Appicci Prime Video ed è subito il 1995. No, non stiamo parlando di una nuova serie sci-fi che promette di riportarci ai tempi di Non è la Rai, ma dello special Libertà Live di Alessandro Siani, malauguratamente approdato sulla piattaforma di Bezos a fine luglio. Complice un caldissimo e sudato weekend estivo, abbiamo pigiato play sullo show. E ce ne siamo amaramente pentiti. Registrato al Teatro Arcimboldi di Milano, lo spettacolo dura poco più di un'ora ma a livello di percepito assume tutti i contorni del sequestro di persona. Eppure Siani è un comico di primo piano nel panorama dello spettacolo nostrano, Prime Video è una piattaforma sempre più spesso sinonimo di qualità. Cos'è andato storto, allora? Forse, azzardiamo, il semplice fatto che Napoli abbia rutt 'o cazz.
Nella sinossi, questo Libertà Live, è già didascalico al limite del criminoso: "Libertà di pensiero, libertà di stampa, libertà di espressione, ma anche la libertà che ci è stata negata in questi ultimi tempi di Covid". E come decide di impiegare tutta 'sta riconquistata libertà il nostro Siani? Improvvisando un monologo estenuante che passa in rassegna tutti i più vetusti stereotipi della sempre spassosissima (?) diatriba Napoli vs Milano (e viceversa). Come mai non aprono mai ristoranti di cucina meneghina alle pendici del Vesuvio? Perché non si può mica mangiare polenta a colazione, pranzo e cena. Poi la digestione si farebbe "un po'... lenta".
Dopo aver freddato così il pubblico pagante - che non a caso si è voluto portare i cappotti in sala evitando l'imprudenza di lasciarli al guardaroba -, Siani prosegue ridendo pressoché da solo alle proprie boutade. Attenzione, nella maggior parte dei casi non si tratta di vere e proprie "battute": semplicemente, il comico proferisce dati di fatto oggettivi pronunciandoli però con spiccato accento napoletano. Perché tutto fa ridere se detto con quell'inflessione lì che fa subito simpatia. O no, signora mia? Otteniamo così una puntuale descrizione del Bosco Verticale, dei milanesi che vanno in palestra dopo il lavoro e dei loro figli che già in prima elementare sognano di diventar avvocati. I bimbi del capoluogo campano, invece, a quindici anni stanno ancora in prima, sempre elementare, e da grandi sognano... di fare la seconda. Se questa uscita l'avesse fatta manco un milanese, ma pure un valdostano, sarebbe stata civil war. Con buona pace della pizza di Briatore. E quindi perché nessuno obietta mai nulla a Siani?
L'aria da bravo ragazzo, quasi fanciullino perennemente stupito dalla vita, forse lo aiuta. Per quanto sia così evidente che si tratti della mera rappresentazione di un personaggio che gli ha detto bene in carriera, sì, ma che ora risulta una mesta eco dei gloriosi tempi che furono. Come quei cantanti che imbroccano una hit e poi devono fare sempre quella stessa canzone live come su disco. Avendo cura di cambiare giusto il titolo. Tanto la gente i loro album se li compra lo stesso, sulla fiducia.
Il mesto tentativo di inserire temi più "larghi" all'interno dello show, si schianta con l'incapacità di trattarli in modo efficace. Per esempio, Siani si limita a leggere la classifica dei Paesi con maggiore e minore libertà di stampa nel mondo, classifica in cui l'Italia spunta al 58° posto. Segue una battuta? No. Però il nostro legge il dato con accento napoletano e passa a parlare di democrazia, di questi politici che pensano solo alla poltrona e mai al benessere degli italiani, del caro benzina perché una volta con 10 euro ti giravi città e provincia in lungo e in largo, mentre oggi non è più così. E quindi? E quindi niente, il pubblico è evidentemente chiamato a riflettere a casa su tali tostissime verità. Perché Siani le sciorina pure tutte, ma non ci scherza mai. L'espediente retorico della letteria a Babbo Natale piazzato a fine show dopo essere stato trafugato a La sai l'ultima? '93 epitaffia l'opera omnia di un pot-pourri gentista da incubo.
Chi ha ucciso la comicità di Napoli? Sicuramente il poro Siani ha dei complici. Le pluriennali edizioni di Made in Sud hanno livellato non verso la pancia, ma proprio sullo sfintere del Paese la proposta di una certa ironia posticcia fatta di slogan in lingua e claim caciaroni che non hanno oramai più nulla a che vedere con i nostri giorni. I tempi di "Chi è Tatiana?" sono ad anni luce da noi e questo lo sa perfino Gabriele Cirilli. Anacronistica, stanca e inefficace, la capacità di far satira è, ci scommettiamo, più facile da pervenire in un bar qualunque di Aversa rispetto a ciò che la tv propone come summa della napoletanità. Ed è un peccato.
È un peccato soprattutto perché la voce in capitolo, poi, se la pigliano i social e gli influencer da essi prodotti e resi celebrità. Un'affermazione qualunque di Chiara Nasti, la ragazza che beve solo Coca Cola al posto dell'acqua diventata poi la donna che s'affitta lo Stadio Olimpico per annunciare al mondo (?) il sesso del nascituro che porta in grembo, è molto più divertente, per quanto in modo involontario, di una battuta qualunque detta sul palco da un comedian napoletano medio di grande fama nazionale. Non vogliamo credere, però, che Napoli sia diventata solo una barzelletta. Ci piacerebbe vedere qualcuno che si ribelli a questo tipo di narrazione pedante e stereotipata. E che sia, magari, in grado di strappare una risata o due. C'è un comico in sala? Perché qua si ride poco e male, non ci si diverte... Non è una bella sofferenza.