Smettiamola di vivere di estremi: schifezza o capolavoro, cesso o meraviglioso, dimenticabile o favoloso. Siamo fatti di sfaccettature, di scale cromatiche, di frammenti, e ognuno di essi è un pezzo di un puzzle che ci completa, vive di vita propria anche quell'unico elemento che determina l’esistenza di qualcosa di più grande. La Pixar dall’alba dei tempi sprigiona emozioni e valori nei suoi film d’animazione. Wall-E, Up!, Coco, Inside Out, Toy Story, Monster & Co. La casa di produzione americana ha sempre cercato di lavorare per approfondire, scavare, trovare il modo per toccare ogni tipo di sensibilità riuscendo sempre a comunicare su diversi piani di comunicazione a seconda del target: freschezza e divertimento, con una morale finale per i più piccoli e profondità, emozioni, complessità psicologica per i più maturi. Questa volta, però, Pixar si rivolge quasi esclusivamente ai più grandi con un’opera schietta, complessa, profonda come Soul, uscito a Natale sulla piattaforma streaming Disney +.
Con Soul la Pixar raggiunge un’altezza, almeno nei temi, che forse non aveva mai trovato con nessun’altra pellicola. Soul rappresenta un tentativo di guardare oltre, di fare della filosofia la propria casa, cercando di rispondere a quelle domande che noi esseri umani ci facciamo da sempre. E se nei film della Disney la morte è sempre stata presente, in quelli della Pixar non si fa un così spesso riferimento diretto e crudele, che è quello che succede in Soul. Joe Garden, il protagonista, il primo protagonista di colore nella storia della casa di produzione di Micky Mouse, muore ancor prima che si possa conoscere la sua storia, il suo futuro, la sua vita, ancor prima dei titoli di testa. Il suo corpo, alto, corpulento, vivace, lascia spazio a qualcosa di ultraterreno, un fantasmino ovale che attende il suo turno per andare verso la luce infinita, verso l’Altro-Mondo. Ma Jo rifiuta questa fine, non vuole morire, non lo accetta come le altre anime in fila con lui su questa gigante scala mobile che chissà dove porta. Joe ha ancora qualcosa da fare, realizzare quello che pensava essere il suo scopo nella vita, suonare jazz nei locali di New York, abbandonando la vita da professore di musica delle media e percorrendo la strada che prima di lui suo padre aveva intrapreso.
Soul ci trascina verso una verità che spesso vogliamo confutare, che non vogliamo guardare con attenzione: l’uomo non è fatto per conseguire un obiettivo. Noi non siamo quell’obiettivo e nemmeno il suo raggiungimento. In una realtà che ci ha costretto a fermarci, oggi lo comprendiamo ancora di più, noi non siamo ciò che facciamo. E anche nelle più calorose e umili passioni, l’uomo non deve cadere nell’ossessione di raggiungerle, perché non siamo il finale, siamo il viaggio. La musica composta da Trent Reznor, Jon Batiste e Atticus Ross, che non a caso comincia ancor prima dell’inizio del film, è la congiunzione perfetta tra l’iconicità dei valori che lo studio vuole trasmetterci e il carattere timidamente convinto e ossessionato del protagonista che non vuole lasciare questo mondo prima di aver raggiunto quello che lui stesso si è imposto come obiettivo. Ma che cosa sono davvero gli obiettivi? Quali sono davvero le nostre passioni? E perché? Che cosa è davvero importante? Tutte domande a cui solo un’anima - numero 22 - che Joe incontra nell’Ante-Mondo, un’altra risposta che la Pixar prova a restituirci alla domanda cosa succede dopo la morte, potrà rivelare con la sua sfacciataggine e incoscienza che cosa, secondo Pete Docter e Kemp Powers (registi e sceneggiatori), è davvero importante.
Oltre la musica, sempre presente, sono i disegni a rendere ancora più schietta la pellicola dello studio. Da una parte abbiamo una New York vera, viva, che pulsa tra i clacson nel traffico congestionato della Grande Mela alle persone eccentriche e antipatiche che popolano metropolitane e negozi sulle 46esima, passando per il barbiere di fiducia che ti salva la serata della vita. Dall’altra parte però il disegno diventa semplice, a volte grezzo, altre volte passa, per alcuni personaggi, dalle tre dimensioni “umane” alle due dimensioni, quasi a comunicare un’essenza differente da quella a cui le nostre frequenze sono abituate.
Un film introspettivo, delicato e allo stesso tempo spietato, fatto di verità, di emozioni, di note musicali, opportunità e seconde chance, Soul è un lavoro profondo che prova a tendere tutte le corde della nostra sensibilità, lasciando a ognuno di noi libera interpretazioni su quali siano davvero le ragioni che muovono e che alimentano il fuoco che ognuno di noi ha dentro e che prova a darsi delle risposte laddove nessuno, ancora, aveva provato a farlo.