei migliori podcast della storia. Serial, podcast americano, è stato forse il primo podcast di gran successo ed era un true crime programme. In Italia, Veleno di Pablo Trincia e Polvere di Cecilia Sala e Chiara Lalli hanno testimoniato come il successo del giallo, del crime e in generale della cronaca nera siano vicende che, ambientate a Manhattan o nella pianura padana, vivranno sempre di una facilità di ascolto maggiore.
Non è un caso che negli Usa, dopo il podcast di Joe Rogan e The daily del New York Times, ci sia Crime Junkie (serie crime), e che in Italia, attualmente, secondo Italiapodcast, al primo posto dei più ascoltati ci sia Profondo nero, podcast noir di Carlo Lucarelli. Mattanza rientra perfettamente in questa wave storico-criminosa dei podcast lovers. E da appassionato, speriamo ne facciano altri.